Rivolgo il mio saluto a tutti voi radunati in questa stupenda Basilica.
Ho pensato di svolgere qui il quarto e ultimo Dialogo con la Città, sotto lo sguardo premuroso della Beata Vergine, che esprime sollecitudine per le sorti della Chiesa intera.
Questa Basilica fu voluta ardentemente da una donna straordinaria, Maria Landi, che fin da piccola manifestò la sua grande devozione per la Madonna del Buon Consiglio, della quale si fece dipingere un quadro, che si rivelò “miracoloso” soprattutto in due occasioni: l’epidemia di colera del 1884 e l’eruzione vesuviana del 1906. Ottenuto il riconoscimento del culto alla Madonna del Buon Consiglio, si crearono le condizioni per l’edificazione di questo Tempio, terminato nel 1960. Nel 1921, intanto, era stato aggiunto a quello del “Buon Consiglio” anche il titolo di “Regina della Cattolica Chiesa”. Esso fu poi cambiato nel 1987 in “Incoronata Madre del Buon Consiglio e dell’Unità della Chiesa Regina della Chiesa Universale” dal mio venerato predecessore il cardinale Corrado Ursi.
Ho voluto richiamare brevemente la storia di questa Basilica e di colei che ne ha ispirato la costruzione, madre Maria di Gesù Landi, serva di Dio, per collegarmi anche al tema di stasera: la fede incarnata di Maria nella Chiesa e nella società di oggi. L’imitazione della fede di Maria da parte di tanti cristiani è stata una sicura guida verso l’imitazione di Gesù stesso. Non si tratta, però, di una fede astratta, avulsa dalla storia, bensì di una fede pienamente inserita nelle vicende storiche dell’umanità, in cui si dispiega il misterioso piano di salvezza di Dio Padre.
Non è, perciò, un caso, cari fratelli, se guardiamo al Magnificat come alla “confessione” della fede incarnata della Madre di Gesù, che l’evangelista Luca pone sulle sue labbra. Ella comincia subito a dichiarare la propria piccolezza, il suo essere creatura fragile, che non tralascia, però, d’innalzare il suo inno di lode al Signore che l’ha scelta per partecipare al compimento della storia della salvezza. Ascoltiamone le parole dal capitolo primo di Luca: «La mia persona magnifica il Signore e la mia interiorità esulta in Dio, mio salvatore, perché ha mostrato premura per l’umile condizione della sua serva. Ecco, d’ora in poi tutte le generazioni mi proclameranno beata».
L’umile ragazza di Nazareth si sente colmata della grazia divina e affiancata ai personaggi del glorioso passato del suo popolo: Abramo, Mosè, Davide, i grandi giudici e profeti
Avverte che Dio ha posto i suoi occhi su di lei, consacrandola per un compito speciale, nel quale ella può dispiegare ampiamente tutta la grandezza del suo genio femminile.
La fede incarnata induce Maria a guardare al passato del suo popolo, alla storia colma di vittorie che Dio ha conseguito combattendo a fianco dei padri, snudando la potenza del braccio quando ha diviso il Mar Rosso per farvi passare Israele e ha fermato l’esercito del faraone, che è stato travolto dalle acque.
Una fede che l’ha resa consapevole che, in ultima analisi, non sono i potenti del mondo a decidere le sorti dei loro popoli. Anzi, il loro cuore superbo viene “confuso” da Dio, come accadde al cuore del faraone e a quello di Aman, colui che voleva sterminare gli ebrei, l’avversario della regina Ester. I loro troni sono traballanti: quanti sovrani si sono avvicendati pensando di essere solidi? Invece gli umili sono stati innalzati, come successe a Davide, il pastorello che Dio scelse quando ancora badava al suo gregge, oppure com’è avvenuto alla stessa Maria, eletta non per le sue caratteristiche umane.
Affermando che il Signore ha ricolmato di beni gli affamati, ella pensava certamente al suo popolo nutrito nel deserto con fior di frumento e miele della roccia; quanti ricchi, invece, che hanno confidato e continuano a confidare nelle loro sostanze hanno perso tutto? Nel Magnificat colpisce anche il riferimento alla misericordia, che troviamo due volte. La prima al versetto 50, quando leggiamo: «di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono»; la seconda volta al v. 54, dov’è scritto: «Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia».
La Madre di Gesù, conoscendo bene le nostre fragilità, sa che abbiamo bisogno più che mai della misericordia, con la quale veniamo riabilitati e incoraggiati a proseguire il nostro cammino verso il Regno. Una misericordia che può rigenerare il cuore indurito di un malavitoso, di chi è senza scrupoli nel truffare gli altri, di chi usa violenza tra le mura domestiche contro gli indifesi, di chi si mostra indifferente per la sorte di coloro che gli sono accanto, di chi fa ancora distinzioni di razza e di religione
Quanto è potente l’effetto della misericordia, quando se ne prende coscienza! Meditando il Magnificat, allora, deduciamo che la fede di Maria ha tanto da dirci per la vita della Chiesa e del mondo d’oggi. Ella ci invita a non arrenderci all’ingiustizia, a non rassegnarci all’andazzo di questa società – nella quale vengono esaltati quei valori che svaniscono di fronte all’azione di Dio – e, inoltre, traccia una strada lunga ma efficace: l’impegno costante nella vicinanza ai poveri, affinché costoro sappiano che il Signore usa verso di loro la magnificenza della sua misericordia.
L’ormai imminente Natale, festa in cui celebriamo il mistero pasquale del Cristo che si è incarnato nella nostra umanità, sia l’occasione per guardare alla fede concreta e vissuta di Maria, una fede ricca di memoria del passato e di speranza per il futuro.
Resi forti dalla memoria e solleciti per un futuro da costruire, porgo a tutti voi i migliori auguri di un Santo Natale, momento propizio di rinascita di una fede operosa in Gesù, Principe della pace, come quella diMaria e del suo sposo Giuseppe.