Cari fratelli e sorelle,
La liturgia che ci riunisce questa sera attorno alla Parola e alla Mensa del Signore, ha un carattere del tutto speciale perché vuol essere una richiesta di perdono che, nello spirito del nostro Giubileo, tutta la Chiesa che è a Napoli sente il bisogno di celebrare per rendere credibile il cammino giubilare che abbiamo intrapreso e che concluderemo ufficialmente venerdì 16 c.m. Lo facciamo dopo la solenne processione penitenziale che è partita dalla parrocchia di S. Eligio Maggiore e ci ha portato in questa maestosa Basilica di S. Maria del Carmine Maggiore, scenario di alcuni dei più importanti fatti storici della nostra Napoli: lesecuzione di Corradino di Svevia, sepolto qui; la lotta tra Angioini e Aragonesi nel XV secolo, legata alla vicenda del Crocifisso miracoloso, a cui si deve anche la salvezza della città nella peste del 1676; i momenti tumultuosi della rivolta capeggiata da Masaniello nel 1647 e della Repubblica partenopea del 1799.
Ma la ragione principale della scelta di questa Basilica è che vogliamo affidarci alla Madre della misericordia, affinché la nostra richiesta di perdono per quanto non abbiamo saputo o voluto fare o che abbiamo fatto male, sia sincera e profonda.
La devozione per la Madonna Bruna, la Mamma do Carmene, è molto radicata nel nostro popolo e in questo luogo dopo aver riflettuto sulla città dimenticata, depredata e spogliata vogliamo implorare la misericordia di Dio anche per tutta la Diocesi affinché sia riconciliata con se stessa e i suoi abitanti, con il mondo, con Dio. Tra queste mura, testimoni dei secoli e delle difficili vicissitudini di Napoli, chiediamo perdono, con animo contrito.
È necessario, però che accettiamo di pentirci; che riconosciamo il nostro peccato e lo detestiamo, in modo da mettere una distanza notevole tra noi e il peccato, giacché esso continua a essere una tentazione, un pericolo; infatti, «nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre» (v. 7). In altre parole, la nostra condizione umana è soggetta al peccato e da sola non può liberarsene, perciò non rimane che chiedere aiuto a colui che è Santo e davanti al quale non può resistere alcun male. 2. Il salmo non si limita a farci chiedere il perdono, ma aggiunge la domanda a Dio di una coscienza rinnovata e rinforzata: «Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo» (v. 12). Il cambiamento della coscienza rappresenta un importante passo avanti verso la conversione, che è il fine ultimo del cammino. Chiedere perdono non avrebbe senso se non ci fosse in noi lautentico desiderio del mutamento di direzione della nostra vita. Il proposito di non commettere più il peccato non devessere preso alla leggera, ma deve costituire un serio impegno: «Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza» (v. 8). E la sapienza è al servizio di una vita che si vuole virtuosa!
La gioia del perdono ricevuto e la coscienza rinnovata e illuminata dalla sapienza creano lesigenza missionaria di dire a tutti ciò che il Signore ha fatto per noi: «Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno» (v. 15). Ogni beneficio divino implica, quindi, la conversione missionaria, perché non è possibile rimanere in silenzio di fronte alla bontà del Signore. Sarebbe un atto di mancanza di riconoscenza!
Infine, colui che è stato perdonato non dimentica di elevare la preghiera anche per la comunità in cui vive, come insegna opportunamente il salmo al versetto 20: «Nella tua bontà fa grazia a Sion, ricostruisci le mura di Gerusalemme». 3. Queste ultime parole ci invitano a volgerci al tema principale del nostro Giubileo, che invoca il perdono e prospetta una città riconciliata. Sì, fratelli miei, dobbiamo chiedere perdono, ciascuno per la sua parte di responsabilità, per come abbiamo ridotto questa città, la nostra Napoli, che diciamo di amare ma che, spesso, non rispettiamo. Bisogna chiedere perdono per aver tollerato per anni lincuria, linciviltà, la violenza soffocante della criminalità organizzata, la diffusione capillare della droga, lillegalità devastante, la perdita o la strumentalizzazione dei valori, anche religiosi, più profondi del nostro patrimonio spirituale.
Dobbiamo ammettere che spesso abbiamo dormito, che abbiamo preferito chiudere gli occhi di fronte al degrado sociale e morale, di fronte agli innocenti uccisi, di fronte a quei bambini e ragazzi che hanno, purtroppo, imparato ad avere modelli educativi negativi, di fronte ai tanti che subiscono soprusi. Eppure, toccava a noi come Chiesa, esperta e maestra in umanità, depositaria della speranza che non delude, la prima risposta. E non solo per venire incontro ai fedeli, ma per rigenerare noi stessi e ricostruire le basi di una pastorale che mettesse a fuoco una strategia educativa che, partendo dal piano pastorale diocesano, puntasse verso la formazione di una coscienza civica, matura e avveduta, capace di avviare una rinascita morale e sociale della città.4. Non lasciamoci, però, prendere dallo scoraggiamento e, nonostante tutti i problemi che abbiamo evocato, sentiamoci spronati dallo Spirito di Dio che, nel Giubileo ci ha invitato a non voltare le spalle, a non avere il cuore di pietra, e non tradire noi stessi e la nostra missione. Apriamo le porte del cuore al Principe della pace, a Cristo che ci ha riconciliato con Dio e che proseguirà la sua opera di Riconciliatore fino a quando consegnerà ogni cosa nelle mani del Padre.
Nellimminenza del Santo Natale, affido alla Mamma do Carmene questa città, che ha bisogno, oggi più che mai, della sua intercessione. Sia Ella a darci lenergia necessaria per operare una svolta che abbia inizio con la pacificazione e la conversione degli animi, affinché Napoli, riconciliata, possa essere esempio di dialogo e di incontro per il mondo intero.
A Maronna cAccumpagna!