Dal Vaticano II, lecclesiologia di comunione ha chiarito le modalità di partecipazione alla vita della Chiesa. «Il Vescovo è il principio di unità e di universalità del suo presbiterio, che comprende sacerdoti sia diocesani che religiosi. Egli unifica e coordina il contributo attivo di tutti i membri del Popolo di Dio, tenendo conto dei loro carismi e promuovendone la corresponsabilità» (XXX Sinodo, 252).
«Unifica e coordina», in altri termini il Vescovo rende chiaro un percorso condiviso. La grande responsabilità delle sue scelte passa attraverso un metodo di partecipazione che vede coinvolto tutto il Popolo di Dio, a cui lo Spirito lha inviato. Sarebbe inutile e dannosa retorica parlare di comunione nella vita della diocesi se ogni decisione venisse avvertita come calata dallalto, determinata da una volontà cieca e sorda. Come ho ribadito nella lettera inviata ai sacerdoti il giovedì Santo, e nellomelia del giorno delle ordinazioni sacerdotali, «la cooperazione pastorale, che non è frutto soltanto di organizzazione e di coordinamento, può essere autentica soltanto se deriva dalla comunione fraterna».
Il cambiamento, che come si evince dalla lettura dei questionari, è auspicato quasi da tutti, non può che partire da un cambiamento di metodologia pastorale.
Il metodo è unito strettamente ai contenuti ai contenuti. Il cosa deve coniugarsi con il come e pertanto, se davvero si vuol dare ascolto e valore alle idee di rinnovamento, è necessario comprendere come il cambiamento debba essere veicolato.
Tutte le idee possono essere esaltanti, ma sarebbero drammaticamente impoverite se non passassero attraverso un faticoso lavoro di individuazione di prassi capaci di incarnarle nel vissuto specifico in cui siamo chiamati a lavorare. Il cambiamento è unaspirazione, il metodo è una necessità: fare comunione è innanzitutto individuare un metodo di partecipazione.
A questo proposito, la necessità di evitare una forzata uniformità mi indusse a scrivere nel mio primo messaggio alla città che «se Napoli è una Diocesi con tante città, allora bisognerà prendere atto della differenza Essere Chiesa a Napoli è essere Chiesa dellunità nella differenza delle situazioni e dei luoghi». «Si devono dunque sviluppare, nella particolarità del vissuto napoletano, delle tante Napoli che la Diocesi nasconde, progetti specifici e articolati per ogni zona che, nello spirito dellunità e in linea con le indicazione della CEI, sappiano coniugare le attese universali della Chiesa con i bisogni particolari di ogni specifico contesto della nostra Diocesi».
La pastorale del territorio deve basarsi su un metodo che, per il bene comune di tutti, faccia tesoro della ricchezza e delle potenzialità delle singole parrocchie, delle enormi e differenti esperienze di sacerdoti e laici presenti nella Chiesa di Napoli, della testimonianza di quanti da sempre, con fatica e entusiasmo, annunciano il Vangelo nella nostra terra.
Ciò che occorre non è una nuova proposta ideale, ma piuttosto una rinnovata volontà di sintesi e capitalizzazione del lavoro già in atto che, a volte, per incapacità di comunicazione e di comunione, si disperde nei rivoli dellindividualismo. Il piano pastorale, quando nascerà, sarà quindi uno strumento di unità determinato da una provocazione del Vescovo, nata dallindividuazione e dallo studio del territorio specifico e dalla valutazione delle esperienze già in atto nelle parrocchie e nei decanati. Pertanto, struttura indispensabile e irrinunciabile dellecclesiologia di comunione è, e sarà ancora, la parrocchia.
Cellula della diocesi, che annuncia la carità di Cristo, essa è la prima struttura che garantisce sul territorio la presenza della Chiesa. Tuttavia, dato che oggi il territorio è per lo più disarticolato, fragile, difficilmente governabile da una sola parrocchia e molto più ampio di quello determinato dai confini delle singole parrocchie, il progetto pastorale deve prevedere necessariamente la comunione tra diverse parrocchie, così da garantire a quel particolare contesto territoriale strutture, servizi, presenza.
In questo senso ritengo necessaria lesperienza di comunione nei decanati, potenziando e precisando meglio lo statuto e larticolazione dei decanati.