“Dar da mangiare agli affamati”

Cari fratelli e sorelle ,
 All’inizio del nuovo anno pastorale sento vivo il bisogno di rivolgermi a voi tutti, pastori e fedeli della Chiesa di Napoli, per mettere il mio cuore accanto al vostro e tracciare insieme a voi il prossimo tratto di strada del lungo, ma entusiasmante cammino che abbiamo intrapreso. Siamo spinti in tale direzione dalla consapevolezza della missione che il Signore ci ha affidato in questo momento della storia, e dalla responsabile sollecitudine che avvertiamo per il  futuro del nostro popolo.
 Vengono in mente le parole di Papa Francesco che auspica una Chiesa “in uscita”, sollecita nel prendere l’iniziativa, disposta a farsi coinvolgere nella storia degli esclusi, pronta, ad accompagnare gli uomini nei processi di sviluppo e a festeggiare con loro ogni tappa, ogni passo avanti (Evangelii gaudium, 24).
 Il nostro percorso
 La nostra comunità ecclesiale, negli ultimi anni, ha definito in maniera progressivamente più precisa le linee del suo agire pastorale. Il Piano del 2008, Organizzare la speranza, nato da una riflessione circostanziata sulla situazione della nostra Chiesa napoletana, ha rappresentato una sorta di mappatura complessiva delle nostre Comunità. Esso ha inteso offrire le coordinate generali per muoversi con consapevolezza su un territorio complesso e accidentato, anche se fecondato dal sacrificio di tanti sacerdoti, religiosi  e laici che, in ogni stagione, si sono spesi per la propria gente. Tale programmazione pastorale però non nasceva dal nulla. Essa si proponeva di valorizzare quanto era stato costruito in passato e teneva in gran conto il senso di fede ancora vivo nel nostro popolo. Si era tenuto conto, in particolare, delle acquisizioni assunte dal XXX Sinodo Diocesano del 1984, promosso e celebrato dal compianto arcivescovo Corrado Ursi.
 A ben riflettere, i problemi e le sofferenze della nostra città si rivelarono, in gran parte, comuni a tutto il Sud d’Italia. Sembrò quindi utile promuovere una riflessione corale sugli stessi temi e favorire – se possibile – la convergenza sugli identici obiettivi delle comunità ecclesiali meridionali. Nacque così l’idea d’invitare a Napoli, per la prima volta, tutti i vescovi del Sud con i rappresentanti delle loro comunità per discutere sui problemi ricorrenti e trovare delle linee condivise d’azione ecclesiale. Il convegno si celebrò nel febbraio del 2009 con la partecipazione di tutte le Chiese del Sud. Arrivarono più di novanta vescovi, intenzionati a dare una svolta alla preoccupante situazione di arretratezza dei loro territori. Si discusse a lungo insieme e si avviò per la prima vota una riflessione programmatica sul futuro del Meridione, dalla quale emerse una condivisa considerazione: la Chiesa non può dirsi estranea al degrado del suo popolo. Presumibilmente nella propria azione educativa – parte irrinunciabile della missione evangelizzatrice – è venuta a mancare un’attenzione adeguata alla vita sociale come parte integrante della formazione del credente. Non si è fatto comprendere in maniera appropriata che la fede, insegnata da Gesù, è sempre un affidarsi a Dio ma in vista della costruzione del Regno, che è la condizione di  pienezza di vita per tutti da realizzare già in questo mondo. Un Regno che vede ogni uomo in grado di stare in piedi con dignità e di affrontare il futuro con fiducia.
 L’Episcopato Italiano, provocato anch’esso da questa iniziativa, promosse a sua volta un approfondimento sulle condizioni di vita del Meridione e sul ruolo che la comunità ecclesiale è chiamata a svolgere. Accogliendo ed elaborando le conclusioni del Convegno di Napoli, il 21 febbraio 2010, la Conferenza Episcopale emanò un denso documento dal titolo Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno. In esso si ribadiva la volontà della Chiesa di essere presente e solidale in ogni parte d’Italia, per promuovere un autentico sviluppo di tutto il Paese, a partire dalle zone più disagiate.
 In questo spirito, l’anno successivo, il 2011, ho indetto uno speciale Giubileo per Napoli. Si trattava di accendere i fari sulla nostra realtà cittadina e diocesana per attirare l’attenzione di tutti sulle sue condizioni precarie e iniziare un virtuoso processo di riscatto. Fu una straordinaria esperienza di coinvolgimento, un appello a tutte le risorse disponibili a scendere in campo e a operare negli interessi generali del territorio. In molti risposero offrendo la propria collaborazione. Particolarmente attivi si dimostrarono il mondo della scuola e dell’università, il campo della sanità e del volontariato, l’imprenditoria, i sindacati e numerosi organismi sociali. In realtà, il Giubileo ha provocato uno choc pastorale che ha dato una scossa alle nostre comunità, un brivido spirituale per certi settori della nostra compagine ecclesiale, a volte troppo lenti e sonnolenti, adagiatisi col tempo su situazioni logore e stagnanti. Alla fine, tutti si sono sentiti coinvolti. Come nella vigna del Signore, c’era un gran da fare per ognuno.

IN ALLEGATO LA RELAZIONE COMPLETA
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