Messaggio del Cardinale Sepe per la Quaresima 2010 -il video

Carissimi,
con il Mercoledì delle Ceneri inizia la santa Quaresima, l’annuale itinerario spirituale verso la Pasqua.
Anche quest’anno, invitati dallo Spirito Santo all’ascolto attento della Parola di Dio e alla preghiera incessante (Lc 18,1; Ef 6,18; 1 Ts 5,17), ci ritroveremo nella Chiesa Cattedrale, nei cinque Mercoledì di Quaresima, per ascoltare e meditare insieme sulla Parola di Dio. Ci guiderà, nella Lectio divina, il Libro dei Numeri.
La Quaresima si apre con il racconto evangelico di Gesù tentato dal diavolo nel deserto, luogo della lotta e della prova. Nel deserto, Gesù è l’orante che vince le seduzioni di satana rimanendo fedele alla Parola di Dio e abbandonandosi totalmente nelle braccia del Padre.
Il racconto delle tentazioni riassume in una pagina drammatica, il travaglio interiore che accompagnerà Gesù lungo la sua missione. Travaglio superato con la preghiera, il digiuno e il silenzio adorante. Come Gesù anche noi siamo condotti dallo Spirito nel deserto, per vincere con la preghiera l’incanto dei beni terreni e liberarci dalla tentazione di condizionare gli interessi del regno di Dio con il proprio tornaconto.
La Quaresima è anche tempo di preghiera incessante e silenziosa, di contemplazione delle meraviglie che Dio di continuo opera in noi e con noi, colmando il nostro cuore di stupore sempre nuovo. Dedicare tempo alla preghiera significa lasciarsi incontrare dal Padre nostro sempre ricco di misericordia. Chi prega, afferma il primato di Dio nella vita a fronte di un attivismo frenetico, che ritiene il tempo dedicato alla preghiera tempo perso. È certo però che la prima e principale espressione epifanica della Chiesa è la comunità orante: «La Chiesa è la società di uomini che pregano. Suo scopo primario è di insegnare a pregare. Essa è una scuola di preghiera» (Paolo VI, Insegnamenti, Vol. VI). Purtroppo, anche tra noi cristiani serpeggia l’idea di apprezzare di più chi si impegna particolarmente nell’azione, mentre è dalla preghiera che scaturisce l’azione pastorale della Chiesa. È urgente, allora, riscoprire la forza della preghiera e il fascino della contemplazione come vera actio, quale opus Dei per eccellenza. Difatti dalla preghiera scaturisce il coraggio della testimonianza e alla preghiera si ritorna per verificarsi e confrontarsi nel silenzio con la Parola.
Una preghiera incessante deve impegnare la Comunità diocesana in quest’Anno Sacerdotale indetto dal Santo Padre in occasione del 150° anniversario del “dies natalis” di Giovanni Maria Vianney, il Santo Patrono di tutti i Parroci del mondo. «Tale anno, che vuole contribuire a promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi, si concluderà nel 2010» (Benedetto XVI). Il Santo Curato d’Ars soleva dire che: «Il Sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù».
La preghiera è la via per vivere la carità operosa, la quale conferma che l’orazione non è alienazione o cedimento al solipsismo e all’inerzia. La preghiera autentica chiede che la nostra vita sia messa a disposizione di tutti coloro che hanno bisogno del nostro aiuto, della nostra parola e del nostro affetto. In realtà essa è sempre un invito al servizio, alla disponibilità a consegnare la nostra vita nelle mani di Dio e dei fratelli. Il fatto che ci doniamo come fa Cristo nell’Eucaristia, siamo liberati da una fede miracolistica che spesso nasconde il disimpegno quotidiano e corrisponde ad una forma di evasione. La preghiera che si fa servizio, invece, ci libera dall’ipnosi di tante idolatrie che condizionano la nostra libertà e ci allontanano da Dio. Essa è per davvero l’anima della carità, e ha la forza di trasfigurare i nostri gesti di amore e la nostra vita.
