Chiesa nel Sud, Chiese del Sud – intervento di S.E. Mons. Agostino Superbo, Arcivescovo di Potenza


Cosa significa per un cristiano l’interrogativo sul “che fare”? Noi non siamo i primi ad agire, perché non siamo i primi ad amare, c’è Qualcuno che lo ha fatto prima di noi, è questo il presupposto da cui partire. Al cristiano spetta il compito di individuare i segni dei tempi, e mettere in pratica, secondo il principio del fare agli altri ciò che il Signore ha fatto per noi. Momenti come questo del convegno sono importanti perché ci consentono di ascoltare quanto lo Spirito dice alla Chiesa, senza mai dimenticare l’ascolto della voce dei poveri, perché chi è con Dio non può non fare suo il lamento del povero. Sicuramente in questi due giorni di lavori abbiamo raccolto qualcosa che dobbiamo portare avanti, uscendo da questo convegno non solo con speranza, ma anche con gioia.
Venendo ai problemi che affliggono il Mezzogiorno, io penso che l’assistenzialismo sia la premessa della criminalità organizzata, e oggi in questo contesto la Chiesa sente di nuovo la chiamata alla profezia. Per cambiare la realtà presente occorre una cultura sociale nuova, e la Chiesa deve essere capace non solo di denunciare, ma di operare, educando davvero alla speranza e cercando di costruire dei percorsi che partendo dai sentieri naturali divengano realmente praticabili da tutti: è questa la sua dottrina sociale. Se qualcosa è mancato in questi anni è stato non perché non eravamo Chiesa, ma perché non lo eravamo abbastanza. Bisogna ripartire dalla forza di trasformazione dell’Eucaristia, soprattutto contro la criminalità organizzata e l’illegalità, che colpiscono l’uomo nella sua dignità. Il laicato deve assumersi il compito di diffondere la forza d’amore dell’Eucaristia, e noi religiosi non dobbiamo temere di perdere rilievo sociale, non dobbiamo avere paura del laicismo.
Concretamente la Chiesa deve sul territorio divenire forza trasfigurante e aggregante, deve chiamare a sé. Fondamentale è ostacolare la malavita che possiamo definire “antivangelo”, e che può essere vinta con un popolo che passi dalla religiosità popolare all’essere popolo santo di Dio, formato da laici contenti e operativi. Non possiamo fare a meno della teologia della Redenzione, e ad essa dobbiamo ispirarci, ma ciascuno deve fare la sua parte: gli imprenditori investendo anche coraggiosamente, i politici recuperando la loro dignità di uomini e progettando, la Chiesa accogliendo come una madre – questo è il nostro sogno – e divenendo casa di tutti gli uomini.

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