Rassegna Stampa : da ”Avvenire’ del 25 Aprile 2015

Quando il gender va all’assalto piace al marketing

 
Quando il gender va all’assalto piace al marketing

(la strategia dell’invasione di ogni spazio dell’informazione visiva da riversare sui nostri figli negli anni)

 
 
MARIO IANNACCONE

 
Pochi giorni fa, aprendo il pro­gramma di posta elettronica, ho trovato l’invito a parteci­pare a una webinar, una con­ferenza trasmessa su una piattaforma on-line. Argomento proposto era l’impatto che l’ideologia gender avrà sul modo di rappresentare le perso­ne nei media. Queste le euforiche pa­role di presentazione: «Stiamo assi­stendo ad un’incredibile evoluzione nell’identità di genere e ci stiamo al­lontanando rapidamente dai vari “o….o”. Che effetto avrà questo an­nebbiamento dei generi sulla pub­blicità, sui media e sulla cultura quando entrerà nel mainstream? ». Nessun cenno, ovviamente, al con­flitto che ciò sta generando all’inter­no delle società (non si deve distur­bare il business). Pam Grossman, direttrice di Getty I­mages Visual Trends, nucleo di esperti che si occupa dell’analisi e dell’anti­cipazione delle tendenze future dei trend visivi, spiega nella conferenza cosa ci aspetta anche in termini, so­stiene lei, di “opportunità”. Getty I­mages è una delle più grandi banche immagini del mondo, le cui fotogra­fie appaiono su giornali, riviste e pub­blicità e contribuiscono a modellare il modo di concepire la realtà. In par­ticolare, il concetto centrale è quello di Genderblend cioè la “sfocatura dei generi” e, ancora, tradotto dalla neo­lingua, mescolanza di maschile e femminile o creazione di un linguag­gio visivo androgino. Secondo que­sta tesi tutto ciò può avere effetti po­sitivi sulle campagna pubblicitarie: «scopri come il tuo branding visivo e le tue campagne possono trarre van­taggio dalla sfocatura della linea tra i generi».
 
IlGenderblending è, nell’ideologia del
 
gender, la ribellione ai ruoli sessuali definiti e l’intrapresa consapevole di una strada di liberazione dal genere che porta al travestitismo e a tutte le forme di attivismo queer cui ci stan­no catechizzando ossessivamente da qualche anno. Qui si prospetta un passo ulteriore. Si spiega agli investi­tori e alle aziende come potranno lu­crare dagli effetti di queste campagne e come si stiano preparando le gran­di aziende che forniscono immagini e video e disegni pronti per le cam­pagne pubblicitarie o per i corredi i­conografici di libri e periodici. In oc­casione di tali conferenze si fornisco­no esempi chiari, lampanti: la foto di un maschietto vestito come una star androgina, con occhiali “glitter” e trucco femminile; un altro vestito da fatina o da angioletto (non si com­prende), molte persone dal sesso in­decifrabile ma ammiccanti, felici, nel­la loro nuova situazione androgina.
 
Insomma, gli arsenali visivi delle majors delle immagini si dotano di un’ulteriore potenza di fuoco per in­vadere ogni spazio dell’informazio­ne visiva da riversare sui nostri figli negli anni. Tutto questo è già in atto nella gran parte dei canali televisivi della fascia infantile, pieni di tra­smissioni dove i bambini non sono più chiaramente maschi o femmine ma genderblender. L’assalto alla ra­gione sembra ormai una campagna militare, purtroppo. Così scrivendo riporto anche le mie preoccupazioni di papà.
 
 
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