“L’Eucarestia, nutrimento per la vita”

La Chiesa che è in Napoli è riunita qui, in Torre del Greco, per la Festività del SS. Corpo e Sangue del Signore, per onorare, contemplare, adorare la presenza umana e divina del Signore nostro Gesù Cristo nell’Eucaristia.
Questa festività ci rimanda a quel mistero eucaristico che abbiamo celebrato nel Giovedì Santo. La celebrazione odierna vuole essere un’ulteriore “meditazione”, quasi una sosta “contemplativa” intorno al mistero centrale della nostra fede, un mistero che sta anche nel cuore della vita della Chiesa.
È questa la ragione per cui ci siamo riuniti come Chiesa per portare l’Eucaristia attraverso le strade e le piazze di questa Città, perché tutti potessimo adorare, venerare, manifestare lo stupore e l’amore che l’Eucaristia racchiude. È un mistero umano-divino che supera la nostra capacità e possibilità di comprensione.
È significativo che al centro di questa festa troviamo una realtà così umana, così concreta, oseremmo dire così “materiale” come quella del “corpo e sangue”. Ma questo “corpo e sangue” dicono tutto il mistero dell’Incarnazione, tutta la nostra umanità, debole e fragile, che è stata assunta pienamente dal Figlio di Dio che ha donato il suo corpo e il suo sangue fino all’ultimo “per noi uomini e per la nostra salvezza”. È quanto ci ricorda l’Apostolo Paolo nella II lettura: “Il Signore Gesù…prese del pane…e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi». Allo stesso modo…prese il calice…”(I Cor 11, 23-25).
Pane e vino diventano, allora, segni che esprimono la nostra unione con Gesù Cristo, la sua vicinanza e il suo accompagnarci nella vicenda storica della nostra vita; ma sono anche dei doni che rimandano, in ultima istanza, ad uno dei bisogni primari e vitali dell’uomo: il soddisfacimento della sua fame. L’uomo è essenzialmente un essere che ha fame; ha fame non solo e principalmente di cibo materiale, ma soprattutto di cibo spirituale. La vera fame dell’uomo abita nel profondo del suo cuore come desiderio di qualcosa che può essere appagato solo da Dio. Il nostro cuore è inquieto (è affamato), confessa S. Agostino, e non troverà pace (cibo) fino a quando Dio non soddisferà il suo appetito. Ecco l’Eucaristia: Dio stesso nutre l’uomo; anzi, il suo amore per noi giunge al punto che è Lui stesso che si fa nostro nutrimento in quel pane e in quel vino che ricerchiamo ogni giorno dalle sue mani come “cibo di vita eterna”.
Questo è anche il significato, cari fratelli e sorelle, del racconto della moltiplicazione dei pani che abbiamo letto dal Vangelo di Luca. C’è una folla affamata che, desiderosa di ascoltare Gesù e farsi curare dalle proprie malattie, lo segue fino al deserto senza curarsi di portare il cibo per mangiare. Gesù si prende cura di tutti; moltiplica i pochi pani e pesci e sfama la loro fame: “Tutti mangiarono a sazietà…” annota l’Evangelista. La fame è saziata!
“Il Signore ha nutrito il suo popolo con fior di frumento, lo ha saziato con miele della roccia”, abbiamo ascoltato all’inizio (Sal 80) di questa celebrazione.
Dio non ha altra volontà che saziare la fame dei suoi figli. Il desiderio di Dio e il bisogno dell’uomo si incontrano e provocano un processo di solidarietà soprattutto per i più poveri. L’Eucaristia, perciò, è il cibo dei poveri, ai quali, in primo luogo, il Signore ha destinato la sua vicinanza.
“Voi stessi date da mangiare”: questo comando del Signore evidenzia le caratteristiche costitutive del ministero apostolico. Siamo chiamati a dar da mangiare ai tanti “morti di fame” spirituale, morale, sociale, prima che materiale, che affollano il deserto della nostra società.
Sono nostri fratelli e sorelle che gridano perché hanno fame e sete, chiedono di mangiare. L’Eucaristia, allora, deve farsi carità, deve tradursi in un amore concreto e pratico, diventare solidarietà verso i fratelli più poveri e affamati. Perciò, l’Eucaristia si spezza, si fa storia, diventando, nella vita ciò che essa significa nel sacramento.
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano” domandiamo nella preghiera del “Padre nostro”. Continuiamo a chiederlo ogni giorno nelle nostre preghiere, senza mai dimenticarci che questo pane è nato a Betlemme (la casa del pane), è cresciuto nel grembo, ovvero nel “forno” di Maria, cotto dallo Spirito dentro di lei e si è spezzato sul tavolo della croce per farsi nostro cibo e nostra bevanda.
Chiediamo a Maria, primo tabernacolo eucaristico, di continuare a darci il suo Figlio per nutrirci della sua vita, come hanno fatto i martiri e i santi, campioni e modelli di carità.
 
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