La Celebrazione Eucaristica

Le Norme pastorali ribadiscono anzitutto la centralità dell’Eucaristia domenicale.
«La celebrazione Eucaristica domenicale è il centro della vita cristiana e dell’azione pastorale della comunità.
Pertanto, in quanto sacramento della comunità, l’Eucaristia domenicale deve essere celebrata soltanto nelle parrocchie e nelle chiese aperte al culto pubblico e per un numero cospicuo di fedeli.
Si fa divieto, pertanto, di celebrare l’Eucaristia domenicale nelle cappelle, nelle congreghe, negli oratori interni degli istituti religiosi che non siano case di riposo, o per gruppi speciali, tranne che per ritiri spirituali e convegni»(n. 66).
Senza l’Eucaristia domenicale, i cristiani sono “cristiani a rischio”;corrono, infatti, il rischio di vedere progressivamente affievolita la loro fede. Forse ci siamo rassegnati alla minore partecipazione dei battezzati all’Eucaristia domenicale.
Occorre maggiore catechesi su questo punto e, soprattutto, dobbiamo fare della partecipazione all’Eucaristia domenicale il criterio decisivo per l’ammissione ai sacramenti.
La Norma lo stabilisce già per i fanciulli: «La partecipazione dei fanciulli alla Messa domenicale, insieme con i genitori, deve essere proposta come momento essenziale della preparazione ai sacramenti.
Il legame tra gli incontri di catechismo e l’incontro domenicale intorno alla mensa eucaristica deve essere ritenuto il maggior criterio di discernimento dell’idoneità dei fanciulli per l’ammissione al sacramento». ( n. 56).
Se, da una parte, però, insistiamo sulla centralità dell’Eucaristia domenicale, abbiamo, nello stesso tempo, il dovere di offrire celebrazioni Eucaristiche che siano “di qualità”. C’è bisogno di «una liturgia insieme seria, semplice e bella». Dovremo curare celebrazioni di qualità: per il modo con cui tutti si sentono accolti; per la familiarità con cui proclamiamo la parola di Dio; per la dignità di un’omelia fedele ai testi liturgici e alla vita quotidiana della gente; per l’equilibrio tra Parola, canto e silenzio;per la solidarietà cristiana verso i poveri.
Se le nostre Eucaristie domenicali fossero così e se vi partecipassero tutti i battezzati, io credo che non avremmo bisogno di altro: la partecipazione all’Eucaristia, di domenica in domenica, sarebbe il vero catecumenato di tutto il popolo di Dio.
In secondo luogo, le Norme chiedono il rispetto del regolamento dell’azione liturgica: «Nella celebrazione eucaristica si osservino le norme contenute nell’Ordinamento Generale del Messale Romano. Il rito va rispettato, senza variazioni o intromissioni indebite. I segni e i gesti siano veri, dignitosi ed espressivi, perché si colga la profondità del mistero;parlano da soli e non ammettono il prevaricare delle spiegazioni. Ci sia una preparazione accurata, che coinvolga varie ministerialità. Si dia spazio al silenzio. Si dia valore al canto». (nn. 69-80).
Riprendendo una norma del Sinodo, si stabilisce che «al fine di garantire la dignitosa e partecipata celebrazione festiva dell’Eucaristia si osservi tassativamente la distanza temporale tra una Messa ed un’altra. A tal fine la distanza tra l’inizio di una Messa e l’inizio di un’altra non può essere inferiore ai novanta minuti»(n. 68).
Inoltre, «perché le celebrazioni siano dignitose e fruttuose se ne valuti il numero e gli orari, e la distribuzione nel territorio.
Nel Decanato si effettui il coordinamento degli orari delle Messe, soprattutto delle chiese vicine, delle Rettorie e delle altre chiese aperte al culto. Il quadro di coordinamento sia affisso in tutte le parrocchie e nelle altre chiese del Decanato.
Nelle chiese non parrocchiali (Rettorie, confraternite, Istituti) le celebrazioni devono essere programmate in orari non concomitanti con quelli della parrocchia del territorio. Normalmente, quando non sia opportuno abolire la messa festiva, nelle chiese non parrocchiali è consentita una sola celebrazione festiva, salvo autorizzazione del Vescovo». (n. 81).
