Articolo del Cardinale Sepe sull’Osservatore Romano

08 Ottobre 2008


Card. Crescenzio Sepe
Arcivescovo di Napoli

Non si può mettere piede in Russia senza provare l’emozione di trovarsi nella terra del martirio e della speranza.
Martirio e speranza sono state le due dimensioni- chiavi della visita che ho compiuto, per tre giorni nella capitale, su invito del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie , Aleksij II.
Più che un viaggio è stato un pellegrinaggio del cuore; un cammino segnato dagli innumerevoli legami che riportano sulle tracce di una spiritualità che si è fatta matrice di culture solo geograficamente lontane, ma affini- invece – per l’intensità con cui riescono a esplorare l’anima di ogni uomo. E’ per questo che il respiro dell’universalità viene spontaneo, come un orizzonte che amplia sempre più lo sguardo, ma che, allo stesso tempo, offre la possibilità di vedere più a fondo, fino a portare in superficie punti di contatti prima mai considerati. In Russia più che trovarmi a casa, ho potuto provare la sensazione di aver potuto conoscere un po’ meglio anche la mia stessa terra e la mia stessa chiesa.
La cordialità dell’accoglienza ha avuto certo la sua parte, ma non basta a spiegare, da sola, una sintonia che ha avuto, innanzitutto una sua prima chiave di accesso: la lettera che il Santo Padre ha voluto affidarmi per Alessio II. Nel momento in cui Papa Benedetto l’ha consegnata nella mie mani, sapevo di non andare a Mosca a mani vuote.
Se il messaggio del Papa ha spianato la strada, un’altra mi si è spalancata subito davanti per entrare nel cuore di quella grande chiesa: il pellegrinaggio al santuario dei nuovi martiri della Chiesa ortodossa.
Il poligono di Butovo – prima tappa della mia visita – si trova in un bosco di betulle all’estrema periferia di Mosca. E’ un luogo che dovrebbe essere sempre più conosciuto dal mondo cristiano. È qui infatti che nel 1937-38, durante il grande terrore voluto da Stalin, si consumarono le esecuzioni delle vittime provenienti dalla città e dalla regione di Mosca. Più di ventimila persone sono state fucilate e sepolte in fosse comuni. Tra di essi furono un migliaio i vescovi, i preti, i monaci e le monache, e anche i laici ortodossi uccisi per la loro fede. Di questi la Chiesa ortodossa russa ha canonizzato 335 persone. Nella chiesa costruita accanto al poligono sono state collocate le loro icone, cinquantuno icone, tante quanti sono stati i giorni in cui questi nuovi martiri hanno conosciuto la loro morte. In alcune di esse è raffigurato un solo martire in altre più di venti.
La sofferenza, ma anche la resistenza e la testimonianza dei credenti, negli anni della persecuzione comunista, sono un grande patrimonio di santità della cui eredità la Chiesa russa è custode. Da questo lascito scaturisce un messaggio di fede e di amore per il Vangelo fondamentale per tutti i cristiani e per il mondo intero.
Sono tanti i segni di speranza che sono germogliati dal martirio della Chiesa russa e che ho avuto modo di vedere con gioia durante il mio viaggio.
Martirio e speranza.. La memoria della persecuzione dei credenti durante il comunismo ha accompagnato anche la visita alla comunità cattolica di Mosca – un prete e numerosi laici cattolici sono tra le vittime di Butovo –, durante la bella e partecipata celebrazione eucaristica nella cattedrale della Immacolata Concezione, grazie all’invito dell’arcivescovo, mons. Paolo Pezzi.
Chiese chiuse, utilizzate ad altri fini, spesso distrutte dai bolscevichi, sono tornate a nuova vita. Tra tutte la cattedrale del Cristo Salvatore, costruita la prima volta per celebrare la liberazione della Russia dall’invasione napoleonica e ora riedificata come simbolo della rinascita della Chiesa russa. È stato per me motivo di particolare gioia visitare questa grande cattedrale risorta che, a poche centinaia di metri dal Cremlino nel centro della città, è tornata a essere un orientamento per chi si muove a Mosca, così come la Chiesa lo è sempre più per la società russa.
Insieme agli edifici rinasce anche la vita della chiesa. La visita al piccolo e bel monastero di Marta e Maria, da poco restaurato e inaugurato dal patriarca, è stata pervasa da tale senso di rinascita.
In Russia ci siamo inchinati reverenti di fronte all’innumerevole schiera di nuovi martiri, che hanno sofferto nel tempo della persecuzione ad opera di un regime senza Dio.
