SOLENNITA’ DI SAN GENNARO
Omelia 19 settembre 2020, ore 10
Porgo un cordiale saluto a tutti Voi, presenti in questa Cattedrale e sul sagrato, e a quanti ci seguono in diretta televisiva su Canale 21 e TV2000, nonché in diretta streaming attraverso MariaTV che, come negli anni scorsi, diffonde questa celebrazione in tutto il mondo. A queste Emittenti va il cordiale grazie mio personale e della Chiesa di Napoli.
Con deferenza saluto tutte le Autorità Civili e Militari, i Confratelli nell’Episcopato, i Presbiteri, i Diaconi, i Seminaristi, i Giornalisti e le persone che si sono unite a noi per rendere omaggio al nostro Santo Patrono, Gennaro, che ancora una volta ha dimostrato la sua vicinanza e la sua protezione attraverso la prodigiosa liquefazione del suo Sangue, per volere di nostro Signore.
Cari Amici,
questa ricorrenza l’abbiamo attesa più di altre volte. Ci siamo avvicinati ad essa con un’emozione tutta particolare, che abbiamo visto crescere, giorno dopo giorno, perché, come sempre, San Gennaro è stato con noi e ci ha accompagnato in questo tempo che ha sconvolto il mondo perché segnato dalla pericolosità di una terribile pandemia da coronavirus che, purtroppo, continua ad essere una minaccia e ci impone restrizioni e stili di vita, rigorosi e assolutamente necessari.
Abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo, anche se in misura diversa, un tempo di prova e di sofferenze non riconducibile a nessun altro triste evento che la nostra città e il nostro territorio hanno vissuto, anche se per la verità, non si tratta di un’emergenza tutta e solo napoletana.
In questo quadro così preoccupante, possiamo dire che San Gennaro non è stato a guardare e ha ascoltato, come patrono e protettore della città e di tutta la regione, le invocazioni e le preghiere di quanti a lui si sono rivolti.
Noi, oggi, siamo qui per dirgli ancora grazie e per chiedergli di continuare ad assisterci e ad illuminarci perché possiamo agire con responsabilità e accettare, per il nostro bene e per il bene comune, le dure regole di questo tempo che ci interpella e ci inquieta ben oltre l’aspetto sanitario.
Come dice Papa Francesco, da questo tempo di crisi senza precedenti non si può uscire uguali a prima, ma solo meglio o peggio.
È proprio in questo senso che la pandemia apre per Napoli un capitolo tutto nuovo e di prospettiva; oggi tocca a noi trovare insieme la via per uscire da questa crisi più forti e a testa alta, così come a testa alta abbiamo affrontato la prima parte di questa emergenza, testimoniando spirito di sacrificio, senso di responsabilità, compostezza e anche generosità. Ecco, deve essere questo il nostro primo impegno come cristiani e come cittadini messi di fronte a una prova tanto drammatica quanto inattesa.
Del resto, troppi focolai sono ancora attivi e i tempi per un vaccino non sono vicinissimi per cui oltre gli aspetti sanitari, preminenti poiché riferiti alla salute e alla vita delle persone, sono sempre più evidenti i segni di uno sconvolgimento socio-economico pericoloso perché nuovo.
La lunga chiusura di aziende e negozi con il calo dei consumi dei mesi scorsi ha messo in ginocchio l’economia, anche a Napoli e in Campania. Abbiamo visto crescere, in una realtà già critica, nuove fasce di povertà, mentre i poveri sono diventati più poveri.
Anche su questo versante San Gennaro non ha fatto mancare la sua protezione e intercessione per cui la Provvidenza ha mosso il cuore della solidarietà sia nel campo sanitario, sia in persone sensibili e generose che non hanno fatto mancare il loro concreto aiuto a tantissime famiglie indigenti.
Ancora una volta, Napoli è stata interpellata e ha dimostrato la grandezza del suo cuore, mettendo in campo la sua umanità, oltre che la sua capacità reattiva e generosa, come quella messa a servizio dei contagiati dal mondo socio-sanitario con sacrifici personali, professionalità e dedizione assoluta.
Una ulteriore testimonianza è venuta, nel pomeriggio di ieri, proprio da questo mondo socio-sanitario che ha voluto offrire l’olio per alimentare la lampada votiva al Santo Patrono.
Ora ci troviamo tra crisi vecchie e nuove e dobbiamo dare corpo alla nostra responsabilità per una necessaria riflessione proiettata verso il futuro della città e delle nostre comunità.
Dopo il lockdown, ci stiamo rendendo conto che davvero niente è più come prima, dopo di esserci “ illusi di poter vivere da sani in un mondo malato”, come ha osservato nei mesi scorsi Papa Francesco.
