Comunicazioni Sociali
PREDICARE IL VANGELO DAI TETTI, DALLE "CHAT" E DALLA "RETE"
«Non abbiate paura! Spalancate le porte a Cristo!». Con questa memorabile "esortazione" Giovanni Paolo II apriva il suo Pontificato, coinvolgendo in maniera "inaspettata" quel mondo giovanile spesso distratto o lontano dal messaggio cristiano.
Le indimenticabili "Giornate mondiali della gioventù", che ancora oggi chiamano a raccolta moltitudini di ragazzi, non sono tuttavia un "indice" attendibile per valutare la loro reale adesione a Cristo. Terminata l’emozione del grande evento, la maggioranza dei giovani torna alla sua vita lasciando poco spazio all’incontro con Dio. Non senza amarezza, dobbiamo constatare che al di là degli "spettacolari" raduni, come ha ribadito Benedetto XVI, la nostra gioventù è ancora lontana dalla fede, tanto è vero che il crescente "analfabetismo" religioso delle giovani generazioni preoccupa i vescovi italiani. Probabilmente, intenti a comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, non ci siamo accorti che il mondo è già cambiato. Eccetto poche eccezioni, non si è tenuto conto della "rivoluzione" avvenuta proprio nel mondo della "comunicazione", che ormai avviene attraverso linguaggi e mezzi distanti "mille miglia" dal nostro annuncio. Soprattutto i giovani, lontani dalle nostre Chiese e dai luoghi della predicazione, abituati al linguaggio delle immagini e alla comunicazione "multimediale", nemmeno sanno di cosa parliamo. Il Maestro, grande "comunicatore", sapeva bene che per passare il suo "messaggio" doveva usare il linguaggio dei suoi interlocutori. Non temeva di "sminuire" la sua parola usando le "metafore" di pecore e pastori, di vigne e vignaioli per parlare di Dio. Se oggi non basta radunare le folle per annunciare il Regno, non bisogna avere timore di usare gli "strumenti" della tecnologia odierna per comunicare con il mondo intero. Se ai giovani, che difficilmente vanno a Messa la domenica e forse non sanno neanche cosa sia un’omelia o una catechesi, offriamo la possibilità di "accostarsi" alla parola di Dio attraverso un "podcast", può essere che avremo della risposte. Molti sostengono, invece, che la comunicazione "informatica", fredda e impersonale, svuoti il messaggio da quell’"afflato" umano e spirituale capace di convertire i cuori.
Certamente lo strumento non deve e non può sostituire la ricchezza del rapporto umano, ma può "ampliare" le occasioni di ascolto. Con la nuova tecnologia, la comunicazione diventa il campo in cui poter scambiare la parola, ma anche il luogo per fare "rete". È ormai tempo di mettersi in discussione tra le mille parole dell’"agorà multimediale".
È inutile continuare ad aspettare che i giovani vengano a noi e lamentarsi che non arrivano. Facciamo in modo che la nostra predicazione li raggiunga lì dove sono, da soli o con gli amici, dietro lo schermo di un "computer". Sostenere che "Internet" non sia uno "strumento" idoneo all’annuncio non risponde all’evidenza dei fatti: oggi questo è il "mezzo" con cui si propagano i nuovi "messaggi". Non sta a noi dire al mondo quali "strumenti" debba usare, ma sta a noi conoscerli per continuare a parlare al mondo. Una volta chi aveva problematiche da risolvere si rivolgeva al suo "padre spirituale", al parroco dell’oratorio: oggi i ragazzi passano le ore a "chattare" con degli sconosciuti in cerca di risposte o semplicemente di compagnia a quella solitudine, propria dell’adolescenza, aggravata oggi dal "vuoto" di famiglie che non esistono più. Consapevoli che non sarà certo la nostra "protesta" a cambiare le nuove modalità di comunicazione, perché, invece di limitarci ad accusare "Internet" di provocare ulteriori "vittime", non offriamo ai giovani la possibilità di ascoltare la Parola e dialogare con noi per via "telematica"? Tra qualche anno questa "via" sarà una delle poche "palestre" di confronto: non accorgersene significa non essere pronti ad "inculturarsi" nel mondo che cambia.
Mons. Gennaro Matino da Avvenire (15/04/2008)
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