Chiesa nel Sud, Chiese del Sud: intervento del Prof. Giuseppe Savagnone


Il problema che ritorna spesso, in tutti i documenti prodotti negli ultimi venti anni dalle Conferenze Episcopali del Sud, è quello dell’individualismo. Il meridionale stenta ad avere, nei confronti di chi non fa parte del suo gruppo familiare, quell’atteggiamento di amicizia che è il connettivo delle comunità: dalle più ristrette a quella più ampia che è lo Stato.
La diffidenza verso l’estraneo, antico retaggio di esperienze dolorose di invasioni e di oppressioni, gli rende difficile quello stile comunitario e cooperativo che in altre zone d’Italia è stato alimentato dall’esperienza di partecipazione alla vita del Comune. Da qui una tendenza all’isolamento e alla frammentazione, tenace eredità, questa, della tradizione feudale che al sud ha resistito molto più lungamente.
Per uscire dalla situazione in cui si trova il Mezzogiorno non deve aspettarsi aiuti dall’esterno, ma puntare sulle proprie risorse. E, tra queste, la Chiesa ha un ruolo decisivo. A patto che sia davvero la comunità ecclesiale a impegnarsi in tal senso, e non solo alcune frange elitarie. Ciò che si richiede è, infatti, uno sforzo corale. Priorità: la formazione, in particolare per l’aspetto socio-politico. In questo sforzo avranno un ruolo di primo piano le Facoltà teologiche, gli Istituti di scienze religiose, le scuole degli operatori pastorali e quelle di formazione politica.  Ma si esige un modo nuovo di essere Chiesa, di gestire le comunità parrocchiali, la vita delle associazioni, dei gruppi e dei movimenti, lo stile delle diocesi. Non ci si può illudere di ridurre tutto a una serie di iniziative più o meno efficaci. Bisogna mettere in discussione e cambiare il nostro stesso modo di essere. Finché prevarrà la pastorale del rito sganciato dalla vita reale, del dualismo tra il “dentro” e il “fuori”, della difesa dell’esistente non saranno i convegni a cambiare le nostre Chiese.
“Nella Chiesa, ma questo non riguarda solo il Sud,  ci sono come due piani, due livelli ben distinti, e in larga misura ben separati: il piano nobile dove si svolgono i convegni, i seminari studio, i dibattiti tra gli esperti da cui la gerarchia ecclesiastica trae il materiale per i propri documenti. E c’è il piano terra della pastorale ordinaria, delle parrocchie, dei gruppi e delle associazioni, della vita quotidiana della comunità credente dove dominano dinamiche e difficoltà diverse da quelle trattate nei documenti e nei convegni da destare negli inquilini di questo pianterreno un senso di totale indifferenza o addirittura di sorda irritazione”.

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