È evidente lo spirito di queste Norme: favorire il più possibile una vera comunità di fedeli e scoraggiare la frammentazione delle celebrazioni.
Proprio al fine di evitare tale frammentazione, la Norma stabilisce che «in nessun caso è consentito trinare nei giorni feriali e celebrare la quarta messa nei giorni festivi, salvo dispensa della Santa Sede. La binazione feriale è consentita solo quando si concelebra con il Vescovo o con un suo delegato, nei matrimoni e nelle esequie. Nei giorni feriali non è consentito binare in modo sistematico se non con esplicita autorizzazione del Vescovo, anche quando il sacerdote abbia una cappellania o sia cappellano di una comunità religiosa. Per le binazioni e le trinazioni si abbia cura di versare alla Curia l’offerta corrispettiva» (nn. 83, 84).
Rileggiamo, a questo proposito, una riflessione dell’indimenticabile mons. Pignatiello che, proprio sulle pagine di questo giornale, nella rubrica “Utopia pastorale”, così scriveva: «È molto difficile pensare che in Italia possa verificarsi uno stato di necessità pastorale tale da giustificare binazione e trinazione feriale.
Non siamo in Africa o in Sud America, dove la distanza tra i villaggi è enorme e dove la sproporzione tra clero e popolazione è più che notevole. Qui, invece, siamo all’inflazione dell’Eucarestia e alla sua conseguente svalutazione.
Ci sono chiese in cui si celebrano ogni giorno più Messe a puro beneficio di qualche defunto, e, non di rado, con la partecipazione di pochissime persone. Se ci sono più matrimoni in un giorno, si pretendono e si ottengono celebrazioni Eucaristiche distinte. In origine la celebrazione dell’Eucaristia era il grandioso evento comunitario della Pasqua settimanale. Oggi è diventata oggetto di consumo individuale. La celebrazione dell’Eucaristia è un fatto comunitario. E lo sarà tanto più, quanto meno si concederà di binare, trinare, e quatrinare la Messa per la comodità di pochi fedeli ogni volta. Opporsi alla “proliferazione inconsulta” delle Messe significa promuovere l’amore verso l’Eucaristia, celebrata e ricevuta accollandosi anche qualche sacrificio. Dall’altra parte, la perdita del senso comunitario, soffocato dall’individualismo cultuale e pietistico, è perdita del senso stesso dell’Eucaristia, segno di unità e vincolo di carità. È conveniente liberare la celebrazione Eucaristica dalla diffusa mentalità privatistica che ancora vi preme. Dobbiamo restituire all’Eucarestia il suo significato originario, quello per cui il Signore Gesù l’ha istituita.
L’Eucarestia è il momento della comunità e tale dimensione comunitaria deve emergere al di là di ogni mentalità di privatizzazione». (cfr “L’Utopia pastorale” pagg. 29-31).
Infine le Norme disciplinano anche la celebrazione del Triduo Pasquale, giudicando cosa conveniente che tutti prendano parte alle celebrazioni del Triduo Pasquale nelle chiese parrocchiali.
«Per compiere convenientemente le celebrazioni del Triduo pasquale, si richiede un congruo numero di ministri e di ministranti. È molto conveniente che le piccole comunità religiose e altre comunità (gruppi, associazioni, movimenti) prendano parte alle celebrazioni del Triduo pasquale nelle chiese parrocchiali.Non è consentita, se non con l’esplicito permesso del Vescovo, la celebrazione del Triduo in altri luoghi diversi dalla parrocchia, né nelle Rettorie, nelle Cappelle e negli Oratori degli istituti religiosi, ad eccezione delle grandi Rettorie che ne faranno richiesta al Vescovo. Si fa assoluto divieto di celebrare la Veglia Pasquale riservata a gruppi particolari. Oltre che nella parrocchia, il Triduo potrà essere celebrato:
nei monasteri di clausura; nei luoghi, provvisti di chiesa o di cappella, ove alloggiano persone impedite dal recarsi in parrocchia (ospedali, carceri, case di riposo).
In questi luoghi si celebrerà il Triduo nella sua interezza (dalla Messa vespertina della Cena del Signore alla Domenica di Risurrezione)» (nn. 91-92).

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