Saluto e abbraccio nel Signore tutti voi che partecipate a questa celebrazione della XXI Giornata Mondiale del Malato, mentre facciamo memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes.
Questa Eucaristia vuole essere un momento forte di preghiera, di condivisione e di vicinanza nei riguardi dei nostri cari fratelli e sorelle ammalati che, nei luoghi di assistenza e di cura anche a casa, vivono un difficile momento di prova a causa dell’infermità e della sofferenza.
Con questo spirito, questa mattina mi sono recato a visitare gli ammalati degli ospedali del Policlinico della SUN e del Pascale, per mostrare loro il Santo volto di Cristo sofferente e dare un segno che la Chiesa, come Cristo, è vicina a chi è nel dolore.
“Va’ anche tu fa’ lo stesso” è il tema biblico di questa Giornata Mondiale, che richiama la figura emblematica del Buon Samaritano (cfr. Lc 10, 25-37).
Questa bellissima parabola evangelica è tratta, come spesso accade nelle parabole narrate da Gesù, dalla vita quotidiana. Come al tempo del Signore, così anche oggi ci capita di incontrare persone che vivono nel dolore, abbandonate e rifiutate dalla società. Il problema è: quale è l’atteggiamento che deve avere il discepolo di Gesù? La risposta è chiara: come io, il Buon Samaritano, ho fatto, così fate anche voi.
Cristo si è incarnato, è morto ed è risorto, per manifestare a tutti gli uomini e, soprattutto a quelli che hanno bisogno di aiuto, l’amore infinito di Dio il quale si inchina di fronte al malato, lo assiste e lo cura con rispetto e amore. Gesù non chiude gli occhi, non passa oltre quando incontra chi è ferito nel corpo o nell’anima, quando chiede aiuto, anche se si tratta di uno sconosciuto, di un povero, di un emigrato.
Ogni malato, in quanto persona, ha una dignità inviolabile che gli viene dall’essere figlio di Dio e che tutti hanno il dovere di rispettare e curare. È la sacralità della persona ammalata che va protetta non solo da parte degli operatori pastorali e sanitari, ma anche dello stesso ammalato, che è chiamato a vivere la propria condizione in una prospettiva di fede: “Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore” (Enc. Spe salvi, 37).
Questo insegnamento costituisce per tutti un compito difficile perché spesso la natura umana si rifiuta di accettare il dolore; ma è possibile realizzarlo, con la Grazia di Dio come lo dimostra la vita di tanti Santi e trasformare il dolore e la malattia in offerta salvifica.
È Gesù, il Figlio di Dio Incarnato, l’esempio da seguire. Egli ha reso presente l’amore del Padre, amore fedele, eterno, senza barriere né confini, accostandosi, come Buon samaritano, al dolore dell’uomo, di ogni uomo, chinandosi, pieno di misericordia, sull’abisso della sofferenza umana per versare l’olio della consolazione e il vino della speranza.
“Va’ e anche tu fa’ lo stesso”. Come Cristo, anche noi, suoi discepoli, dobbiamo fermarci accanto a tutte le croci dell’uomo di oggi (cfr. Salvifici Doloris, 31).
Non possiamo non ascoltare il grido di dolore, spesso silenzioso, che proviene da tante famiglie che hanno in casa parenti ammalati, ma anche dai letti degli ospedali dove bambini, giovani, adulti, anziani ci chiedono un gesto di amore, una carezza, una parola di solidarietà, un accompagnamento fraterno e cordiale.
Tanti santi anche del nostro tempo, come il Beato Giovanni Paolo II, hanno predicato con la vita il Vangelo della sofferenza.
La beata Teresa di Calcutta usciva per le strade con la corona del rosario in mano ad incontrare e servire il Signore presente nei sofferenti, specialmente in coloro che sono
“non voluti, non amati, non curati”.
Dopo Cristo, è la figura della Beata Vergine Maria il nostro modello e la nostra guida.
Ella ha seguito il suo Figlio sofferente fino al supremo sacrificio sul Golgota e, pur soffrendo Ella stessa in maniera indicibile, non ha mai perso la speranza nella vittoria di Dio sul male, sul dolore e sulla morte.
Maria Santissima sa accogliere con lo stesso abbraccio di fede e di amore, come ha fatto per il Suo Figlio morto sulla croce, anche chi si trova nella sofferenza donando speranza e rinnovando la certezza della vicinanza e della consolazione del Signore.
Da buoni samaritani, affidiamo a Lei tutti i nostri fratelli e sorelle provati dalla malattia e dalla sofferenza sicuri che non farà mancare a nessuno la sua materna protezione.
Dio vi benedica e ‘a Maronna v’accumpagna!
* Arcivescovo Metropolita di Napoli