Ora cadono gli alibi, ma cresce la nostra responsabilità diretta che deve regolare il rapporto tra ognuno di noi e la comunità, tenendo conto che il Covid-19 è sempre in agguato e che altri virus infestano, non da oggi, la vita quotidiana di Napoli e del suo territorio.
Penso alla violenza, un virus che continua ad essere praticata con leggerezza e crudeltà, le cui radici vanno oltre il cumulo dei “mali sociali” che ne favoriscono l’esplosione.
Penso al pericolo di ingerenza e inquinamento della malavita comune e organizzata, che tenta di accaparrarsi risorse destinate alla ripresa economica, ma tenta anche di assoldare proseliti attraverso incarichi delinquenziali o prestito di danaro. L’attacco che la delinquenza continua a portare alla città è più vile che mai, perché anche in questo tempo di crisi, il suo obiettivo è quello di trarre profitto, ad ogni costo, perpetuando un ricatto ancora più odioso.
Penso al male seminato da quanti continuano a rincorrere la ricchezza attraverso le illegalità, l’affarismo, la corruzione, le truffe, l’egoismo, la prevaricazione, le ingiustizie, la sete di dominio, il potere non come servizio, ma come arma contro il bene comune.
Penso alle conseguenze della mancanza o inadeguatezza del lavoro che colpisce padri e madri di famiglia, creando disperazione e affievolimento di valori.
Penso anche al dramma di quanti, abituati a “vivere alla giornata”, hanno visto venir meno anche questa precaria attività e il modesto reddito.
Penso, soprattutto, alle schiere di giovani che sono portatori del vero contagio della speranza, ma che finiscono nella delusione e nell’avvilimento perché dal mondo degli adulti non riescono ad avere concrete risposte alle loro legittime domande di lavoro e di impegno professionale.
Penso alle varie forme di emarginazione sociale, un male che mortifica la dignità dell’uomo e, talvolta, lo rende vulnerabile fino ad annientarlo.
Alla fine di questo tunnel senza luce, come somma dei mali, non c’è altro se non un divario tra uomo e uomo, ossia il vero e preoccupante distanziamento sociale che altera il senso di appartenenza alla stessa comunità, alla stessa famiglia umana, creando delusione, insoddisfazione, reazione e proteste.
Contro questi pericoli e questi mali, contro ogni forma di deviazione i giovani sono chiamati ad essere il primo argine, come protagonisti del cambiamento. Tutti sappiamo bene che loro sono la vera, grande risorsa di Napoli e del Sud, delle nostre comunità e dei nostri territori che hanno bisogno, come il pane, della freschezza delle loro idee, del loro entusiasmo, della loro genialità, del loro ottimismo, del loro sorriso.
I giovani sono la speranza. Bisogna puntare su di essi per preparare, nel laboratorio della vita quotidiana, quel vaccino salvifico, capace di contrastare i mali, vecchi e nuovi, di costruire la società delle certezze e del bene comune.
È stato detto e scritto da ogni parte che l’emergenza del coronavirus ha costretto tutti alla riflessione. Per alcuni mesi il mondo si è quasi fermato, come mai era accaduto in passato.
Papa Francesco ha preannunciato un’Enciclica – “Tutti fratelli” – per aiutare tutti noi a cogliere appieno il senso di questa crisi. L’indicazione è chiara: siamo a un bivio, ma ognuno nel proprio territorio e secondo le proprie possibilità è chiamato, in qualche modo, a ripartire daccapo, a fare tesoro degli insegnamenti indotti da un evento misterioso e inatteso, ma che impone tuttavia di guardare avanti, di curare, certo, l’aspetto sanitario, tenendo però conto dell’esigenza di prospettive; della necessità di mettere ordine nel nostro cammino, rispettando le priorità giuste, privilegiando l’essenziale e affrancandoci da ogni delirio di onnipotenza.
Anche e soprattutto per Napoli sono queste le modalità per aggredire e mettere al tappeto il Covid-19, come tutti gli altri virus che infestano ancora la vita della comunità.
Nel giorno della Festa di San Gennaro sentiamo più forte che mai la vicinanza del Patrono. Lui conosce i bisogni di Napoli e, più di tutti, conosce l’oggi della sua città. Vede le sue sofferenze, ma è sempre pronto ad alimentare le sue speranze. E a tendere la mano per aiutare a rialzarci, anche dopo questo nuovo tempo di prova. Ma noi dobbiamo dimostrare nei fatti di essere degni della sua protezione e della sua intercessione.
Dio benedica tutti! San Gennaro ci protegga!
E ‘a Madonna c’accumpagne!