Notizie Storiche sulla Chiesa di S. Angelo al Nilo La chiesa è ubicata nel cuore della Napoli greco-romana, nella piazzetta dedicata al dio Nilo, al cui culto erano votati i mercanti egiziani. Il cardinale Rinaldo Brancaccio fece erigere nel 1385 una prima cappella dedicata ai Santi Angelo e Marco, nelle immediate adiacenze del palazzo nobiliare di famiglia. Il rifacimento che diede alla chiesa l’attuale aspetto è del 1709, per opera di Arcangelo Guglielmelli. Avanzo dell’antica costruzione gotico-catalana è il portale principale, dotato di un architrave con figure di angeli, così come un affresco nella lunetta raffigurante La Vergine e i Santi Michele e Baculo con il Cardinale Brancaccio (secolo XV), in scarse condizioni di conservazione. Il portale laterale presente sull’altro ingresso databile intorno alla seconda metà del XV secolo, presentava nella lunetta una raffigurazione scultorea di San Michele, poi trasferita nell’interno.L’interno della chiesa presenta un arredo marmoreo sei-settecentesco e stucchi disegnati dal Guglielmelli che circoscrivono tele di Giovambattista Lama, della scuola pittorica di Luca Giordano, tra cui spicca I Santi in adorazione del Volto Santo. Un sontuoso organo di stile tardo barocco alloggia sulla controfacciata. Sul lato destro della navata si apre una cappella delimitata da un bella cancellata settecentesca di ottone e ferro battuto, dove sono conservate tra l’altro le reliquie della matrona Candida, risalenti al VI secolo, che è stata erroneamente venerata come santa sino ad alcuni decenni fa; nello stesso ambiente la tela di Carlo Sellitto L’apparizione della Vergine a Santa Candida o Visione di Santa Candida. All’altare maggiore vi è la tavola con San Michele Arcangelo, eseguita nel 1573 dal senese Marco Pino, mentre al maestro lombardo Giovan Tommaso Malvito sembra attribuibile il tabernacolo in marmo posto sul lato destro della sagrestia. L’altare è sormontato da un’opera mirabile nel campo dell’intaglio, in legno policromo e di epoca tardo-seicentesca, raffigurante L’Addolorata.Massima opera scultorea rinascimentale presente a Napoli, è considerarsi una delle prime e maggiori testimonianze del passaggio dalle forme tardo-gotiche a quelle rinascimentali. Pur avendo un tradizionale impianto a baldacchino, di chiara reminiscenza tardo-gotica (il cuo gusto artistico a Napoli risentiva profondamente dell’operato di Tino da Camaino), il monumento presenta sculture e rilievi che balzano agli occhi per loro modernità. L’opera, in un primo momento collocata lungo una delle pareti della chiesa originaria ed ora visibile alla destra dell’altare maggiore, fu eseguita a Pisa tra il 1426 e il 1428 da Donatello ed altri maestri toscani come Michelozzo e Pagno di Lapo Portigiani e inviata a Napoli per mare. Sono certamente di Donatello, il pannello in rilevo “stiacciato” che raffigura L’Assunzione, emblematico della nuova spazialità tipica del Rinascimento che va a sostituire la classica concezione lineare precedente e la testa del Brancacci.Tramite una porticina, dal lato destro della chiesa, si accede al cortile di Palazzo Brancaccio che dà sull’adiacente vico Donnaromita. Qui, nel 1690, la famiglia Brancaccio, grazie al lascito testamentario del cardinale Francesco Maria Brancaccio aprì la prima biblioteca napoletana pubblica. La prestigiosa raccolta di volumi, ivi stipati su librerie lignee di Andrea Gizio e Domenico Greco, fu accorpata in seguito alla Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III.