Giovedì Santo – In Cena Domini

17 aprile 2014 -l'Omelia del Cardinale Sepe

“Di null’altro mai ci gloriamo se non della croce di Gesù Cristo, nostro  Signore”. (Ant. Ingr.).  Cari fratelli e sorelle,
   Nella celebrazione eucaristica di questa sera, riviviamo il clima del Cenacolo, nel quale il Signore Gesù ci fece dono dell’istituzione dell’Eucaristia e del sacerdozio ministeriale, e ci diede il comandamento nuovo dell’amore vicendevole. Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”. Amore totale che esprime la volontà di Gesù di andare fino in fondo, costi quel che costi. È la vetta di un amore che si spinge fino al dono della vita, bene supremo di ogni uomo. Oltre non si può andare.
 La celebrazione del Giovedì Santo ci insegna che questo amore si manifesta e si concretizza in un grande spirito di servizio: l’Eucaristia, il sacerdozio ministeriale, il Precetto nuovo, sono atti di amore, inteso come servizio, come un darsi totalmente agli altri. Diversamente, i doni offertici nell’ultima Cena non avrebbero senso. Emblematico è il gesto della lavanda dei piedi, un gesto che il Maestro compie perché si scolpisca a fuoco nella mente dei discepoli. Gesù si alza da tavola, depone le vesti, si cinge un asciugatoio attorno alla vita, poi prende dell’acqua e comincia a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio. Pietro reagisce esprimendo il disappunto per un gesto che, nella cultura e nelle abitudini di quel tempo, spettava ai servi. Sostituendosi ai discepoli, Gesù insegna che lui è veramente il Servo di Jahvè, l’Agnello che dona se stesso a favore degli altri, di tutta l’umanità.
 Dopo aver compiuto questo gesto, Gesù ci dà il comandamento dell’amore quasi a voler sacramentalizzare lo stesso gesto che, perciò, va rifatto dai suoi discepoli: “Sapete ciò che vi ho fatto?”, domanda ai discepoli. Gesù ha compiuto un atto di amore e di servizio che va continuato: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli” (Gv 13, 34-35).
 Amare e mettersi a servizio degli altri è la condizione necessaria per essere discepoli di Gesù e poter prendere parte alla sua stessa vita. Così l’istituzione del sacerdozio universale è un dono dato ad alcuni perché questi donino la loro vita ai fratelli; come pure l’istituzione dell’Eucaristia, che è un “pane spezzato per la vita del mondo. Con le parole “fate anche voi come ho fatto io”, Gesù istituisce il servizio, elevandolo a legge fondamentale, a stile di vita, a modello di tutti i rapporti nella Chiesa. Ma il servizio che ci chiede il Signore non è come  quello del mondo; ad esempio, come quello del commerciante che serve i clienti. Il servizio che il Maestro ci comanda è tutt’altra cosa. La differenza è nelle motivazioni, nell’atteggiamento interiore. Il “servizio” cristiano scaturisce dall’amore, che è donazione agli altri, soprattutto ai più poveri e bisognosi, ma è anche fatto con gratuità e generosità, senza nessun tornaconto o interesse personale.
  La carità cristiana come servizio, però, non è solo gratuità, ma anche umiltà, come ci ha mostrato Gesù nell’atto di lavare i piedi dei suoi discepoli.
 Egli si è abbassato, è disceso dal cielo per servire, per donarsi a tutti noi, fino a mettersi in ginocchio e lavare i nostri piedi. Se così ha fatto Gesù, così dobbiamo fare noi, lavandoci i piedi, cioè amandoci e mettendoci a servizio gli uni gli altri. Carità e umiltà, insieme, formano il servizio evangelico; sono la via regia per somigliare al Signore, per praticare il sacerdozio, per imitare l’Eucaristia nella nostra vita personale.
 Ispirati da questa fede e in obbedienza al comando di Gesù, anche noi, tra poco, laveremo i piedi di alcuni fratelli che, nella detenzione carceraria, hanno bisogno della nostra carità e del nostro servizio per essere aiutati a superare le numerose e dolorose difficoltà. Con questo gesto e con gesti concreti di solidarietà, impariamo ad amarli e ad accompagnarli nella loro sofferenza.
 Maria SS.ma, la serva del Signore, ci  insegni la carità e l’umiltà per assomigliare sempre meglio al Suo Figlio Divino, mettendoci al servizio di tutti, con impegno e generosità.
   ‘A Maronna c’accumpagna

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