Il Cardinale Sepe all’inizio dell’anno scolastico 2009-2010

la scuola è il futuro; la scuola è la prima palestra , dopo la famiglia, in cui si impara ad essere tolleranti

Il Cardinale Sepe all’inizio dell’anno scolastico 2009-2010Domani le nostre scuole riaprono i battenti, pronte a ricominciare. Tra polemiche e consensi, difficoltà oggettive e buoni propositi inizia l’avventura, quella decisiva nella formazione dei nostri ragazzi. Dagli alunni più piccini della scuola materna ai bambini delle elementari che hanno già delineato il loro carattere, a quelli più fragili delle medie, ai più maturi delle superiori, tutti avranno modo di sperimentare quanto una comunità possa favorire la crescita di tutti e di ciascuno.
La scuola di ogni ordine e grado, indipendentemente dagli specifici indirizzi formativi, rimane, mai come oggi, una fondamentale agenzia educativa. In questo tempo in cui tante famiglie sono prese da mille problemi che spesso ne minano la serenità e la coesione;  nel vuoto sempre più accentuato di valori etici e civili; oggi che la crisi economica sembra aver modificato ulteriormente gli equilibri sociali e compromesso le auspicate prospettive di sviluppo, la scuola è il futuro. Dai dirigenti ai docenti, ai collaboratori scolastici, tutti hanno il gravoso e insostituibile compito di restituire ai bambini, ai ragazzi, ai giovani la voglia di sognare, il desiderio di farcela. La scuola non è un’azienda che produce profitto e la validità del lavoro svolto non si misura soltanto in termini di competenze, di nozioni e di abilità acquisite. Certamente è fondamentale la formazione nelle singole discipline per interiorizzare contenuti, per crescere nella conoscenza e nella preparazione, per appropriarsi dei linguaggi specifici e degli strumenti che consentiranno un domani di accedere ai diversi mestieri e alle varie professioni.
Tuttavia, ogni insegnante sa bene che non c’è apprendimento e non può esservi interesse allo studio se non c’è motivazione, se non si è in grado di spezzare la spirale del pessimismo e del disfattismo. Dai più piccoli ai più grandi, tutti i ragazzi in età scolare hanno bisogno soprattutto di ritrovare fiducia in se stessi, nelle proprie capacità, fiducia negli altri, nel domani. La scuola è la prima palestra, dopo la famiglia, in cui si impara ad essere tolleranti, a capire gli altri e ad averne rispetto, a cogliere i valori essenziali della persona umana, a convivere con quelli che ci sono simpatici e con quelli che non ci sono simpatici, con quelli che la pensano come noi e con quelli che sono lontani dal nostro modo di vedere le cose. E’ la prima palestra in cui si dimostra concretamente di saper rispettare non solo le regole della comunità, ma anche chi è diverso da noi per costituzione, per cultura, per fede. La scuola indubbiamente, mai come in questi ultimi anni, si è posta come obiettivo primario l’educazione alla cittadinanza, alla legalità, al rispetto dell’ambiente, ma forte è il bisogno di insistere anche sull’educazione all’accoglienza e alla solidarietà.
La scuola può aprire i cuori anche di quelli che al di là della giovane età sembrano duri, può educare alla collaborazione fattiva e alla leale competizione contro ogni prevaricazione e accaparramento di privilegi, può aiutare a capire che bisogna crescere insieme nel giusto riconoscimento dei meriti e nel rispetto di chi non ce la fa. Ogni insegnante sa che  potrà essere per i suoi alunni un punto di riferimento nei difficili momenti della crescita o un bersaglio su cui scagliare frustrazioni e insuccessi, ma in ogni caso sarà un modello, simbolo di quel mondo adulto in cui i ragazzi si preparano ad entrare e che talvolta risulta loro impenetrabile, incomprensibile, ostile e arrogante.
So bene quanto sia difficile oggi lavorare nelle scuole e non solo quelle “a rischio”: ogni zona, ogni quartiere ha le sue problematiche legate all’ambiente, alla realtà sociale, al degrado o al troppo benessere; ogni alunno porta a scuola ogni mattina i guasti interiori e comportamentali causati a volte da famiglie disgregate, dalla povertà, da insoddisfazioni e ingiustizie piccole o grandi, dal ritmo di una società convulsa che troppo spesso, attenta al mercato, dimentica il valore inestimabile, le problematiche e le attese dei bambini, dei ragazzi, dei giovani.
So altrettanto bene quanto lavoro ci sia dietro un’ora di lezione, quanta fatica, quante responsabilità, quante emozioni, ma anche quanta sofferenza da parte di chi svolge la sua missione di docente con impegno, con serietà e con amore, nonché da parte di chi avendo scelto di dedicare la sua vita alla scuola oggi rischia di vedere compromesse le proprie prospettive professionali ed il proprio futuro lavorativo.
A tutti va la mia comprensione, la mia vicinanza, la mia particolare attenzione e ammirazione, mentre a tutti –alunni, docenti, dirigenti e personale scolastico- auguro veramente di cuore buon anno con l’auspicio che il sogno di un percorso di vita proficuamente fatto insieme per crescere e per far avanzare la società intera  sia la linea guida di tutti e di ciascuno.
Domani si aprono le porte della scuola, da domani il futuro della nostra storia è nelle vostre mani. La speranza di un mondo migliore è cosa che vi riguarda, che ci riguarda: non lasciamoci rubare  questa speranza.
                                                                                                                                                                                 Crescenzio Card. Sepe                                                                                                                                                                         Arcivescovo metropolita di Napoli

condividi su