Ecco il testo della Lettera:
“Caro Renato,
scrivo a te, agli albori di questo nuovo Tempo di Avvento che ci è donato, ripensando al nostro incontro di domenica scorsa. Ho ascoltato con molta attenzione quanto hai voluto condividere con noi durante la Giornata diocesana dei Giovani e, ancora una volta, ti dico grazie! Per quello che sei. Per le scelte che hai operato. Per il tuo coraggio. Sai, Renato, io credo che decidere di tornare a Napoli è stato un gesto coraggioso. In questa terra ti sei formato all’interno di una famiglia che ti ha messo nel cuore un seme di vangelo. Poi c’è stato un tempo lungo che ti ha portato in giro per il mondo affinché quel seme potesse germogliare. E sei arrivato, così, a una scelta importante: portare frutto nella terra che ti ha generato. Aver coniugato l’economia alla terra e la creatività che ti contraddistingue, ti hanno portato ad accogliere una sfida: fare impresa a Napoli, nell’agricoltura di innovazione, custodendo la nostra casa comune. Avrai imparato dai ritmi della terra che c’è il tempo della semina e il tempo del raccolto, e tutto il resto è custodire. Proprio per questo immagino la comunità ecclesiale come un luogo privilegiato in cui poter custodire i tuoi sogni affinché crescano come il seme, fino a diventare frutto. L’attesa del raccolto è sempre faticosa, perché è un’attesa laboriosa. E io vorrei che tu ci sentissi al tuo fianco non per insegnarti qualcosa, ma per imparare da te la cura e il rispetto del creato che ci è donato, ad agire con ritmi più vicini al battito del pianeta.
In questa tua storia, in quanto ci hai raccontato a cuore aperto, mi sembra di scorgere proprio i segni di un’attesa, attesa che nasce da un sogno che chiede di diventare segno, attesa che nutre di speranza il nostro cammino e ci invita a non arrenderci, a non fermarci al primo ostacolo, ma a provare a scorgere l’alba di un giorno nuovo anche dentro alle notti più buie. Un’attesa che si nutre della cura di quel seme piantato nel cuore di ciascuno di noi, della sua custodia, del paziente innaffiarlo giorno dopo giorno perché germogli e porti frutti di vita buona.
È necessario essere attenti per poter vegliare. È necessario svegliarsi dal torpore di una vita spenta e mediocre per poter riaccendere i desideri del cuore. È necessario sapersi attesi per poter attendere. E noi, Renato, ciascuno di noi è l’attesa di Dio. Il Signore si fida di noi e affida alle nostre mani e al nostro cuore la cura di quella casa comune fatta di volti, storie, di sguardi che si intrecciano, di vite che si intessono, di strade che si intersecano tra loro per dire a noi stessi e al mondo che insieme si può fiorire meglio, che si può vivere da innamorati che attendono l’amato sapendo di essere essi stessi amati, che i sogni possono diventare segni. Come quello che ci hai raccontato tu, Renato.
Vorrei invitarti, allora, alla pazienza e alla custodia. Vorrei invitare te e tutti, ogni umo e ogni donna di questa amata terra, alla pazienza e alla custodia. Vorrei invitarvi all’amore. Vorrei invitarvi a scorgere in quel sogno che abita dentro di voi, il sogno che Dio tesse per la vostra vita. Che il vostro sogno sia impregnato di Dio. Che il vostro cuore sia pregno di Lui. Del desiderio di vederlo germogliare in ogni frutto che la terra, qualunque essa sia, vorrà donarvi. Nella certezza che lui verrà e che dove c’è lui sboccia la bellezza.
Sii paziente, Renato, e fatti custode. Sii paziente, Chiesa mia, e fatti custode. E non pensare mai che quei frutti saranno solo per te. Lascia che chiunque possa innamorarsi della tua terra e del tuo sogno. Permetti a chiunque di essere custode insieme a te. Sii capace di attendere insieme al fratello e alla sorella che ti sono accanto.
Vegliate: il vangelo di questa prima domenica di Avvento sembra quasi dirci che quell’attesa non possiamo viverla da soli, che quel sogno non può essere ridotto solo a quello che vediamo noi. Vegliate. Fatelo insieme. Facciamolo insieme. Tu, Renato, insieme ai tuoi amici. Giovani insieme ad altri giovani. Giovani che sono comunità, giovani che fanno comunità. Sarà questo il frutto più bello della nostra attesa condivisa: esserci messi insieme per sognare sentieri di bene, per gettare semi di bellezza, per rendere la nostra Chiesa casa in cui ognuno possa sentirsi accolto e custodito. Possa sentirsi atteso.
E, se è vero che ogni volto è specchio del Volto, nell’attesa di ogni fratello e di ogni sorella potremo imparare a scorgere l’attesa di Dio. È Dio che ci attende per primo e noi abbiamo bisogno di questa attesa. Abbiamo bisogno di sapere che nessuno sforzo sarà vano, che nessuna lacrima andrà persa, che nessuna fatica sarà inutile. Verrà e sarà carezza sul cuore. Verrà e sarà calore che avvolge. Verrà e sarà gioia piena e senza fine.
“Dicono che c’è un tempo per seminare
E uno più lungo per aspettare
Io dico che c’era un tempo sognato
Che bisognava sognare”
(Ivano Fossati, C’è tempo)
È il nostro tempo. È il tempo dei sogni seminati, dei passi condivisi, dei segni concreti. È il tempo dell’attesa. È il tempo della pazienza. È il tempo della custodia. È il tempo della cura che genera la comunità, che cammina e cresce insieme. È il tempo dell’amore. È il nostro tempo.
Buon tempo, Renato. Buon tempo, miei amati giovani. Buon tempo, buon Avvento mia Chiesa.
†don Mimmo“