Il dopoguerra

I molti problemi sociali del primo dopoguerra e i riflessi che provocarono nella realtà del mondo universitario furono al centro dell’interesse della Fuci, soprattutto per quanto riguardava il reinserimento dei combattenti nella vita civile, l’adeguamento degli studi universitari allo sviluppo della società, la crisi dei valori morali e culturali che investiva il mondo giovanile.
Sul piano più strettamente politico non mancarono, grazie soprattutto a figure significative del popolarismo, quali Francesco Luigi Ferrari e Giuseppe Spataro, rapporti e legami con il partito popolare di Luigi Sturzo. Legami, tuttavia, che vennero fortemente allentati a partire dal 1922, quando in seno all’associazione sembra prevalere un orientamento più prudente e in parte agnostico nei confronti della politica. Nella Fuci non si coglie, in quegli anni cruciali della vita politica nazionale, che videro la crisi dello stato liberale e l’avvento del fascismo, una particolare attenzione nei confronti del delicato processo destinato a segnare l’avvento di un regime totalitario. Non si può non cogliere, in quel momento, nella Fuci e nelle organizzazioni di Azione Cattolica, una debole attenzione per la sterzata che il paese stava vivendo sul piano politico e per il dramma che stava travagliando il partito popolare. Più tardi, un ex presidente della Fuci come Francesco Luigi Ferrari, che aveva pagato con l’esilio la sua coerenza di cattolico democratico e di antifascista, avrebbe aspramente rimproverato i suoi amici fucini per quell’atteggiamento che gli appariva quasi accondiscendente nei confronti di un regime la cui ideologia negava i valori del cristianesimo.
Tuttavia , proprio quella posizione per molti aspetti agnostica, assunta dalla Fuci, consentì all’associazione degli universitari cattolici di continuare a far sentire la sua presenza nella vita universitaria e culturale del paese, assumendo posizioni che non erano certamente in linea con i postulati del fascismo. In altre parole, la Fuci riuscì ad uscire indenne dal clima repressivo che colpì le altre organizzazioni universitarie non fasciste, a essere comunque espressione di indirizzi culturali del tutto estranei ed in alcuni casi antitetici rispetto ai modelli che ispiravano le posizioni e le scelte degli universitari fascisti organizzati nei Guf (Gruppi universitari fascisti).
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