Eustachio Montemurro
Gravina, 1 gennaio 1857 - 2 gennaio 1923
Profilo biografico
Eustachio Montemurro nacque a Gravina il 1° gennaio 1857, secondogenito di Giuseppe notaio originario di Matera, e di Giulia Barbarossa. Studiò nella casa dei nonni materni a Minervino Murge, presso la scuola dello zio il canonico Federico.
Il giovane Eustachio lasciò la casa dei nonni per seguire il padre a Gravina in seguito ai lutti che avevano colpito la sua famiglia. Completò brillantemente gli studi ginnasiali a Minervino e al Liceo Duni di Matera. Gli anni materani furono importanti per la formazione umana e spirituale di Eustachio, soprattutto per la quotidianità vissuta con gli zii paterni Pasquale e Raffaella estremamente poveri; così egli poté così conoscere da vicino gli effetti della miseria sulla vita delle persone, orientandolo verso una diversa attenzione ad ogni forma di indigenza.
Nel 1875 si iscrisse alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Napoli e si laureò nel 1881 con lode. Rientrato a Gravina, scelse di occuparsi specialmente degli umili e dei diseredati chiedendo ed ottenendo dall’amministrazione comunale l’assegnazione della condotta nelle frazioni gravinesi più povere ed emarginate.
Costatando l’inadeguatezza e la carenza delle strutture sanitarie il suo impegno sociale non si limitò solo alla cura dei poveri ed all’esercizio della professione medica; egli volle fortemente coinvolgere i suoi colleghi e le autorità cittadine nella costituzione di un’Associazione medico chirurgica e di un Dispensario gratuito sempre aperto. Il suo impegno civico si concretizzò anche nella sua attiva presenza nel Consiglio comunale gravinese, dove diede un generoso impulso ai temi della salute pubblica e dell’istruzione. Inoltre, il suo impegno costante nella gestione delle opere sociali volute dalla Congregazione di carità, gli valse l’illimitata fiducia del Consiglio comunale che nel 1895 lo designò alla carica di presidente.
Durante una grave infermità, Eustachio Montemurro nel 1890 ebbe una visione: i santi Cosimo e Damiano, vestiti con l’abito talare, gli si presentarono mandati dal Signore. Svegliatosi, comunicò ai presenti il suo proposito di farsi sacerdote se, con l’intercessione della Madonna, fosse guarito.
Così, guarito, il 17 dicembre 1902 il medico Eustachio espresse il desiderio di abbracciare la vita sacerdotale al vescovo della diocesi di Gravina e Irsina che lo ordinò sacerdote il 24 settembre 1904
Gli ideali e gli alti valori spirituali di don Eustachio erano pienamente condivisi dal suo confessore don Saverio Valerio, ed insieme vivevano una fedeltà eroica e senza mezzi termini a favore dell’evangelizzazione e degli emarginati. Ciò, però, causò loro l’opposizione della maggioranza del clero e del vescovo Zimarino, tanto che i due sacerdoti, ottenuto l’assenso pontificio, si trasferirono a Pompei. Essi si dedicarono con zelo ed abnegazione al ministero pastorale caratterizzando il proprio operato con sacrifici, preghiera, lunghe ore nel confessionale, catechesi ai fanciulli e agli adulti, missioni popolari, visite alle famiglie più emarginate nella campagna e nelle periferie, cura e amministrazione dei sacramenti agli infermi e moribondi soprattutto della febbre spagnola.
Alla fine del 1922 Monsignor Sanna, nuovo vescovo di Gravina, invitò don Eustachio a rientrare in Diocesi; ma egli, chiese di terminare i suoi giorni accanto alla Vergine di Pompei che «se lo prese vicino negli anni più difficili per essere la sua consolatrice, come fu consolatrice del suo Figlio Gesù presso la Croce» (Card. Ugo Poletti)
Il 2 gennaio 1923 assistito da don Saverio, solo e lontano dalle sue figlie spirituali, si unì a Cristo suo Diletto.
La brama di salvare «il maggior numero possibile di anime», nella devozione al Sacro Cuore di Gesù, spinse Don Eustachio a fondare due Istituti che potessero concretizzare il suo anelito rispondendo alle indicazioni pastorali di san Pio X.
Don Eustachio, nel marzo del 1905 intraprese il “viaggio d’amore in cerca del Diletto” il cui epilogo confermò l’ispirazione alla fondazione dei due Istituti, ottenendo dai vescovi Mons. Maiello e Mons. Zimarino l’approvazione orale, ad iniziare quanto aveva in animo.
Il 18 aprile 1905 don Eustachio, dopo aver soccorso una giovane, Angela Cavalluzzi, chiese ed ottenne il permesso del vescovo, per dar inizio all’istituto femminile dedito alle vedove abbandonate. In alcuni locali affittati nel palazzo Guida vi fece trasferire Chiara Terribile, e Maria Lucia Visci che presero rispettivamente il nome di sr. Addolorata e sr. Maria Immacolata. Iniziava una rudimentale vita religiosa, probabilmente dal 1° maggio del 1908. Il nascente Istituto, ebbe il titolo di “Ancelle di S. Rita” che poi mutò in “Figlie del Sacro Costato”.
Le Figlie del S. Costato si trasferiscono a palazzo Loglisci considerata la “Betlemme” dell’Istituto, e passarono nell’ex convento Santa Sofia