La processione si svolge in ricordo della traslazione delle Reliquie del Santo dal Cimitero posto nell’Agro Marciano, nel territorio di Fuorigrotta, alle Catacombe di Capodimonte, poi denominate, per questa ragione, di San Gennaro. La processione di maggio fu detta anche «degli infrascati», per la consuetudine del clero partecipante di proteggersi dal sole coprendosi il capo con corone di fiori. Ne è memoria la corona in argento che sovrasta il tronetto sul quale viene posta la teca con il Sangue del Santo, che porta al centro un enorme smeraldo, dono della Città, di provenienza centroamericana.
Il Cardinale Crescenzio Sepe, alle ore 17.00, dopo essersi recato nella Cappella del Tesoro, accolto dall’Abate Prelato, mons. Vincenzo De Gregorio e dalla Deputazione, ha proceduto all’apertura della cassaforte che custodisce le Reliquie del Santo.
Sul sagrato del Duomo sono stati disposti i busti argentei dei Santi compatroni. L’avvio della processione è stato preceduto da un breve momento di preghiera guidato dall’Arcivescovo. Il corteo processionale si è snodata per via Duomo e via dei Tribunali, passando dinanzi al Pio Monte della Misericordia; si è andati in via delle Zite per giungere a Forcella, proseguendo poi lungo via San Biagio dei Librai, piazza San Domenico Maggiore e via Benedetto Croce, fino alla Basilica di Santa Chiara. Lungo il percorso i Parroci del territorio attraversato hanno onorato il Santo Patrono con l’offerta dell’incenso e il suono delle campane.
Il corteo processionale è stato accompagnato dalla Fanfara dei Carabinieri.
Nella Basilica di Santa Chiara, alle ore 18, ha avuto inizio la Celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo.
Per tutta la settimana seguente, in Cattedrale ogni giorno, sarà venerata la Teca contenente le Ampolle del Sangue di San Gennaro.
Alla processione e alla celebrazione hanno parte due delegazioni provenienti da due luoghi dove è particolarmente vissuto il culto a San Gennaro. In particolare, dalla Russia viene una delegazione di 21 persone della Chiesa Ortodossa, guidata dal Vescovo Konstantin Shavel di Sluttsk, cui, nel corso della celebrazione, il Cardinale Sepe consegnerà una reliquia del Martire Gennaro; si tratta di un frammento del cranio. L’altra delegazione proviene, come già negli anni scorsi, da Ascoli Piceno.
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Testo dell'omelia del Cardinale Crescenzio Sepe
Cari fratelli e sorelle,
desidero innanzitutto porgere un cordiale saluto a tutti voi che partecipate a questa liturgia, provenienti anche da altre parti d’Italia e del mondo. In particolare, saluto gli amici di Ascoli Piceno, Diocesi gemellata con noi, e la folta delegazione della Chiesa Ortodossa Russa, guidata dal Vescovo di Slutsk, Sua Eccellenza Antoniy.
Un deferente saluto al Vicesindaco di Napoli, a tutte le Autorità civili e militari, ai cari Amici della Deputazione del Tesoro e del Comitato S. Gennaro.
Saluto e ringrazio gli amici giornalisti, gli operatori televisivi e i fotoreporter, la troupe giornalistica di Rai 3, di TV2000, di Mediaset, del Canale televisivo russo Soyuz e della televisione francese.
La processione, con il nostro santo Patrono e le statue dei santi Compatroni, ha attraversato le vie della città, nel cuore della Napoli più autentica e popolare. Al termine, anzi al culmine, ci ritroviamo per la celebrazione eucaristica in questa splendida basilica di Santa Chiara, culla, a sua volta, della spiritualità napoletana.
Dalle strade all’altare, come abbiamo fatto oggi. E’ il percorso emblematico della nostra vita di cristiani, chiamati a stare nel mondo, sapendo di essere stati creati per una vita che non conosce tramonto.
La strada è simbolo della nostra vita concreta, l’altare rappresenta il luogo dove più’ ampio e più luminoso si disvela l’orizzonte ultimo della nostra esistenza.
Non si tratta di cammini o di prospettive che si escludono o si annullano vicendevolmente. Un “buon cammino” è anzi ciò che aiuta a trovare più agevolmente la via dell’altare e ad essere degni di volgere, da qui, lo sguardo verso l’alto e verso l’eterno.
La memoria di San Gennaro, che si mise in cammino da Benevento per andare ad assistere i cristiani imprigionati per la fede a Pozzuoli, ci spinge a non essere indifferenti verso tutto ciò che scorre sotto i nostri occhi. Non possiamo attraversare anche un solo tratto di strada senza “contare”, in qualche modo, i nostri passi.