La carità della Chiesa affonda le radici e trova piena giustificazione nell’Eucaristia celebrata e testimoniata nel quotidiano. Difatti, Eucaristia-carità-preghiera sono inscindibili. Una carità che non nascesse dall’urgenza e dalla necessità di vivere l’Eucaristia si ridurrebbe a semplice filantropia. Pregare non è facile perché richiede impegno, apertura e molta generosità. Secondo alcuni maestri di vita spirituale, la preghiera è “la più grande fatica”, specie quando lo spirito non assapora il “gusto delle realtà spirituali” e quando si sperimenta il “silenzio” di Dio. Proprio allora la preghiera diventa preziosa, si fa fedeltà nella prova, accoglienza della “notte oscura” ed esperienza viva della stessa preghiera di Gesù nell’Orto degli Ulivi, sino a condividere “gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”. (Fil 2,5). Il Santo Curato d’Ars soleva dire che: «La preghiera nient’altro è che l’unione con Dio. Quando qualcuno ha il cuore puro e unito a Dio, è preso da una certa soavità e dolcezza che inebria, è purificato da una luce che si diffonde attorno a lui misteriosamente. In questa unione intima, Dio e l’anima sono come due pezzi di cera fusi insieme, che nessuno può separare». Nel “silenzio” di Dio si guarda senza vedere e si ascolta senza intendere. Rimanere nel Getsemani nella condizione di non “vedere” e di non “intendere” è fedeltà alla preghiera nonostante tutto, nonostante il silenzio e l’aridità. Pregare così è offerta di sé a Dio, attesa di salvezza, richiesta di luce, offerta al Padre, pronto ad accogliere la sua volontà come pioggia che irriga la terra arida e assetata. Allora la preghiera del Getsemani si trasforma in un giardino fiorito nonostante i cardi e le spine: «Padre, non la mia, ma la tua volontà… Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 22,42; 23,44).
Cristo solo è il modello dell’orante (Mt 14,23; Mc 1,35-37; Lc 9,28). È Lui la grande preghiera posta nel cuore dell’umanità e della creazione. Noi siamo resi partecipi della Sua preghiera quando facciamo spazio alla Sua voce e al Suo Spirito (1 Cor 12,3) e ci apriamo al dialogo con il Padre. Pregare allora, non è semplicemente un dovere, ma una necessità esistenziale. La divina liturgia ci fa pregare così: «Tu non hai bisogno della nostra lode, ma per un dono del tuo amore ci chiami a renderti grazie; i nostri inni di benedizione non accrescono la tua grandezza, ma ci ottengono la grazia che ci salva, per Cristo nostro Signore» (Prefazio Comune IV).
Fratelli e sorelle,
in questa Quaresima Cristo attende e chiede la nostra preghiera: «Ecco, sto alla porta e busso» (Ap 3,20), apriamo le porte del nostro cuore per permettere al Signore di entrare e rimanere con noi. Nel silenzio della cella del cuore (Mt 6,6) chiederemo al Signore “doce nos orare” (Signore, insegnaci a pregare) (Lc 11,1) che è come dire: insegnaci a fare la tua volontà, a consegnarci al Padre e ai fratelli.
Affido alla vostra preghiera la nostra Comunità Diocesana e, in particolare, i nostro cari Sacerdoti che celebrano l’Anno Sacerdotale, perché sempre più diventino uomini di preghiera e di carità operosa sul modello del Signore Gesù e sull’esempio del Santo Curato d’Ars che pregando chiedeva: «Mio Dio, fammi la grazia di amarti tanto quanto è possibile che io t’ami».
La Vergine santa e benedetta, la Donna orante che conserva tutto nel Suo cuore (Lc 2,5), ci accompagna in questi 40 giorni di rinnovamento spirituale e presieda la preghiera pasquale (At 1,14) sino alla gioiosa Pentecoste.
Tutti benedico nel Signore!Napoli, dalla Sede Arcivescovile
10 gennaio 2010
Festa del Battesimo del Signore
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