«Il Signore ha nutrito il suo popolo con fiore di frumento e lo ha saziato con il miele della roccia». Così recita l’antifona di ingresso di questa celebrazione. Care eccellenze, vescovi ausiliari, caro decano, sacerdoti tutti, diaconi, seminaristi, religiose e religiosi, Schola cantorum, un cordiale saluto e un abbraccio in Cristo Signore nostro.
Oggi celebriamo la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, che vogliamo rendere visibilmente reale percorrendo le strade di questo quartiere al termine della celebrazione perché quanti guarderanno il Cristo, vivo e vero nella Santissima Eucarestia, nell’attraversare queste strade sentano il desiderio di contemplare e adorare questo mistero e ringraziare Dio per il dono della sua presenza umana e divina nel pane e nel vino consacrato.
Che cos’è questa festa del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo? È un incontro con il Signore, è un gesto di comunione con la vita di Cristo, che è reale e presente, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura, comunione con quello che Cristo ha detto e ha fatto nei giorni in cui attraversava la Giudea e la Galilea e predicava, incontrava, parlava. Essere con Cristo significa anche cercare di imitare, in quanto battezzati, ciò che Lui è e ha fatto. In fondo Cristo si è dato giorno per giorno nei piccoli e nei grandi eventi della sua vita, si è dato in pasto a tutti, ha spezzato la sua vita e la sua parola per tutti.
Certo anche allora non tutti lo compresero, neanche i suoi discepoli, ma Gesù è venuto per spezzare il pane, il suo corpo, per versare il suo sangue, la sua vita.
Spezzare e versare per chi ha fame e sete, per chi è nudo, per chi deve essere accolto, come un papà e una mamma spezzano il pane a tavola per dare da mangiare ai propri figli, farli crescere e diventare adulti.
Come una madre che nutre il bambino dando il suo latte, ovvero parte della sua vita, così questa è la festa la comunione con Cristo, condivisione di ciò che siamo, incontro di fraternità. Chi è mio fratello? Chi è mia sorella? Qui, oggi, in questo quartiere, attraverseremo strade, incontreremo persone. Chi sono quelli che ci guarderanno? Chi sono i lontani, gli estranei? Persone con le quali non abbiamo niente a che vedere e a che fare? Eppure sono nostri fratelli e sorelle, in quella umanità e per quella fede che è stata dimenticata e abbandonata.
Nostri fratelli sono i bambini che non riescono a trovare un luogo dove giocare, i giovani che sono stanchi di sognare la propria vita e il loro domani, le tante famiglie in crisi di affetto, amore e donazione, i tanti anziani che dopo una vita di sacrifici si sentono messi da parte. Sono tutti i ponticellesi che vino in questo territorio. Ponticelli è un quartiere difficile, come tanti della nostra Diocesi.
Anche qui, come leggevo stamattina, baby gang, ragazzi che hanno perduto la loro fanciullezza, ragazzi sbandati, vuoti, che hanno perso il senso della loro vita e della loro dignità. Quanti di questi che evadono la scuola, che seminano terrore e paura tra la gente.
Eppure Ponticelli è stato uno dei territori a forte vocazione produttiva, come San Giovanni a Teduccio e Barra: il commercio, l’artigianato, l’agricoltura. E adesso? Il deserto, l’abbandono, nessuno più si occupa e si preoccupa di questi quartieri. E tanta gente ha perso la speranza e la fiducia, si sente spaventata, demotivata.
Ma grazie a Dio, davanti al Signore, davanti a voi che costituite la parte bella della Chiesa, desidero esprimere un ringraziamento soprattutto alle parrocchie, che non si arrendono, che vogliono fare quanto è possibile per essere punti di attrazione, per accogliere, educare, formare, alimentare speranze, soprattutto nei giovani.
L’Eucarestia che noi stiamo celebrando è un seme di speranza nel cuore di tutti, giovani, bambini, anziani, ammalati, carcerati, perché è questo pane che dona la vita, è questo pane che apre i nostri cuori al domani senza mai farci rubare questa speranza, da nessuno. Mettiamo nelle mani e nel cuore di Cristo questi nostri desideri, questo nostro impegno umano e cristiano, di non arrenderci mai! Ognuno, tuttavia, deve fare della sua vita pane che donato agli altri.
La nostra vita, come quella di Cristo, è come pane spezzato che deve alimentare l’intera comunità in cui ci troviamo a vivere, qui a Ponticelli, come altrove. Chi ha ricevuto tanto, può e deve dare agli altri quello che ha avuto.
Maria Santissima, Colei che accolse Dio nel suo seno, che non rifiutò neanche il dolore, la sofferenza e l’incomprensione, colei che seguì il figlio sulla Croce, che è Madre di Dio e Madre nostra, perché quel corpo e sangue sono del Figlio venuto da Lei, continui ad alimentare la nostra fede, a darci speranza e sostenerci nello sforzo di carità verso tutti.
Dio vi benedica, cari fratelli e sorelle, in questa Solennità del Corpo e Sangue di Cristo e, camminando per queste strade preghiamo, cantiamo, inneggiamo per manifestare e testimoniare agli altri che Dio è nostro Padre, che Cristo, nostro fratello, è vivo e presente in mezzo a noi, che lo Spirito Amore ci sospinge a fare della nostra vita uno strumento di carità.
