La nostra Santa Chiesa di Napoli celebra la bontà e la misericordia di Dio che ha scelto questi nostri giovani per essere ordinati diaconi in vista del conferimento del ministero presbiterale da esercitare in questa Diocesi.
Possiamo paragonare e applicare a noi quanto il Profeta Isaia dice di Ciro, il re persiano vincitore della Babilonia che aveva deportato Israele e lo costringeva a vivere in terra straniera: «Io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca». Ciro, il re pagano, diventa lo strumento inconsapevole della volontà di Dio mostrando che la storia dei singoli e dell’intera umanità ha la sua origine e il suo fine in colui che è «il Signore e non v’è alcun altro; fuori di me non c’è Dio».
È quanto ha voluto insegnarci anche Gesù che, rispondendo alla domanda infida dei farisei, dice di dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio. La moneta che porta l’immagine di Cesare viene da Cesare e va resa a Cesare; ma l’uomo, creato da Dio, è immagine di Dio, e, quindi va reso a Dio, il quale lo chiama per nome e gli affida un compito, una missione da compiere.
Sant’Agostino così sintetizza l’insegnamento del Maestro: «Come Cesare cerca la propria immagine su una moneta, così Dio cerca la propria immagine nell’anima dell’uomo» (Sermone 24 sui Vangeli).
Cari ordinandi, tra poco, con l’imposizione delle mani del Vescovo, lo Spirito imprimerà in voi l’immagine di Cristo servo e, chiamandovi per nome vi invierà come ministri della speranza nelle periferie esistenziali della nostra Diocesi, verso i tanti cortili delle nostre città, dove c’è fame di Dio, di speranza, di dignità e di giustizia.
Sono tanti, troppi i nostri fratelli e sorelle che hanno fame di Dio e che interpellano voi che avete accolto l’invito di Cristo a servire, a mettersi a completa disposizione per annunciare, con la testimonianza della vostra vita, ai poveri e agli umili la bellezza e la salvezza del Vangelo. La predilezione di Dio per i poveri e la scelta di Gesù di farsi povero e servo devono guidarci nel tradurre il nostro ministero diaconale nelle vicende che attraversano la realtà del nostro tempo e del nostro territorio.
«Dar da mangiare agli affamati» è la strada che vogliamo percorrere come Chiesa di Napoli, seguendo la ricca tradizione della Chiesa che, nei duemila anni della sua storia, ha sempre, e in diversi modi, mostrato l’immagine di Cristo che arriva a farsi Egli stesso povero (cfr. 2 Cor 8,9) attraverso la sua Incarnazione. Ce lo ricorda bene Papa Francesco in alcuni passi della Evangelii gaudiumche illustrano «il posto privilegiato dei poveri nel popolo di Dio».
«Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare», Gesù si identifica con i poveri, insegnando che la misericordia verso di loro è la chiave del cielo (cfr Mt 25, 35 ss.). Quando iniziò ad annunciare il Regno, Egli descrisse la sua missione dicendo: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; perché mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (Lc 4, 18). A quelli che erano gravati dal dolore, oppressi dalla povertà, assicuro che Dio li portava al centro del suo cuore: «Beati voi poveri, perché vostro è il Regno di Dio» (Lc 6,20).
Soprattutto voi, ordinandi diaconi, chiamati ad essere al servizio dei poveri, dovete avere gli stessi sentimenti di Gesù (Fil 2,5).
Questa opzione, ha insegnato Papa Benedetto XVI, «è implicita nella fede cristologica di quel Dio che si è fatto povero per noi, per arricchirci mediante la sua povertà». Di fatto è questa la Chiesa voluta dal suo divino Fondatore: una Chiesa povera per i poveri.
Farsi povero per i poveri significa spogliarsi di se stesso del proprio egocentrismo e rivestirsi di Cristo, della sua ricchezza spirituale.
I poveri hanno molto da insegnarci; possono evangelizzarci se sappiamo scoprire Cristo in loro, se impariamo ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la sapienza che Dio ci comunica attraverso di loro. Una tale prospettiva ci aiuta a mettere in primo piano nella nostra vita le relazioni con l’altro, a capire il vero senso del nostro servizio, della nostra diaconia in un’ ottica profondamente spirituale che non è astrattezza o anonimato, ma è concretezza perché si identifica con le storie e i volti della nostra gente, con i malati, gli sfruttati, i disoccupati, gli afflitti, gli emarginati, quanti si sentono soli e scoraggiati.
Diacono è chi sa “farsi prossimo”. Come Maria. Il “sì” di questa umile ragazza di un piccolo paese, sperduto nella periferia di un grande impero, la sua vita di madre fatta di povertà e sofferenza, la sua piena comunione col Figlio, fa di Maria la perfetta immagine e modello di ogni diaconia nella Chiesa di Cristo.
Vi affido a Lei, cari ordinandi, con la certezza che Ella non mancherà di assistervi con la sua materna intercessione.
‘A Maronna v’accumpagna!
Cardinale Crescenzio Sepe
+ Arcivescovo Metropolita di Napoli