La Chiesa di Napoli in cammino per la missione, seguendo la prima delle opere di misericordia: “Dar da mangiare agli affamati”. È la sintesi che il Cardinale Crescenzio Sepe fa della prossima Lettera pastorale, che sarà resa nota il 14 settembre, nel corso del Plenum diocesano che si è tenuto lo scorso 24 giugno presso la casa di Spiritualità “Sant’Ignazio di Loyola” a Cappella Cangiani.
Ribadite le due priorità pastorali: oratori e catechesi. Quanto ai primi, per l’Arcivescovo essi dovranno configurarsi sempre di più come uno «spazio aperto alla formazione umana e cristiana» per garantire ai giovani di crescere non soltanto nell’amicizia e nella conoscenza reciproca ma anche e soprattutto nella capacità di relazionarsi con la realtà in cui vivono.
Circa la catechesi, invece, il Porporato ha ribadito quattro punti: a) il proseguimento nei decanati con la formazione socio-politica; b) il rafforzamento dell’esperienza dei Centri del Vangelo in chiave sempre più missionaria e come presenza di Chiesa nel territorio; c) la diffusione del sussidio catechistico “Andate in Città”; d) la formazione permanente dei catechisti e degli altri operatori pastorali a partire proprio dal sussidio pubblicato.
Il Cardinale ha quindi esortato ad andare avanti con coraggio ed entusiasmo «nella continuità del Piano Diocesano espresso nelle precedenti lettere pastorali» nel segno del pane condiviso. «Sappiamo che non è certamente compito della Chiesa indicare soluzioni tecniche – ha sottolineato il Cardinale, tuttavia, ha proseguito citando l’Octagesima Adveniens di Paolo VI – spetta alle comunità cristiane analizzare obiettivamente la situazione del loro paese, chiarirla alla luce delle parole immutabili dell’evangelo, attingere principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive di azione nell’insegnamento sociale della Chiesa».
Ovviamente l’impegno pastorale non può ridursi a forme di assistenzialismo ma deve mirare alla formazione delle coscienze e, pertanto, tendere in maniera funzionale al bene integrale dell’uomo, in modo da renderlo responsabile di se stesso, del proprio futuro, ma anche della propria comunità di appartenenza.
«”Voi stessi date loro da mangiare ” – ha ribadito – è il monito che il Signore rivolge ancora oggi alla Chiesa di Napoli, perché i suoi discepoli si facciano loro stessi pane per il popolo.
Qui, come allora, il deserto inospitale della disperazione può divenire un prato verde su cui sedersi e riposare. Un prato sul quale far giocare i bambini e immaginare con loro un futuro di condivisione a misura d’uomo». Da qui le prospettive: si tratta anzitutto di recuperare la “funzione pedagogica della carità” perché ogni azione mirata abbia in sé una dimensione non solo pratica ma morale e spirituale e poi di dare spazio alla vita consacrata e alla famiglia, luoghi “sociologici” dove la carità, l’accoglienza e l’attenzione al prossimo giocano un ruolo di primaria importanza.
«Molto resta ancora da fare», ha concluso l’Arcivescovo, ma «tutto sarà possibile se svolgeremo un’azione costante e congiunta di tutte le risorse pastorali disponibili perché questo renderà più credibile il nostro impegno verso i lontani e più significativa la nostra presenza nel territorio». L’obiettivo, dunque, è di costruire l’azione pastorale sulle parole di Papa Francesco che auspica una Chiesa “in uscita”, sollecita nel prendere l’iniziativa, disposta a farsi coinvolgere nella storia degli esclusi, pronta, ad accompagnare gli uomini nei processi di sviluppo e a festeggiare con loro ogni tappa, ogni passo avanti (Evangelii gaudium,24).