E se un tale insegnamento arriva dalla cattedra di Pietro, appare difficile aggiungere verbo. Ma in questo caso, Benedetto XVI si è spinto oltre: prendendo la via per YouTube si è preoccupato di fornire un po a tutti una carta di riferimento, quasi una bussola per aiutare a percorre strade così nuove e affascinanti, ma talvolta lastricate anche di qualche click capace di portare completamente fuori rotta. Non a caso è stata scelta la celebrazione della «Giornata mondiale delle comunicazioni sociali» per un tale esordio. Dal Concilio in poi – quando fu istituita – la giornata è accompagnata da un messaggio che, per tutto lanno, dà lindirizzo pastorale alla comunicazione nella chiesa. È così anche stavolta, ma il testo pontificio va di pari passo con la notizia-evento e segna, a suo modo, un vero e proprio spartiacque con i messaggi precedenti, tanto che non è esagerato affermare che si è di fronte al primo, vero documento interamente dedicato alle nuove tecnologie. Già nelle prime righe, questa piccola «enciclica» sulla comunicazione segna un significativo cambio di indirizzo: per la prima volta la parola è rivolta direttamente alla «generazione digitale» e, quindi, i primi a essere chiamati in causa sono i giovani. Di essi il Papa esplora – in questo caso più con il cuore che con il «mouse» – il vasto mondo che li circonda, fatto ad immagine e somiglianza proprio delle nuove tecnologie, invasive attraverso i mezzi – sempre più sofisticati – ma anche per il tramite di un linguaggio che sta cambiando i connotati del vocabolario corrente del terzo millennio. Di fronte a un mondo come questo è possibile sbarrare gli occhi per lo stupore, ma sarà sempre più difficile chiuderli cercando, in qualche modo, di azzerare una realtà che non si vuole accettare. La scelta del Papa – e della chiesa – appare quella, invece, di aprire non solo gli occhi, ma predisporre anche la mente a unaccoglienza senza paure. Se esistono i timori – avverte il messaggio – occorre fronteggiarli oltre che sul campo più scontato delluso improprio – con le trappole della pornografia, del bullismo e dellimbroglio in prima linea – sul fronte del «digital divide», ossia dello squilibrio sulle possibili utilizzazioni dei nuovi sistemi ancora irraggiungibili dai Paesi poveri. Questo gap è presentato in modo estremo: si tratta di risorse essenziali, assimilate ai generi di prima necessità, e chi ne è privo si trova ad essere svantaggiato sulla via del progresso e soprattutto della promozione umana. Dietro allevento del Papa su YouTube cè tutto questo, ma altro ancora, nel senso che IL SOLO GESTO BASTA DA SOLO A METTERE MUFFA INTORNO AI DISCORSI SULLIMPORTANZA CHE LA CHIESA ATTRIBUISCE ALLA COMUNICAZIONE E ALLE NUOVE TECNOLOGIE che ne hanno così profondamente modificato il profilo. Ma anche pensare a Benedetto XVI su YouTube può servire, forse, a delineare meglio limmagine di un Papa spesso accusato di essere poco mediatico. In questo primo «pellegrinaggio» nel cyberspazio, la sua prima preoccupazione è stata quella di preparare con scrupolo i contenuti (il software) di riferimento, ponendo in primo piano la circostanza che il «desiderio di connessione e listinto di comunicazione» – così scontati nella cultura moderna – non sono altro che il riflesso «della nostra partecipazione al comunicativo amore di Dio, che vuole fare dellumanità ununica famiglia». È su queste basi che il messaggio passa in rassegna la lunga lista dei valori positivi, a cominciare dallamicizia – quando ovviamente essa non è banalizzata – e dallampliamento di unarea di dialogo diventata senza confini – che non siano naturalmente quelli dellostilità e della incomprensione. Lo sguardo del Papa si volge anche alla ricerca scientifica, e ai vantaggi che ad essa possono derivare dalle nuove tecnologie informatiche. Niente è lasciato per strada, e la decisione di andare su YouTube ha tutto il senso di un arruolamento -responsabile sì – ma senza riserve in uno spazio – anzi in un cyberspazio – nel quale la chiesa non ha nessuna intenzione di sentirsi estranea. DALTRA PARTE LA STRADA, PARTICOLARMENTE NELLA COMUNITÀ ECCLESIALE ITALIANA, È GIÀ TRACCIATA (E NAPOLI, UNA VOLTA TANTO, ATTRAVERSO LA RETE DIOCESANA, È GIÀ QUALCHE PASSO AVANTI).
Angelo Scelzo (Il Mattino)