Agrippino

Profilo biografico

L’autore delle prime due parti del libello Gesta episcopo rum Neapolitanorum (B. Capasso, Monumenta ad Neapoliani ducatus historiam pertinentia, I, Napoli 1881, pp. 158-59; cf. p. 148; G. Waitz, in MGH, Scriptores verum longobardica rum et italicarum p. 398), che scriveva verso la metà del sec. IX,mette Agrippino al sesto posto nel catalogo dei vescovi  della città. Vi si legge: <<VI. Agrippinus episcopus, Amator patriae, defensor civitatis, qui cotidie pro nobis suis famulis exorare non cessat, hic signis multis et miraculis coruscat. Plurima auxit Domino turba credentium et gremio sancte matris ecclesiae collocavit… Denique in ecclesia Stephania translatus merito cum honore quiescit>>. Nel Catalogo Bianchiniano (detto così da Francesco Bianchini [+ 1729], suo editore), che è un breve compendio dei Gesta (B. Capasso, cit., p. 273), si trovano indicazioni cronologiche abbastanza precise, ma si tratta di aggiunte a lui dovute senza alcuna base storica: Agrippino sarebbe stato vescovo dal 218 al 225, al tempo dei papi Urbano e Ponziano e degli imperatori Elagabalo e Alessandro Severo. Il Delehaye, nel commento al Martirologio Romano (p. 507), presa acutamente in esame la questione, conclude che <<Agrippinus procul dubio primis Neapolitanae ecclesiae episcopis annumerandus est: quibus annis sederit ignoramus>>.

Fu sepolto a circa mezzo miglio a occidente della città, accanto a S. Gennaro, in un cimitero oggi chiamato Catacombe, dove sorse un oratorio, cui si accedeva dalla chiesa di S. Gennaro, ornata di pitture e con l’iscrizione: Scs Agrippinus. In seguito nel luogo delle due chiese sorse un monastero menzionato nel sec. IX col solo titolo di S. Gennaro, nel sec. X col titolo dei SS. Gennaro e Agrippino. Un’altra chiesa dedicata a S. Agrippino fu innalzata dentro la città di Napoli e una terza a Sorrento.

Il suo corpo, sempre secondo i Gesta citati, per altro confermati da altre fonti, sarebbe stato traslato sotto il vescovo Giovanni IV (842-49) nella cattedrale di allora, detta <<Stefania>> dal vescovo Stefano (499-501), che la eresse; sembra poi che fosse trasportato più tardi nella cattedrale successiva assieme ai corpi dei SS. Eustachio ed Acuto. Nel 1744 il card. Spinelli trovò le reliquie dei due santi più un vaso con la scritta: <<Reliquiae incertae, quae putantur esse corpus divi Agrippini>>.

Attualmente Agrippino è compatrono della chiesa napoletana assieme a S. Gennaro, e la sua festa si celebra il 9 novembre. Tale data è ricordata nel Martirologio Romano come pure nel famoso Calendario marmoreo di Napoli.

La fama di Agrippino nell’antichità è dovuta ai numerosi miracoli che gli vengono attribuiti (BHL, I, pp. 29-30, nn. 174-177). Dodici se ne contano in un opuscolo Miracula sancti Agrippini, compilato almeno in parte nel sec. IX; si parla di Pietro suddiacono come autore della terza parte, contemporaneo degli avvenimenti che narra. La prima parte, di autore incerto, è anteriore al sec. IX, mentre non è ben chiara la natura della seconda parte. Tutto l’opuscolo è in forma di omelia e pare che la prima parte venisse recitata nella festa del santo; la parte dovuta a Pietro, il suddiacono, è inframmezzata da esametri sì da dare l’idea di una esercitazione retorica. Da notare che in questi miracoli il santo agisce quasi sempre assieme a S. Gennaro oppure è  questi che gli manda il devoto. Dei miracoli fa una bella disamina il Mallardo in Anal. Boll., LXVII (1949), pp. 470-74 e passim.

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