L’invito, pertanto, che ci viene da questo omaggio al nostro santo Patrono è quello di saper leggere nel dettaglio – passo dopo passo – una realtà che si manifesta in tutta la sua crudezza, giorno dopo giorno, ma che
spesso, proprio nella quotidianità, rischia di trovarci impreparati e smarriti.
Lo sappiamo bene: a Napoli si alterna la lista di realtà eccellenti con quella dei drammi, dei problemi e delle attese, fino a mettere talvolta a dura prova la speranza. Sappiamo ancora meglio, purtroppo, come la deriva di un malessere così profondo porti, alla fine, al malaffare e alla violenza.
Attraversare in processione le strade della città, accanto e in compagnia del Patrono, non lascia tranquilli. Non possiamo calpestarle e vedere le case di tante famiglie in sofferenza senza provare preoccupazione e dolore.
Un velo di tristezza sembra coprire strade e case. Quante famiglie senza reddito e senza pane. Quanti figli di mamma alla ricerca di un domani. Quanti giovani in attesa di un lavoro.
E’ questo un vero dramma; è problema prioritario rispetto a tutti gli altri problemi. La questione giovanile costituisce la grande sfida di questo nostro tempo, alla quale, tuttavia, si guarda con trepidazione ma anche con timidezza, perché non si hanno risposte da dare, perché non si sanno trovare risposte adeguate.
Le statistiche sui giovani disoccupati sono impressionanti e interpellano la coscienza di tutti.
Si sta distruggendo un patrimonio, qual è quello dei giovani, che è patrimonio dell’umanità, è il futuro della famiglia umana.
Chi restituisce loro la giovinezza perduta?
E’ delitto grave lasciare che si inaridisca una intera generazione di giovani senza lavoro o consentire che offerte di lavoro e proposte di arruolamento vengano dalla malavita. Ed è delitto altrettanto grave farli studiare, farli specializzare, farli dottori di ricerca se poi non si offre loro sbocchi occupazionali e professionali e li si tiene in parcheggio, inoperosi.
Non dobbiamo poi sorprenderci se si disgregano le famiglie, se si riducono o falliscono i matrimoni, se c’è la denatalità e se si va delineando una società stanca e invecchiata. Non dobbiamo allora meravigliarci e provare timore se nascono le baby gang e i baby boss, se le bande criminali si lottano e si distruggono nel tentativo di controllare il territorio e conquistarlo alla droga e al malaffare, portando nelle famiglie impoverimento e morte.
Su tale grave realtà, come Chiesa ci siamo interrogati con angoscia e responsabilità, riunendo a Napoli tutti i Vescovi delle Regioni ecclesiastiche meridionali per interrogarci sul futuro dei giovani del Sud, sulla mancanza di lavoro e sul possibile aiuto, che, in termini di proposte anche se non esaustive, possono dare le varie Diocesi.
Abbiamo avuto modo di riflettere e di dialogare tra noi Chiesa, confrontandoci con le Istituzioni e le Forze Sociali e abbiamo detto che qualcosa si può, anzi si deve fare per i giovani.
Certamente, non abbiamo competenze o formule risolutive strutturali, ma abbiamo pensato che possiamo mettere a disposizione quello che abbiamo, ossia il nostro patrimonio culturale ed anche i nostri terreni, per affidarli ai giovani riuniti in cooperative, ai quali però le istituzioni preposte debbono assicurare guida e sostegno.
Il percorso è stato avviato e i progetti sono in itinere e, per quanto riguarda la Campania, quanto prima si dovrebbe passare alla fase operativa.
Cari Amici,
Non permettiamo che la vita della nostra gioventù venga profanata, rubata e infine tolta. Famiglie, scuola, soggetti educativi e istituzionali: tutti devono sentirsi impegnati e responsabili di fronte a questa intollerabile piaga che deturpa, più di ogni altra, il volto e l’anima delle persone e della città.
La prima a non chiamarsi fuori è però la chiesa di Napoli, che non lascerà mai soli i suoi giovani e non si stancherà mai di alzare la voce in loro nome e a loro difesa. Metteremo in atto, più di quanto stiamo già facendo, tutte le iniziative e gli atti possibili per stendere una reale e concreta “rete di incoraggiamento e di aiuto” a salvaguardia della loro dignità.
San Gennaro ,Patrono esemplarmente vicino alla sua gente e difensore della fede, della giustizia e della dignità di ogni persona, ci aiuti nel compiere la nostra missione.
Maria Santissima, la nostra Madre e Regina, ci protegga e ci sostenga nella nostra fedeltà a Cristo, suo Figlio, e al Vangelo.
Dio benedica la nostra Città e la nostra Diocesi.
‘A Maronna c’accumpagna!