Francesco: ogni guerra è un fratricidio. No alla logica della paura e delle minacce
(il testo integrale del Messaggio del Papa per la 53^ Giornata mondiale della pace)
La pace, cammino di speranza di fronte agli ostacoli e alle prove
La pace è un bene prezioso, oggetto della nostra speranza, al quale aspira tutta lumanità. Sperare nella pace è un atteggiamento umano che contiene una tensione esistenziale, per cui anche un presente talvolta faticoso «può essere vissuto e accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino». (Benedetto XVI, Lett. enc. Spe salvi, 30 novembre 2017). In questo modo, la speranza è la virtù che ci mette in cammino, ci dà le ali per andare avanti, perfino quando gli ostacoli sembrano insormontabili.
La nostra comunità umana porta, nella memoria e nella carne, i segni delle guerre e dei conflitti che si sono succeduti, con crescente capacità distruttiva, e che non cessano di colpire specialmente i più poveri e i più deboli. Anche intere nazioni stentano a liberarsi dalle catene dello sfruttamento e della corruzione, che alimentano odi e violenze. Ancora oggi, a tanti uomini e donne, a bambini e anziani, sono negate la dignità, lintegrità fisica, la libertà, compresa quella religiosa, la solidarietà comunitaria, la speranza nel futuro. Tante vittime innocenti si trovano a portare su di sé lo strazio dellumiliazione e dellesclusione, del lutto e dellingiustizia, se non addirittura i traumi derivanti dallaccanimento sistematico contro il loro popolo e i loro cari.
Le terribili prove dei conflitti civili e di quelli internazionali, aggravate spesso da violenze prive di ogni pietà, segnano a lungo il corpo e lanima dellumanità. Ogni guerra, in realtà, si rivela un fratricidio che distrugge lo stesso progetto di fratellanza, inscritto nella vocazione della famiglia umana.
La guerra, lo sappiamo, comincia spesso con linsofferenza per la diversità dellaltro, che fomenta il desiderio di possesso e la volontà di dominio. Nasce nel cuore delluomo dallegoismo e dalla superbia, dallodio che induce a distruggere, a rinchiudere laltro in unimmagine negativa, ad escluderlo e cancellarlo. La guerra si nutre di perversione delle relazioni, di ambizioni egemoniche, di abusi di potere, di paura dellaltro e della differenza vista come ostacolo; e nello stesso tempo alimenta tutto questo. Risulta paradossale, come ho avuto modo di notare durante il recente viaggio in Giappone, che «il nostro mondo vive la dicotomia perversa di voler difendere e garantire la stabilità e la pace sulla base di una falsa sicurezza supportata da una mentalità di paura e sfiducia, che finisce per avvelenare le relazioni tra i popoli e impedire ogni possibile dialogo. La pace e la stabilità internazionale sono incompatibili con qualsiasi tentativo di costruire sulla paura della reciproca distruzione o su una minaccia di annientamento totale; sono possibili solo a partire da unetica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dallinterdipendenza e dalla corresponsabilità nellintera famiglia umana di oggi e di domani». ( Discorso sulle armi nucleari, Nagasaki, Parco Atomic bomb hypocenter, 24 novembre 2019).
Ogni situazione di minaccia alimenta la sfiducia e il ripiegamento sulla propria condizione. Sfiducia e paura aumentano la fragilità dei rapporti e il rischio di violenza, in un circolo vizioso che non potrà mai condurre a una relazione di pace. In questo senso, anche la dissuasione nucleare non può che creare una sicurezza illusoria.
Perciò, non possiamo pretendere di mantenere la stabilità nel mondo attraverso la paura dellannientamento, in un equilibrio quanto mai instabile, sospeso sullorlo del baratro nucleare e chiuso allinterno dei muri dellindifferenza, dove si prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada ai drammi dello scarto delluomo e del creato, invece di custodirci gli uni gli altri. ( Cfr. Omelia a Lampedusa, 8 luglio 2013). Come, allora, costruire un cammino di pace e di riconoscimento reciproco? Come rompere la logica morbosa della minaccia e della paura? Come spezzare la dinamica di diffidenza attualmente prevalente? Dobbiamo perseguire una reale fratellanza, basata sulla comune origine da Dio ed esercitata nel dialogo e nella fiducia reciproca. Il desiderio di pace è profondamente inscritto nel cuore delluomo e non dobbiamo rassegnarci a nulla che sia meno di questo.
scelte di pace.
La pace, cammino di ascolto basato sulla memoria, sulla solidarietà e sulla fraternità
Gli Hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, sono tra quelli che oggi mantengono viva la fiamma della coscienza collettiva, testimoniando alle generazioni successive lorrore di ciò che accadde nellagosto del 1945 e le sofferenze indicibili che ne sono seguite fino ad oggi. La loro testimonianza risveglia e conserva in questo modo la memoria delle vittime, affinché la coscienza umana diventi sempre più forte di fronte ad ogni volontà di dominio e di distruzione: «Non possiamo permettere che le attuali e le nuove generazioni perdano la memoria di quanto accaduto, quella memoria che è garanzia e stimolo per costruire un futuro più giusto e fraterno ». ( Discorso sulla pace, Hiroshima, Memoriale della pace, 24 novembre 2019) Come loro molti, in ogni parte del mondo, offrono alle future generazioni il servizio imprescindibile della memoria, che va custodita non solo per non commettere di nuovo gli stessi errori o perché non vengano riproposti gli schemi illusori del passato, ma anche perché essa, frutto dellesperienza, costituisca la radice e suggerisca la traccia per le presenti e le future Ancor più, la memoria è lorizzonte della speranza: molte volte nel buio delle guerre e dei conflitti, il ricordo anche di un piccolo gesto di solidarietà ricevuta può ispirare scelte coraggiose e persino eroiche, può rimettere in moto nuove energie e riaccendere nuova speranza nei singoli e nelle comunità.
