Cattolici e Mezzogiorno

È momento di crisi, di crisi globale. Tutti ne siamo coscienti. A tutti e a ciascuno il dovere non solo di analisi spassionata, ma anche di impegno concreto per contribuire a risolvere i problemi che sono propri del nostro Mezzogiorno, che sembra essere immobilizzato in quella morsa definita modernizzazione senza sviluppo. L’annosa e mai risolta questione meridionale è ancora oggi sotto gli occhi di tutti a denunciare un vuoto etico politico che, dall’Unità d’Italia ad oggi, ha consentito che il Mezzogiorno, e in particolare la Campania, rimanesse imbrigliato nelle problematiche di sempre.
Nonostante i trasferimenti di risorse non si è mai favorito uno sviluppo autonomo del Meridione, per cui si è avuta una continua dipendenza del nostro apparato produttivo da scelte fatte da altri, senza tenere conto della specificità e identità del nostro territorio. Sempre più esposto ad una economia diabolica, che umilia i paesi più deboli, il Mezzogiorno si è ridotto ad una condizione di passività e delusione, nonché di disaffezione verso la politica e, quindi, verso le istituzioni che appaiono, soprattutto ai ceti più disagiati, sempre più incapaci di promuovere progetti e scelte per un reale sviluppo economico e sociale.
L’assistenzialismo paternalistico, la vera e grave malattia del nostro Mezzogiorno, non ha garantito la tutela dei diritti delle classi subalterne e non ha stimolato il nascere di una politica di autentica solidarietà, orientata all’interesse generale e al bene comune, nel riconoscimento fondamentale dell’uguaglianza dei diritti e dei doveri di tutti i cittadini. Purtroppo, la mancanza di uno sviluppo autonomo e una politica sempre più lontana dal suo essere servizio ai più deboli e all’intera comunità hanno consolidato il fenomeno del clientelismo e della corruzione, rafforzando, sia pure per conseguenza, la criminalità organizzata e una diffusa cultura dell’illegalità.
Si è creata così una distanza incolmabile tra chi, senza scrupoli, tende solo all’interesse personale e chi attende il lavoro come la manna dal cielo. Le ragioni dell’uno non possono essere le ragioni dell’altro e la confusione di linguaggi che ne è derivata, quasi come se fosse una nuova torre di Babele, ha determinato, soprattutto nel Mezzogiorno, le conseguenze che noi tutti ben conosciamo; il linguaggio dei diritti e dei doveri si è confuso con il linguaggio dell’abuso e della sopraffazione, il linguaggio della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà con quello della violenza occulta o manifesta che sia.
In questo vuoto etico e politico, in cui lo sviluppo economico, civile e democratico del Sud appare pericolosamente compromesso, si comprende come e quanto il disagio giovanile sia il problema più rilevante, tanto che la vera questione meridionale si può riassumere oggi nel dramma della disoccupazione dei giovani, che non poche volte sono facile preda di un’economia
sommersa sostenuta dal lavoro nero o, peggio ancora, dalla camorra che propone facili guadagni.
Ed è proprio rispetto a questo contesto che ritorna insistentemente l’interrogativo circa il ruolo e l’ardua missione dei cattolici chiamati, oggi più che mai, ad un impegno massivo in termini di cittadinanza attiva e responsabilità civile, testimoniando una concreta coerenza tra fede e vita, tra vangelo e cultura, per risollevare le sorti del Mezzogiorno, restituendo al Sud e ai suoi giovani dignità, speranza e prospettive di lavoro. Al di là di tutte le possibili analisi socio economiche sulla realtà del Mezzogiorno, per riorganizzare la speranza è necessario innanzitutto “ritrovarsi nella «verità», per armonizzare l’ordine dell’uomo e l’ordine delle cose, l’ordine del lavoro e l’ordine del denaro. Occorre che la solidarietà prevalga sull’individualismo, che gli interessi generali prevalgano sull’egoismo del singolo o di una parte e che il lavoro abbia il primato sull’accaparramento del profitto. Tutto ciò potrà realizzarsi se verrà riconosciuto l’ordine della creazione, senza lasciarsi fuorviare da una pretesa «libertà », alienata, spesso, dall’idolo del denaro”.
Non può esistere sviluppo senza libertà e non può esservi libertà senza verità:
“Verità e libertà – ha scritto Giovanni Paolo II – o si coniugano insieme o insieme miseramente periscono”. Nessuna democrazia potrebbe definirsi tale se, indipendentemente dalle variabili socio-culturali, non mettesse al centro l’uomo. In quest’ottica, l’agire dei cattolici in politica non può che essere sempre ispirato al servizio della promozione integrale della persona e del bene comune: la tutela “dei diritti della persona umana è condizione perché i cittadini, individualmente o in gruppo, possano partecipare attivamente alla vita e al governo della cosa pubblica”. E non è superfluo ricordare che il diritto al lavoro è il primo diritto sancito dalla nostra Costituzione.
I fedeli laici sono dunque chiamati non solo ad agire sempre secondo coscienza ma a scendere in campo con le armi della fede e dei valori cristiani per promuovere una politica di sviluppo per il Mezzogiorno.
“L’uomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale” e i cattolici non possono delegare ad altri l’impegno che proviene dal vangelo di Gesù Cristo: non si può essere cristiani nella vita spirituale, se non si combatte contro ogni forma di abuso e sopruso per garantire ai lavoratori la giusta mercede e ai disoccupati concrete possibilità.
Bisogna avere il coraggio di attuare politiche capaci di offrire nuove opportunità di lavoro, ma soprattutto è necessario essere autentici testimoni di “principi etici che, per la loro natura e per il loro ruolo di fondamento della vita sociale, non sono “negoziabili” e ricondurre i giovani a modelli di vita lontani da tutto ciò che è superfluo”. Se i nostri giovani crescono con l’idea che si è integrati nella società solo se si è in grado di essere al passo con la moda, saranno essi le prime vittime di una mentalità falsa e fuorviante, che rifiuta i principi etici e morali, e, conseguentemente, anche di un distorto sviluppo sociale.
Con il Concilio Vaticano II la Chiesa afferma con forza che “i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla “politica”, ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune”. Napoli, capitale del Mezzogiorno, vive l’esaltante sfida del suo Giubileo, attesa di speranza e di riscatto che passa per l’impegno di tutti. Le opere di misericordia nel tratto del Vangelo di Matteo, plasticamente descritte dal genio di Caravaggio, rimandano all’amore come termine ultimo del giudizio, come espressione alta di testimonianza e di servizio.
La solidarietà, la carità politica deve diventare la carità delle opere evangeliche.
@ Crescenzio Card. Sepe
Arcivescovo Metropolita di Napoli

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