Riflessioni dell’Arcivescovo di Napoli Cardinale Crescenzio Sepe

20 Luglio 2008- scrivi il tuo commento nel blog del Cardinale http://blog.www.chiesadinapoli.it/wordpress/


Violetta e Cristina, due cuginette rom di 12 e 13 anni giravano per le spiagge libere del nostro litorale offrendo, a poco prezzo, calamite colorate o altri oggettini, utili o inutili, che le consentissero di racimolare qualche soldo. Con il mare a due passi hanno lasciato per un momento da parte la loro mercanzia e hanno fatto ciò che tutte le bambine o ragazze della loro età avrebbero fatto: hanno cercato refrigerio nell’acqua. Hanno trovato invece la morte. La più piccola si è trovata subito in difficoltà; l’altra si è lanciata nel tentativo di salvarla.Tutto inutile.Un’altra tragedia è venuta così, a ferire il cuore di Napoli. E’ una tragedia grave, di fronte alla quale la Chiesa avverte tutto il dolore e l’afflizione per due vite preziose, la cui perdita va a impoverire e rendere in qualche modo più fragile e vulnerabile i due mondi che la comunità cristiana, non solo quella di Napoli, sente più vicini e considera parte privilegiata di se stessa: il mondo dei giovani, e quello degli ultimi della fila, degli emarginati.
Di Violetta e Cristina i giornali hanno mostrato le foto quando già tutto era compiuto; e di due bambine abbiamo potuto scorgere appena i piedi che sporgevano da un telo da spiaggia, con il quale qualcuno pietosamente ha provveduto a coprire i corpi senza vita. In quelle tristi e orribili foto si è visto , per la verità, anche altro: gente sullo sfondo, bagnanti che hanno continuato a restare in spiaggia forse perfino infastiditi dalla visione di quei due teli che ingombravano l’arenile. Sono queste le immagini che della nostra città non vorremmo mai vedere, perfino più di quelle che hanno mostrato per il mondo una Napoli sommersa dai rifiuti. La tristezza veniva non solo da quei due copri sotto i teli, segno di una tragedia ancora più penosa di quelle catalogate come “morti sul lavoro”, ma proprio dalla gente sullo sfondo o – peggio – dalla gente che faceva da sfondo, che non prendeva parte e non si sentiva per niente coinvolta. Girarsi dall’altra parte o, farsi gli affari propri può essere a volte più devastante degli stessi eventi che accadono.L’indifferenza non è un sentimento per gli essere umani; e meno che mai poteva (e doveva) essere per Violetta e Cristina già segnata da una vita di stenti e forse debilitate esse stesse dal peso di pregiudizi difficili da sopportare per la loro età.E’ tempo di parole chiare per Napoli e non vorremmo che proprio l’indifferenza, in una comunità così generosa e ricca di umanità, possa profilarsi come una nuova – e più grave – emergenza.Dal fronte delle tante crisi è stato appena possibile tirare un sospiro di sollievo per una città indubbiamente più pulita e presentabile.Ma la Chiesa ha il compito di guardare fin dentro l’animo dei suoi figli. E se il velo dell’indifferenza si ispessisce, tutto diventa opaco e tutto può diventare irrimediabilmente sporco .Violetta e Cristina, con il loro sacrificio, chiedono – e ne hanno tutto il diritto – di entrare nell’anima e finanche nella storia di questa Napoli così complessa e difficile. Insieme indicano una direzione di marcia che, in modo misterioso, richiama un evento di tutt’ altro genere, svoltosi da tutt’altra parte, ma costruito su una lontananza che non è affatto tale: la giornata mondiale della gioventù che ha visto il Papa consegnare ai giovani parole impegnative ed esigenti.
Parole che valgono a capire e a comprendere più a fondo il sacrificio di Violetta e Cristina, due giovani della Chiesa di Napoli. Due giovani di cui questa Chiesa va fiera, e per le quali invoca la preghiera di tutti.
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