Bianchi Francesco Saverio Maria

Arpino 2 dicembre 1743 - Napoli 31 gennaio 1815
Profilo biografico

Nato in Arpino il 02 dicembre 1743, morto a Napoli il 31 gennaio 1815. Nei primi anni della sua vita fu portato spontaneamente ad una vita fervorosa dall’ambiente familiare. La madre, donna di virtù non comuni, era così dedita alla carità verso il prossimo, che aveva trasformato parte della casa in un piccolo ospedale di sedici letti sempre pronti per ammalati privi di assistenza. Ma nell’adolescenza di Francesco Saverio Bianchi qualche ombra ci è rivelata da alcune sue lettere inedite, scritte intorno al 1764, in cui parla di ripetuti piccoli furti di denaro in casa e di una forte propensione ai peccati di gola. La fisionomia interiore della sua santità appare, quindi, contrariamente alle biografie tradizionali, come una conquista lenta e sicura della volontà.

Affidato ai Barnabiti per i primi studi, desiderò la vita religiosa, ma per l’opposizione decisa  dei genitori dovette recarsi, nel 1758, nel seminario di Nola, ove conobbe s. Alfonso M. de’ Liguori, e poi all’università di Napoli per gli studi di diritto. Finalmente, nel 1762, riuscì ad entrare nell’Ordine dei Barnabiti, professando i voti l’anno seguente nel noviziato di Zagarolo.

Compiuti gli studi filosofici a Macerata  e quelli teologici a Roma e a Napoli. fu quivi ordinato sacerdote nel 1767. Insegnò dapprima  per un biennio nella città natale, poi a Napoli, da cui non si allontanò più fino alla morte, se non per brevi viaggi. Superiore per dodici anni del collegio di S. Maria in Cosmedin a Portanova (1773 – 1785), professore straordinario di Teologia dal 1778 nella Regia Università, socio della Reale Accademia di Scienze e Lettere e dell’Accademia Ecclesiastica fondata dal card. Savelli, il Bianchi fu circondato dalla fama di dotto e ben presto di santo. Le opere di carità, la contemplazione e l’apostolato, specie tra gli umili del suo popolare quartiere, presero sempre più in lui il posto occupato prima dagli studi e dai circoli degli eruditi. Forse è per questo mutamento d’indirizzo della sua vita che non diede mai alle stampe i molti componimenti ascetici e letterari, in italiano e in latino, alcuni anche in versi, che sono descritti da G. Boffito (Scrittori Barnabiti, I. Firenzi 1933, pp. 212-217). I biografi fissano al giorno di Pentecoste del 1800 la data d’inizio della nuova vita: dalla misteriosa estasi da lui avuta nella chiesa del Divino Amore dinnanzi al S.mo solennemente esposto. Da quel giorno le sue penitenze divennero più aspre e la dedizione alle anime totale. Chiamato giustamente apostolo di Napoli, continuò l’irraggiamento della sua santità anche quando una strana e terribile malattia  alle gambe, sopportata con eroica fortezza, lo immobilizzò per gli ultimi dieci anni della sua vita. divenne allora soprattutto il formatore di anime elette. Era stato già per quattordici anni, dal 1777 al 1791 il confessore di s. Maria Francesca delle Cinque Piaghe (v.), dalla cui intimità spirituale egli stesso ricevette sprone alla santità. Altre anime della sua famiglia spirituale furono i venerabili Pladiso Baccher, Mariano Arciero (dal 24 giugno 2012 Beato), Francesco M. Castelli, i servi di Dio Giovanni Battista Jossa e Agnello Coppola. Anche il beato Vincenzo Romano (dal 14 ottobre 2018 Santo) ebbe relazioni spirituali con lui. Così la venerabile Clotilde di Savoia durante gli anni dell’esilio con il marito Carlo Emanuele IV, e numerosi cardinali e vescovi.

Nonostante la soppressione del suo Ordine nel 1809 egli rimase nel suo convento. Frequenti miracoli e doni carismatici concorsero alla sua fama di santità in vita, come l’arresto della lava del Vesuvio nel 1804 e nel 1805, profezie e visioni di avvenimenti lontani quali la disfatta delle truppe napoleoniche in Russia e il ritorno di Pio VII alla Città eterna.

Caratteristica della spiritualità del Bianchi è l’ardore mistico unito ad una serenità gioconda, simile in ciò a s. Filippo Neri, con cui già s. Maria Francesca  delle Cinque Piaghe lo comparava: <<Due Filippi abbiamo uno nero e uno bianco>>. Aveva comuni con lui anche i misteriosi tremiti e le palpitazioni di cuore durante la preghiera e la celebrazione della Messa. La devozione per quest’ultima è un altro aspetto della sua santità: la fede e lo slancio che vi metteva erano lo stupore dei presenti. durante gli ultimi tre anni della vita era l’unica azione in cui potesse reggersi da solo sulle gambe orribilmente gonfie e piagate.

Nel 1816, un solo anno dopo la morte, ebbe inizio il processo diocesano, nelk 1857 si ebbe la dichiarazione dell’eroicità delle sue virtù, nel 1893 la beatificazione, il 21 ottobre 1951 la canonizzazione. Il corpo è venerato nella chiesa di S. Giuseppe a Pontecorvo in Napoli (dal 1972 nella chiesa di S. Maria a Caravaggio in Piazza Dante in Napoli); la festa è il 30 gennaio.

È pubblicata una caratteristica raccolta di sue orazioni giaculatorie per i tempi di pubbliche calamità.

L’iconografia del Bianchi è ricca soprattutto in rami e litografie. Spesso è rappresentato con un quadretto di s. Maria Francesca delle Cinque Piaghe o con la <<Madonna del Paradiso>>, sua particolare devozione; talvolta mentre arresta le lave del Vesuvio. L’immagine più diffusa è quella del Reffo, con la frase di benedizione caratteristica del santo. Nella chiesa di S. Giuseppe a Pontecorvo si conserva la maschera di cera eseguita sul cadavere.

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