Oggi celebriamo la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, che vogliamo rendere visibilmente reale percorrendo le strade di questo quartiere al termine della celebrazione perché quanti guarderanno il Cristo, vivo e vero nella Santissima Eucarestia, nell’attraversare queste strade sentano il desiderio di contemplare e adorare questo mistero e ringraziare Dio per il dono della sua presenza umana e divina nel pane e nel vino consacrato.
Che cos’è questa festa del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo? È un incontro con il Signore, è un gesto di comunione con la vita di Cristo, che è reale e presente, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura, comunione con quello che Cristo ha detto e ha fatto nei giorni in cui attraversava la Giudea e la Galilea e predicava, incontrava, parlava. Essere con Cristo significa anche cercare di imitare, in quanto battezzati, ciò che Lui è e ha fatto. In fondo Cristo si è dato giorno per giorno nei piccoli e nei grandi eventi della sua vita, si è dato in pasto a tutti, ha spezzato la sua vita e la sua parola per tutti.
Certo anche allora non tutti lo compresero, neanche i suoi discepoli, ma Gesù è venuto per spezzare il pane, il suo corpo, per versare il suo sangue, la sua vita.
Spezzare e versare per chi ha fame e sete, per chi è nudo, per chi deve essere accolto, come un papà e una mamma spezzano il pane a tavola per dare da mangiare ai propri figli, farli crescere e diventare adulti.
Come una madre che nutre il bambino dando il suo latte, ovvero parte della sua vita, così questa è la festa la comunione con Cristo, condivisione di ciò che siamo, incontro di fraternità. Chi è mio fratello? Chi è mia sorella? Qui, oggi, in questo quartiere, attraverseremo strade, incontreremo persone. Chi sono quelli che ci guarderanno? Chi sono i lontani, gli estranei? Persone con le quali non abbiamo niente a che vedere e a che fare? Eppure sono nostri fratelli e sorelle, in quella umanità e per quella fede che è stata dimenticata e abbandonata.
Nostri fratelli sono i bambini che non riescono a trovare un luogo dove giocare, i giovani che sono stanchi di sognare la propria vita e il loro domani, le tante famiglie in crisi di affetto, amore e donazione, i tanti anziani che dopo una vita di sacrifici si sentono messi da parte. Sono tutti i ponticellesi che vino in questo territorio. Ponticelli è un quartiere difficile, come tanti della nostra Diocesi.
Anche qui, come leggevo stamattina, baby gang, ragazzi che hanno perduto la loro fanciullezza, ragazzi sbandati, vuoti, che hanno perso il senso della loro vita e della loro dignità. Quanti di questi che evadono la scuola, che seminano terrore e paura tra la gente.
Eppure Ponticelli è stato uno dei territori a forte vocazione produttiva, come San Giovanni a Teduccio e Barra: il commercio, l’artigianato, l’agricoltura. E adesso? Il deserto, l’abbandono, nessuno più si occupa e si preoccupa di questi quartieri. E tanta gente ha perso la speranza e la fiducia, si sente spaventata, demotivata.
Ma grazie a Dio, davanti al Signore, davanti a voi che costituite la parte bella della Chiesa, desidero esprimere un ringraziamento soprattutto alle parrocchie, che non si arrendono, che vogliono fare quanto è possibile per essere punti di attrazione, per accogliere, educare, formare, alimentare speranze, soprattutto nei giovani.
L’Eucarestia che noi stiamo celebrando è un seme di speranza nel cuore di tutti, giovani, bambini, anziani, ammalati, carcerati, perché è questo pane che dona la vita, è questo pane che apre i nostri cuori al domani senza mai farci rubare questa speranza, da nessuno. Mettiamo nelle mani e nel cuore di Cristo questi nostri desideri, questo nostro impegno umano e cristiano, di non arrenderci mai! Ognuno, tuttavia, deve fare della sua vita pane che donato agli altri.
La nostra vita, come quella di Cristo, è come pane spezzato che deve alimentare l’intera comunità in cui ci troviamo a vivere, qui a Ponticelli, come altrove. Chi ha ricevuto tanto, può e deve dare agli altri quello che ha avuto.
Maria Santissima, Colei che accolse Dio nel suo seno, che non rifiutò neanche il dolore, la sofferenza e l’incomprensione, colei che seguì il figlio sulla Croce, che è Madre di Dio e Madre nostra, perché quel corpo e sangue sono del Figlio venuto da Lei, continui ad alimentare la nostra fede, a darci speranza e sostenerci nello sforzo di carità verso tutti.
Dio vi benedica, cari fratelli e sorelle, in questa Solennità del Corpo e Sangue di Cristo e, camminando per queste strade preghiamo, cantiamo, inneggiamo per manifestare e testimoniare agli altri che Dio è nostro Padre, che Cristo, nostro fratello, è vivo e presente in mezzo a noi, che lo Spirito Amore ci sospinge a fare della nostra vita uno strumento di carità.
Dio vi benedica e ‘a Madonna v’accumpagne!
* Arcivescovo Metropolita di Napoli