Quante Napoli conoscete? Quella della camorra, della disoccupazione, dei delitti sotto casa? Oppure quella dello scandalo della “monnezza“? Ebbene, Napoli non è solo questo. È un universo misterioso e poliedrico, una “città mondo”, con le sue facce doloranti e patetiche, la sua ricchissima umanità. Il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli dal 2006, abbandona per una volta stereotipi e pregiudizi e ci racconta “questa terra di sangue e speranza ” nella sua verità.
Pur non rinunciando a criticare i lassismi di una certa politica e le connivenze della società civile, il Cardinale Sepe indossa gli abiti del pastore, del padre, del fratello e compie un viaggio nel cuore più nascosto della sua città. Percorre le strade e i vicoli delle periferie più dissestate, incontra i sacerdoti che operano nelle numerose realtà parrocchiali sparse sul territorio della diocesi, promuove iniziative di solidarietà a favore dei più umili e dei più poveri e restituisce al lettore l’immagine di una Napoli piena di risorse e di fiducia nell'”altro”, capace di accogliere e di amare con dignità, di scommettere su un futuro migliore.
In una città dove anche l’esistenza quotidiana appare difficile e rischiosa, compito dei cristiani, e della Chiesa con il suo magistero, è additare ai cittadini un percorso di fiducia e di speranza, animati in questo dal senso di responsabilità e dagli insegnamenti del Vangelo. Allo scempio urbanistico delle “Vele” di Scampia, alla violenza e all’abbandono dei Quartieri spagnoli, di Forcella o della Sanità, alla disperata rassegnazione di chi “tira a campare perché la città è questa”, fanno da contraltare i preziosi testimoni della solidarietà e della “presenza di Cristo”: sacerdoti, medici, insegnanti, operatori sociali, volontari delle case famiglia e degli ospedali, cittadini comuni. Tutti insieme, con grande sacrificio e impegno, lontano dai riflettori dei media, compiono il vero miracolo: trasformare la terra dell’abbandono, della sofferenza e della disgrazia in un’oasi di pace, di accoglienza e di amore. Perché non si può in alcun modo “imbavagliare il Vangelo”, perché la promessa diventa anche una sfida: “Non rubate la speranza”.