Questo è davvero un tempo favorevole, nel quale tutti i cristiani sono chiamati a prendere sempre più coscienza della salvezza che ci viene da Cristo.
Iniziamo il cammino quaresimale con un gesto di profondo valore penitenziale, ponendo sul nostro capo un po’ di cenere, prodotta consumando nel fuoco l’ulivo benedetto l’anno scorso nella Domenica delle Palme: è cenere e ci ricorda il dovere di riconoscere la nostra fragilità e i nostri peccati; ma è anche cenere di ulivo, albero simbolico di alleanza e di pace e ci ricorda che Dio non vuole ridurci in cenere ma ci indica la strada sicura della salvezza.
È quanto ci insegna la parola di Dio appena ascoltata.
Gesù, come è riportato nel brano evangelico di Matteo, ci propone i mezzi da usare: elemosina, preghiera e digiuno, opere, che già nel giudaismo erano particolarmente rilevanti per esprimere la pietà e i rapporti con Dio e la fraternità tra gli uomini. L’elemosina è l’azione di chi è misericordioso e comprende diverse opere di soccorso, come nutrire gli affamati, vestire chi è nudo, seppellire chi è morto abbandonato, ecc. La preghiera esprime l’abbandono del Figlio al Padre che ama tutti i suoi figli con tenerezza di madre; infine il digiuno, che era una pratica molto antica nel giudaismo, compiuta sia singolarmente sia comunitariamente, per chiedere perdono e iniziare un cammino di conversione.
Ma per Gesù è fondamentale la modalità con cui si praticano queste tre opere. Chi le compie non deve calcolare il merito che ne può derivare alle persone; deve solo affidarsi a Colui che vede nel segreto: la sua mano non deve sapere ciò che fa l’altra. Un atto di beneficenza, fatto per conseguire un proprio vantaggio, si autodistrugge e può essere considerato addirittura una colpa; una preghiera, fatta per apparire ed essere lodato dagli altri, è solo ipocrisia e non apre il cuore di Dio che, perciò, la rifiuta e la condanna; chi poi digiuna e assume un aspetto malinconico o un’aria disfatta per far vedere agli altri che sta digiunando, è come un attore che si mette una maschera per nascondere se stesso agli occhi di Dio, che non lo riconosce come un vero figlio.
In realtà Gesù, soprattutto in questa santa Quaresima, ci invita a riconciliarci con lui offrendo non un sacrificio esteriore e formale, ma un sacrificio fatto “con spirito contrito” e con cuore affranto”, che è l’unico sacrificio gradito al Signore. È il sacrificio che Cristo ha offerto al Padre per liberare l’umanità da quel male profondo che l’aveva lacerato. Gesù si rimette completamente nelle mani del Padre e, con il suo perdono e il suo restare fedele all’umanità, senza chiedere un miracolo per la sua salvezza personale, risana l’umanità ferita e riconcilia il Padre con noi, sconfiggendo il peccato che nessuno avrebbe mai potuto vincere.
La Quaresima è tempo di conversione. Se non ci convertiamo nel profondo del nostro cuore, continueremo a camminare nel deserto; la conversione è assolutamente necessaria se vogliamo vivere; dobbiamo cambiare passo per non continuare ad andare avanti con stanchezza e delusione, come abbiamo fatto fino ad oggi. Convertirci, allora, significa fare in modo nuovo, con spirito rinnovato, le cose che facciamo quotidianamente.
Purtroppo dobbiamo confessare che, spesso, agiamo da credenti, sì, ma distratti, dissipati, apatici; spesso compiamo anche opere buone, ma non tutte le opere buone sono
buone.
Se, per esempio, stiamo dando qualcosa ad un povero, stiamo servendo un ammalato, stiamo aiutando un bambino abbandonato; se stiamo facendo un lavoro di insegnante, da impiegato, da artigiano, ecc
, dobbiamo domandarci: per chi e per che cosa lo sto facendo? Perché gli altri vedano e mi ammirino? Per guadagnare soldi o per compiacere a me stesso? Ebbene, questa non è opera buona: è un atto di vanità, di idolatria di se stesso; è espressione di soddisfazione personale; è peccato.
Un’opera buona è buona se l’intenzione è buona, se piace al Padre celeste, se siamo in comunione con Lui, il quale allora, ci ricompensa riempiendo il nostro cuore del suo amore e della sua amicizia.
Accogliamo l’invito del profeta: “ritornate al Signore vostro Dio, perché egli è misericordioso e benigno, tardo all’ira e ricco di benevolenza e si impietosisce”. Dio ci attende con amore; in questi quaranta giorni di Quaresima camminiamo con fede cantando con gioia la sua misericordia. Camminiamo con Maria che, in modo discreto e riservato, ci insegna a trovare “grazia presso Dio”.* Crescenzio Card. Sepe
Arcivescovo Metropolita di Napoli