Anche per questo motivo ho voluto recare in dono al patriarca di Mosca una particola del cranio delle reliquie del patrono della Chiesa di Napoli, il santo martire Gennaro, tesoro prezioso per il nostro popolo che lo venera con profonda devozione. Il martirio di San Gennaro è seme di speranza per noi. La cerimonia della consegna della reliquia è stata di grande intensità spirituale e ha commosso tutti i partecipanti. Infatti nella chiesa della residenza ufficiale del patriarca, nell’antico monastero di S. Daniil, Aleksij II davanti all’iconostasi ha ricevuto e venerato il reliquiario, che ha poi portato sull’altare, dove sarà custodito, mentre il clero presente alla cerimonia intonava un canto di lode. Il patriarca ricevendo il dono ha voluto sottolineare come la reliquia del martire Gennaro, venerato anche dalla Chiesa russa e santo della Chiesa indivisa, sia simbolo delle buone relazioni tra le nostre Chiese. La consegna delle reliquia ha aperto, nell’incontro, un per me inaspettato. Il patriarca ha parlato di Napoli con accenti che mai avrei immaginato. Ha mostrato di conoscere a fondo non solo i problemi della città, ma la città stessa, le sue grandi risorse umane e culturali, gli sforzi che la chiesa compie per rispondere alle molte sfide, a cominciare dalla lotta alle diverse forme di violenza. E ha avuto parole di stima e di incoraggiamento non formali nei confronti di una comunità che apprezza per il suo impegno rivolto soprattutto verso i giovani, e nell’assicurare migliori condizioni di vita e un’accoglienza degna agli immigrati.
Ma l’orizzonte più vasto dell’Europa si è stagliato ben presto su una conversazione che ha portato in primissimo piano i sentimenti di amore fraterno e di stima che il Patriarca ha espresso nei confronti del Santo Padre. Proprio sulla realtà del si è registrata, più volte, la loro profonda sintonia, sulla base della necessità – per le società europee disorientate e secolarizzate – di orientamento e di radici comuni. Lavorare insieme e con coraggio per dare anima e un futuro all’Europa rappresenta non solo una prospettiva ma un obiettivo concreto che unisce gli sforzi della Chiesa di Roma e della comunità ortodossa.
L’incontro, a cui è stato presente anche il rappresentante della Santa Sede nella Federazione Russa, mons. Antonello Mennini, che ha accompagnato la visita con premurosa attenzione, si è svolto in un clima di particolare cordialità e fraternità. Il patriarca ha voluto rinnovare la riconoscenza della Chiesa russa per la sollecitudine manifestata nei confronti dei fedeli del patriarcato di Mosca che vivono a Napoli, per i quali è stata eretta dal Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa la parrocchia di S. Andrea apostolo. Al metropolita di Smolensk e Kaliningrad Kirill, presidente del dipartimento relazioni esterne del patriarcato di Mosca, nell’ottobre del 2007 – -durante l’Incontro Internazionale Uomini e Religioni promosso dall’Arcidiocesi e dalla Comunità di Sant’Egidio- avevo consegnato le chiavi della chiesa di Santa Maria del con alcuni locali annessi per le esigenze delle comunità ortodossa russa di Napoli.
Durante la conversazione con il patriarca, come pure nei due calorosi incontri che abbiamo avuto con il metropolita Kirill, entrambi i nostri autorevoli interlocutori – rivolgendosi anche al presidente della commissione per l’ecumenismo della CEI, il vescovo di Terni- Narni- Amelia, mons. Vincenzo Paglia – hanno espresso un sentito apprezzamento per le ottime relazioni con la Chiesa cattolica italiana, la quale mostra una disponibilità fraterna nel favorire la cura pastorale dei fedeli del patriarcato di Mosca che sono emigrati per lavorare e vivere in Italia.(Oltre a mons. Vincenzo Paglia, della delegazione hanno fatto parte mons. Gaetano Castello, incaricato per l’Ecumenismo e il dialogo della diocesi di Napoli, mons. Andrea Milano e il prof. Adriano Roccucci della Comunità di Sant’Egidio).
La testimonianza della Chiesa italiana, che, radicata nel suo popolo, riesce a rispondere alle sfide della società consumista conservando e ravvivando la fede della sua gente, costituisce per la Chiesa russa un sostegno spirituale di fronte alle sfide del nostro tempo. La concordanza di posizioni tra le nostre Chiese su alcune delle principali questioni del mondo contemporaneo è risuonata più volte come un importante terreno di incontro e cooperazione.
Il Patriarca ha parlato della visita come di una nei rapporti tra le due Chiese. Se i passi avanti si costruiscono e si misurano anche sulla speranza, quella di Mosca – viene da concludere – è parsa davvero una buona strada.

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