Napoli: una città offesa

Il grido di dolore del Cardinale Sepe

Ancora sangue per le strade e nelle case, anche di vittime innocenti, alle cui famiglie va la mia vicinanza e il mio profondo cordoglio. Si ripetono casi raccapriccianti, dolorosi e preoccupanti di una violenza che a volte è di natura patologica, ma spesso è purtroppo, provocata da una delinquenza, organizzata o meno che sia, che vede come protagonisti non pochi giovani.
 
E’ il volto di una Città offesa e sofferente che meriterebbe ben altra considerazione sul proscenio nazionale e internazionale per la sua storia, la sua ricchezza culturale, le sue grandi risorse umane, professionali e lavorative, per le tantissime eccellenze, e invece si trova ad essere ingiustamente e ingenerosamente umiliata e commiserata se non vituperata e condannata.
Si dirà – e si può anche convenire – che si tratta delle tante emergenze proprie di una grande metropoli, ma è innegabile che la criminalità ha il suo peso, fa paura, rende insicuri, scoraggia visitatori e investitori
Da qui una povertà e una disoccupazione, che, al di là della crisi economica generale, stanno diventando strutturali, fiaccando la resistenza, l’impegno e il coraggio delle tante forze sane presenti nella popolazione, nonché la tenuta e la sopravvivenza di molte famiglie, la capacità reattiva delle comunità territoriali. 
 
Le responsabilità ci sono a appartengono a tutti, a partire dalla Chiesa ma anche le istituzioni e i singoli cittadini sono chiamati in causa. Tutti dobbiamo avere il coraggio di saper vedere e capre, saper ascoltare e saper denunciare quando è necessario. Gli stessi cosiddetti casi di depressione hanno in qualche modo una loro matrice sociale che non va trascurata, perché troppi “malati” partono da uno stato di sfiducia e di disperazione per finire nella cosiddetta depressione e i “colpiti” finiscono sulle spalle dei familiari, i quali fanno il massimo dal punto di vista umano e affettivo, diventando talvolta vittime innocenti non di un congiunto ma di un problema che appartiene all’intera società.
 
Bisogna, dunque, darsi da fare e occorre fare presto, perché é in gioco il futuro di tutti. Come ho scritto nell’ultima Lettera Pastorale, c’è tanta sete di Dio, di umanità, di lavoro, di giustizia, di carità. E la sfida maggiore cade proprio in capo alle comunità ecclesiali, che debbono dare il massimo in termini di accompagnamento, di condivisione e di premura nei confronti della nostra gente, dei nostri fratelli più deboli, dei giovani innanzitutto, i quali si aspettano anche un aiuto materiale, ma prima ancora cercano un conforto morale e spirituale, una carica di umanità. Hanno bisogno di trovare “acqua” che li disseti.
 
E’ una grande sfida e noi per primi dobbiamo metterci in gioco, dobbiamo lasciarci “contaminare” dai problemi altrui, facendo capire e dimostrando che cambiare, migliorare è possibile, in termini di rispetto della persona e della legge, in termini di sviluppo e di crescita civile. Ma dobbiamo fare rete e combattere l’indifferenza o la negligenza o l’incapacità di qualcuno.
 
Dobbiamo far capire e affermare che il bene comune viene prima di quello personale o di parte e che ci si può ritenere buoni cristiani soltanto se si è anche buoni cittadini, pronti a tendere la mano al fratello che sta ai margini della strada.
Napoli è come un libro meraviglioso del quale ci sono ancora tante belle pagine da scrivere e non con il sangue ma con il sudore della fronte.
 
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