«Cristiani fermento di giustizia in un mondo che adora il denaro»


«Cristiani fermento di giustizia in un mondo che adora il denaro»


L’emergenza educativa, il ruolo del parroco nella realtà d’oggi, la centralità della liturgia nella vita del cristiano, l’Eucaristia «segno e seme di carità» gli altri temi toccati ieri dal dialogo tra Benedetto XVI e i sacerdoti, svoltosi sotto forma di «domanda e risposta» nell’«avarizia», materiale ma soprattutto spirituale, cioè nel «falsificare» l’immagine di Dio con quella di Mammona, che vanno ricercate le vere radici dell’attuale crisi economica che avvolge il mondo. Ed è per questo compito della Chiesa denunciare «senza moralismi» anche i fallimenti di un sistema, che va profondamente riformato. È stato questo uno dei temi – assieme all’importanza del primo annuncio, all’emergenza educativa, al ruolo del parroco nella società di oggi, alla centralità della liturgia nella vita del cristiano – che Benedetto XVI ha affrontato nel consueto incontro, all’inizio della Quaresima, con il clero romano, i ‘suoi’ preti che ogni giorno lavorano nella parrocchie della città di cui è il vescovo. Incontro aperto e «familiare», come messo in rilievo dal cardinale Agostino Vallini nel suo saluto iniziale al Pontefice, impostato sull’ormai «classico» schema delle domande (poste da otto sacerdoti) seguite dalle risposte ‘a braccio’ del Papa, e dove non sono mancati le battute e i momenti ‘leggeri’, come il sonetto in dialetto romanesco che un parroco ha letto alla fine, dedicato alla visita che Benedetto XVI compirà il prossimo 9 marzo in Campidoglio. Una ‘sorpresa’ che il Papa ha particolarmente gradito: «Grazie! Abbiamo sentito parlare – ha detto – il cuore romano, che è un cuore di poesia. È molto bello sentire un po’ di romanesco, e sentire che la poesia è profondamente radicata nel cuore romano. Questo forse è un privilegio naturale che il Signore ha dato ai romani, è un carisma naturale che precede i privilegi ecclesiali ». Il tema della crisi economica, sul quale Papa Ratzinger sta battendo con particolare insistenza negli ultimi mesi, a partire dal Sinodo di ottobre e dall’udienza prenatalizia alla Curia romana, è stato posto da un parroco di Tor Bella Monaca, quartiere periferico della capitale duramente toccato dall’emergenza. «Il crollo delle grandi banche americane – ha detto al riguardo – mostra quello che è l’errore di fondo: l’avarizia e l’idolatria che oscurano il vero Dio, ed è sempre la falsificazione di Dio in Mammona che ritorna. La Chiesa ha sempre questo compito di essere vigilante, di cerÈ care essa stessa, comprendendo le ragioni del mondo economico, di illuminare questo ragionamento con la fede che ci libera dal peccato. Per questo deve farsi sentire ai diversi livelli per aiutare a correggere tanti interessi personali e di gruppi, nazionali e sovrannazionali, che si oppongono alle correzioni alla radice dei problemi». E, ha aggiunto, anche se non si riesce mai a promuovere «una correzione radicale e totale, dobbiamo fare di tutto perché ci siano correzioni sufficienti per far vivere e ostacolare l’affermarsi dell’egoismo che si presenta anche sotto le forme della scienza».
Per il Papa è anche sul terreno della riflessione sull’economia che bisogna saper rispondere; infatti, ha aggiunto, «i grandi moralismi non aiutano se non sono sostanziati con la conoscenza della realtà che aiuta a capire cosa si può in concreto fare per cambiare la situazione». Nella sua risposta Papa Benedetto ha ricordato i due livelli della presente crisi finanziaria: quello della «macroeconomia» e quello della vita concreta delle persone che perdono il lavoro o la casa. In entrambi, ha spiegato, «la Chiesa deve impegnarsi, ma in entrambi dobbiamo fare i conti con la realtà del peccato originale, e dobbiamo fare appello a una ragione lucida». Se non esistesse il peccato originale «la buona volontà basterebbe a risolvere i problemi, ma non è così: la ragione è oscurata dalla tentazione di ciascuno di volere il mondo per sé. È oscurata cioè da false premesse che ci fanno fare grandi passi avanti sulla strada sbagliata».
Per questo, ha osservato ancora, il «dialogo è difficile senza la luce della fede che entra nella nostra vita». Senza di essa, infatti, «non sappiamo vedere la strada da percorrere, che è quella della rinuncia a me stesso, di correzione della mia volontà in favore dell’altro». Da parte sua la Chiesa deve alzare la sua voce con una «denuncia ragionevole e ragionata degli errori, nella quale le ragioni concrete si fanno comprensibili». È questo, ha scandito Ratzinger, «un mandato della Chiesa da sempre: da Leone XIII si cerca di fare denunce, ma non sono sufficienti. L’assenso della ragione esige poi la correzione dei comportamenti». Il problema con il quale confrontarsi «non è un concetto astratto di peccato, si riferisce alla giustizia che Dio ci dà e la giustizia non si può creare solo con modelli economici buoni, che sono necessari, ma si realizza solo se ci sono i giusti: se non ci sono, se non c’è lavoro umile e quotidiano per convertire i cuori a Dio, allora non c’è neanche la giustizia collettiva». Per questo, allora, ha aggiunto il Papa rispondendo a un’altra domanda, «i cristiani devono essere oggi fermento di giustizia, di integrità morale, di carità, perché la società ha bisogno di persone che vivano non per se stesse, ma per gli altri». Un aspetto della testimonianza, questo, che «va unito a quello della parola: è la prima, infatti, che dà credibilità alla seconda, rivelando che la fede non è una filosofia o un’utopia ma una realtà che fa vivere. A questa opera di evangelizzazione sono necessari perciò preti e catechisti formati culturalmente, ma soprattutto capaci di parlare all’uomo di oggi con la semplicità della verità. Per mostrargli che Dio, in realtà, non è un essere lontano ma una persona che parla e che agisce nella vita di ciascuno».
Per il Papa, luogo privilegiato per fare esperienza della vicinanza di Dio è la liturgia, che essenzialmente è «una scuola per imparare l’arte di essere uomo e per sperimentare la familiarità di Cristo. In questo senso, la catechesi sacramentale è anche una catechesi esistenziale, perché mostra che la liturgia non è una realtà misteriosa e distante, ma è il cuore dell’essere cristiani e, allo stesso tempo, genera nel credente l’apertura all’altro e al mondo. L’Eucaristia, in particolare, va vissuta come segno e seme di carità». Quanto all’emergenza educativa, il compito dei sacerdoti, per Benedetto XVI, è offrire ai giovani fin dall’oratorio una formazione umana integrale, tanto più che, in un mondo dove molte persone hanno tante conoscenze ma senza orientamento interiore etico, la Chiesa ha il dovere di proporre una formazione umana illuminata dalla fede.
 
Avvenire – Salvatore Mazza

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