LA BELLEZZA DELL’INCONTRO CON L’ALTRO/A

Seconda Lettera di Avvento 2022

Ecco il testo della Lettera di Don Mimmo Battaglia:

“Paolino, amico mio carissimo,
dopo il nostro incontro di domenica scorsa in Cattedrale ho pensato di scrivere a te questa seconda lettera di Avvento. Non ti nascondo che sono stato molto contento di vederti e di iniziare insieme a te questo tempo di attesa.
Ricordo ancora il nostro primo incontro in quella bellissima chiesetta della periferia di Napoli. Ricordo la tua gioia. E ricordo la condivisione del tuo sogno, di quella cura che tu sogni per i tuoi amici. Fui commosso da quanto mi raccontasti: tu, inchiodato su una carrozzina, bisognoso di ogni tipo di cura, non chiedesti qualcosa per te ma mi affidasti le persone che si prendono cura della tua vita, mi chiedesti di non lasciarli soli, di pregare per loro, di sostenerli con la mia presenza in un momento difficile per il loro cammino. E io ti sono grato, Paolino, perché tu, nella semplicità e purezza del tuo cuore, mi hai consegnato il senso vero della relazione; mi hai insegnato che chi fa fatica, chi soffre, chi è povero, non sogna mai solo per se stesso ma sogna anche per gli altri, sogna anche per conto terzi. Sembra quasi che tu mi abbia consegnato il senso di quello che significa preparare la via del Signore, raddrizzare i suoi sentieri. Sembra quasi che tu mi abbia restituito il senso di quel germoglio che spunterà dal tronco di Iesse. Quel germoglio è profezia di Dio. I suoi doni sono i doni dello Spirito. I suoi frutti sono i frutti dell’amore. Tu, Paolino, sei quel germoglio. Il ceppo della tua vita, quel tuo tronco segnato dalla sofferenza è attraversato da una linfa perenne: la promessa di Dio. Il tuo sogno è profezia di Dio per la nostra vita.
Isaia, nel pensare al Paradiso, racconta delle relazioni “improbabili” tra animali domestici e selvatici, tra prede e predatori. Tra queste inserisce, poi, l’immagine di un bambino, di una vita nuova. Ed è proprio questo Bambino che rende possibile le relazioni tra mondi apparentemente inconciliabili, in guerra l’uno con l’altro. È nella relazione con questo Bambino, fragile ma potente nell’amore, che possiamo imparare anche noi a relazionarci gli uni gli altri e a restaurare quelle relazioni che possono sembrare perdute.
Restaurare. Ridare vita. Guarire le nostre relazioni. Passi concreti, che hanno il sapore della speranza ma anche il retrogusto della fatica. Penso a quelle relazioni appesantite dalle incomprensioni, dai litigi, dai non detti, dall’incapacità di accorgersi dei bisogni più profondi dell’altro. E penso anche a quelle relazioni andate avanti sulla scia delle abitudini, in cui non ci si è presi realmente cura gli uni degli altri, in cui non ci si è fatti carico di quei cambiamenti necessari e di quelle correzioni indispensabili.
C’è ancora speranza, caro Paolino, per queste relazioni? Io penso di sì nella misura in cui saremo capaci di fare tre passi molto concreti. Il primo passo, scusa il gioco di parole, sta nella capacità di fare il primo passo, non vivendo più la relazione da spettatore, lasciando che sia il mare a portarla dove vuole, ma afferrandone il timone attraverso il dialogo, l’ascolto, la parola, il confronto. Quanti problemi avremmo evitato, quante cancrene saremmo stati capaci di prevenire se invece di lasciar correre, se invece di aspettare che le cose si aggiustassero da sole avremmo usato la sfida del dialogo!
Il secondo passo è quello di comprendere le ragioni dell’altro. Anche quando non le si condivide, anche quando sono lontane dalla nostra realtà, dal nostro pensare, dal nostro sentire. Comprendere l’altro significa dargli diritto di cittadinanza nella nostra vita, entrare realmente nel suo mondo, scoprendo il suo punto di vista, imparando che anche dove a volte pensiamo che ci siano solo torto ed errore, ci possono essere ragione e verità. Questo ci aiuta a capire che la verità non è qualcosa che appartiene solo a noi e che i primi ponti da costruire sono quelli che riguardano la nostra capacità di creare comunione con chi è diverso da noi.
Il terzo passo è quello di trovare, tra le tante cose che ci dividono e ci separano, ciò che ci unisce nel profondo. Il diventare uomo di Dio in Gesù manifesta proprio il suo farsi uno con ciascuno di noi, il suo desiderio di condividere la nostra carne, il nostro sangue abbattendo ogni muro di separazione. Quante volte nei nostri litigi dimentichiamo l’amore che ci unisce, volendo primeggiare gli uni sugli altri, o semplicemente volendo far valere a tutti costi quelle che sono le nostre ragioni. Così le relazioni diventano una vera e propria gara, una corsa per la vittoria in cui al centro vi è l’affermazione di me, del mio bisogno ma non dell’altro e della bellezza dello stare insieme. Spero davvero che questo Tempo di Avvento possa essere l’occasione per un restauro entusiasta delle nostre relazioni affinché tornino a splendere sotto la luce della stella di Betlemme.
Tu, Paolino, mi hai insegnato che questo è possibile nella misura in cui usciamo dal recinto gretto delle nostre pretese e incontriamo l’altro nella sua bellezza, grati per la sua presenza nella nostra vita. Può essere l’altro che ci appartiene, al quale apparteniamo, quello che aspetti, che ti aspetta. Può essere l’altro con cui lavori, lo sconosciuto che incontri per caso e che forse non rivedrai mai più, l’amico col quale sorseggi il caffè al bar il mattino presto. Può essere una bellezza quotidiana, consueta, oppure una bellezza insolita, inaspettata che non abbiamo mai conosciuto.
La bellezza dell’incontro con l’altro. Costante oppure occasionale, che si realizza o che resta sospesa, incompiuta, attesa o inattesa, attenta o distratta. La bellezza dell’incontro con l’altro si esprime con uno sguardo, una stretta di mano, un sorriso, un abbraccio, un pensiero.
Caro Paolino,
verrà un giorno, e sappiamo bene che verrà,
in cui non avremo più paura dell’altro,
in cui non ci sarà più bisogno di lottare per le nostre ragioni,
in cui daremo valore soltanto all’amore dato e ricevuto,
in cui l’intero universo sarà addomesticato all’amore.
In quel giorno capiremo che ogni relazione vissuta nella gratuità dell’amore rimane in eterno, superando le distanze, il tempo e vincendo sulle contraddizioni dei nostri egoismi.
Vincerà la mitezza dell’infanzia con la sua immensa fragilità,
vincerà su ogni forma di prepotenza,
vincerà perché ogni forma di violenza si autodistruggerà,
vincerà perché sarà più forte la capacità di amare e sognare.
È la forza della vita, e siamo certi che sarà così. Continua a vivere di relazioni, Paolino, continua a custodirle con cura.
Affidale al Signore e affida anche ciascuno di noi perché impariamo a metterle al primo posto; sono il nostro bene più prezioso. In fondo, è per relazionarsi ancor meglio con noi che Lui stesso si è fatto carne. E, in Lui, ogni relazione ferita può tornare allo splendore dei primi giorni.
Grazie, Paolino per il tuo sogno. Grazie per la tua vita. Grazie per la tua relazione con Dio. E grazie per tutto quanto hai condiviso con me.
† don Mimmo

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