Aprire e tracciare un cammino di pace è una sfida, tanto più complessa in quanto gli interessi in gioco, nei rapporti tra persone, comunità e nazioni, sono molteplici e contradditori. Occorre, innanzitutto, fare appello alla coscienza morale e alla volontà personale e politica. La pace, in effetti, si attinge nel profondo del cuore umano e la volontà politica
va sempre rinvigorita, per aprire nuovi processi che riconcilino e uniscano persone e comunità.
Il mondo non ha bisogno di parole vuote, ma di testimoni convinti, di artigiani della pace aperti al dialogo senza esclusioni né manipolazioni. Infatti, non si può giungere veramente alla pace se non quando vi sia un convinto dialogo di uomini e donne che cercano la verità al di là delle ideologie e delle opinioni diverse. La pace è «un edificio da costruirsi continuamente » (Conc.Ecum.Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes, 78), un cammino che facciamo insieme cercando sempre il bene comune e impegnandoci a mantenere la parola data e a rispettare il diritto. Nellascolto reciproco possono crescere anche la conoscenza e la stima dellaltro, fino al punto di riconoscere nel nemico il volto di un fratello.
Il processo di pace è quindi un impegno che dura nel tempo. È un lavoro paziente di ricerca della verità e della giustizia, che onora la memoria delle vittime e che apre, passo dopo passo, a una speranza comune, più forte della vendetta. In uno Stato di diritto, la democrazia può essere un paradigma significativo di questo processo, se è basata sulla giustizia e sullimpegno a salvaguardare i diritti di ciascuno, specie se debole o emarginato, nella continua ricerca della verità. (Cfr. Benedetto XVI,
Discorso ai dirigenti delle Associazioni cristiane lavoratori italiani, 27 gennaio 2006).
Si tratta di una costruzione sociale e di unelaborazione in divenire, in cui ciascuno porta responsabilmente il proprio contributo, a tutti i livelli della collettività locale, nazionale e mondiale.
Come sottolineava san Paolo VI, «la duplice aspirazione alluguaglianza e alla partecipazione è diretta a promuovere un tipo di società democratica [ ]. Ciò sottintende limportanza delleducazione alla vita associata, dove, oltre linformazione sui diritti di ciascuno, sia messo in luce il loro necessario correlativo: il riconoscimento dei doveri nei confronti degli altri. Il significato e la pratica del dovere sono condizionati dal dominio di sé, come pure laccettazione delle responsabilità e dei limiti posti allesercizio della libertà dellindividuo o del gruppo». (Lett. ap. Octogesima adveniens, 14 maggio 1971, 24).
Al contrario, la frattura tra i membri di una società, laumento delle disuguaglianze sociali e il rifiuto di usare gli strumenti per uno sviluppo umano integrale mettono in pericolo il perseguimento del bene comune. Invece il lavoro paziente basato sulla forza della parola e della verità può risvegliare nelle persone la capacità di compassione e di solidarietà creativa.
Nella nostra esperienza cristiana, noi facciamo costantemente memoria di Cristo, che ha donato la sua vita per la nostra riconciliazione (cfr Rm 5,611). La Chiesa partecipa pienamente alla ricerca di un ordine giusto, continuando a servire il bene comune e a nutrire la speranza della pace, attraverso la trasmissione dei valori cristiani, linsegnamento morale e le opere sociali e di educazione.
La pace, cammino di riconciliazione nella comunione fraterna
La Bibbia, in modo particolare mediante la parola dei profeti, richiama le coscienze e i popoli allalleanza di Dio con lumanità. Si tratta di abbandonare il desiderio di dominare gli altri e imparare a guardarci a vicenda come persone, come figli di Dio, come fratelli. Laltro non va mai rinchiuso in ciò che ha potuto dire o fare, ma va considerato per la promessa che porta in sé. Solo scegliendo la via del rispetto si potrà rompere la spirale della vendetta e intraprendere il cammino della speranza.
Ci guida il brano del Vangelo che riporta il seguente colloquio tra Pietro e Gesù: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?. E Gesù gli rispose: Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette» ( Mt18,21- 22). Questo cammino di riconciliazione ci chiama a trovare nel profondo del nostro cuore la forza del perdono e la capacità di riconoscerci come fratelli e sorelle. Imparare a vivere nel perdono accresce la nostra capacità di diventare donne e uomini di pace.
«Il mondo non ha bisogno di parole vuote ma di testimoni convinti, di artigiani della pace aperti al dialogo senza esclusioni né manipolazioni Non si può giungere alla pace se non quando vi sia un convinto dialogo di uomini e donne che cercano la verità al di là di ideologie e opinioni diverse»
IL TEMA
Nel Messaggio per la Giornata mondiale del 1° gennaio prossimo il Papa spiega che pace e stabilità internazionale sono incompatibili con le promesse di reciproca distruzione o di annientamento totale «La memoria va custodita non solo per non commettere di nuovo gli stessi errori o perché non vengano riproposti gli schemi illusori del passato, ma anche perché essa, frutto dellesperienza, costituisca la radice e suggerisca la traccia per le presenti e le future scelte di pace»