Serino, 26-28 Giugno 2007
«La Chiesa di Napoli prende, nel Sinodo, maggiore consapevolezza di essere il sacramento della salvezza posto da Dio in questo territorio. Essa, perciò, vuole essere profezia facendosi presente in maniera credibile in mezzo agli uomini per manifestare, con l’esempio della vita dei suoi membri, con la testimonianza della parola, con la povertà delle sue strutture e con la dedizione delle sue istituzioni, la continuità e l’attualità del messaggio di Gesù Cristo, così come Gesù stesso lo proclamò a Nazareth. Perciò, sentendosi in stato di missione, afferma l’assoluta priorità dell’evangelizzazione, impegnandosi anche a rivoluzionare la prassi pastorale, adeguando obiettivi, metodi e strumenti alla concreta condizione spirituale dei figli di Dio che vivono nel territorio della Chiesa di Napoli, privilegiando quelli che Gesù stesso privilegiò, denunciando le situazione di falsità e di ingiustizia, al fine di rendere credibile l’annuncio che il “il Regno di Dio è vicino” ed accettabile l’invito: “convertitevi e credete al Vangelo” (cfr. Mc 1,15)» (XXX Sinodo della Chiesa di Napoli, Documento conclusivo, 141).
È ormai un anno da quando, per volontà di Dio e determinazione della Sede Apostolica, siedo sulla Cattedra di Sant’Aspreno. Sono venuto in mezzo a voi con il convincimento che l’amore per la nostra Chiesa di Napoli deve essere il fondamento e l’unico punto di riferimento del mio ministero episcopale. Sapevo di essere stato chiamato ad un’impresa delicata e difficile, ma ero fermamente convinto, e lo sono tuttora, che sarebbe stato esaltante lavorare insieme a voi, proprio per rispondere a questa straordinaria vocazione che il Sinodo della Chiesa di Napoli indicava come percorso prioritario: una Chiesa in stato di missione, sempre capace di mettersi in discussione per l’annuncio del Vangelo.
Nella mia prima lettera, Il Sangue e la Speranza, dato il contesto in cui siamo chiamati ad operare, sottolineavo l’esigenza di un attento esame delle diverse e specifiche problematiche che caratterizzano il territorio della nostra diocesi, ma soprattutto la necessità della disponibilità all’ascolto, così da utilizzare tutte le forze, nel pieno rispetto del principio della sussidiarietà. «Riorganizzare la speranza – scrivevo – è possibile, se impariamo a comunicare, a confrontarci, a lavorare insieme, a saper accettare le idee e le proposte degli altri».
So che alcuni avrebbero preferito scelte più immediate e subito nuovi orientamenti e prospettive pastorali. Credo, sarebbe stato presuntuoso imporre una linea di governo senza partire dall’ascolto e sarei stato arrogante se avessi proposto i contenuti di un percorso, che deve necessariamente coinvolgere tutti, senza ascoltare il parere di quanti quotidianamente, anche nel silenzio, lavorano con fatica nella vigna del Signore.
Pertanto ho preferito darmi un anno di tempo in cui l’ascolto fosse al centro di questa mia nuova esperienza ministeriale. D’altronde anche il Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi “Apostolorum Successores”, al capitolo IV, pone l’accento sulla necessità della comunione laddove, illustrando alcuni principi fondamentali che devono guidare il governo pastorale del Vescovo, parla del principio della verità, della collaborazione, del rispetto delle competenze, della persona giusta al posto giusto, della giustizia e della legalità (Congregazione dei Vescovi, Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi: “Apostolorum successores”, capitolo IV). Da tali indicazioni emerge come il Vescovo debba essere effettivamente segno di unità, capace di coinvolgere sacerdoti, religiosi e laici presenti nella grande famiglia diocesana.
Questo tempo di ascolto è stato, dunque, necessario e fruttuoso per la nostra futura azione pastorale, anche perché mai in quest’anno di lettura del territorio, si è venuti meno all’impegno e al desiderio di gridare forte il nostro bisogno di Vangelo, lottando contro ogni ingiustizia e sopraffazione. In quest’anno, tempo di incontri e di conoscenza, ma anche di confronto con la città, con i gruppi, con le singole persone, ho voluto lasciare spazio alle vostre parole. Ho scritto, appuntato, meditato, ho riflettuto sulle vostre esperienze, sulle vostre esigenze, sui vostri consigli. Anche il questionario che abbiamo inviato al clero e che in questi giorni abbiamo letto e decifrato, nei numeri e nei significati, s’inserisce in questa volontà di ascolto, come le riunioni del clero, dei religiosi e delle religiose, dei laici e dei giovani nelle diverse zone vicariali. Ho ascoltato per arricchirmi del vostro necessario suggerimento. E se l’ultima parola è sempre quella del Vescovo, questa grande responsabilità m’induce a ricordare che la comunione non può prescindere dal tempo del silenzio. Con voi ho gioito, con voi ho patito, per tutti ho cercato di essere un pastore vicino al suo gregge.
In questo tempo, che mi ha visto missionario nelle vostre parrocchie, nei diversi territori di questa amata diocesi e nelle stanze delle istituzioni, è maturata in me la convinzione che, nonostante i tanti problemi che affliggono la nostra terra, ci siano anche tutti i presupposti per una grande opera di evangelizzazione nello spirito del Sinodo: «Per la realizzazione di quest’impegno prioritario di evangelizzazione, la Chiesa di Napoli ritiene che debba abbandonarsi l’atteggiamento di chi aspetta che gli uomini vengano a Dio, e che debba invece promuoversi la ricerca dei figli di Dio dispersi, portando ad essi la testimonianza della parola e della novità instaurata da Gesù Cristo. Con questa testimonianza, con il dialogo fraterno con il mondo e con le culture, con il servizio di carità reso a tutti, a partire dai poveri, dagli umili, dagli emarginati, senza attendersi ricompensa e neppure gratitudine (cfr. AG 11-12), si dissoda e si prepara il terreno nel quale dovrà scendere il seme della Parola di Dio, che, fecondato dall’azione dello Spirito Santo, si ritroverà come nel “terreno buono” in cui il seme produce “ove il cento, ove il sessanta e ove il trenta per uno” (cfr. Mt 13,8)» (XXX Sinodo, 142).
In quest’anno, quindi, abbiamo tentato di preparare il terreno, quasi un percorso di preevangelizzazione, e per questo desidero ringraziarvi per la vostra preziosa collaborazione. Ora che l’anno è terminato è necessario rimanere nello spirito del Sinodo e mettere in atto una pastorale di incarnazione capace di calare l’annuncio nei mutati scenari del nostro tempo. Ma per realizzare questo progetto di Chiesa, bisogna scegliere il metodo più appropriato, coniugando il vecchio e il nuovo in modo che nessuno si senta escluso o superato.
Consapevole delle responsabilità derivanti dal mio ministero, per il bene della nostra Chiesa è tempo ormai che siano compiute adeguate scelte. E le scelte ci saranno tenendo presente che il metodo della scelta già descrive un diverso approccio ecclesiologico.
Il Santo Padre Benedetto XVI ha ribadito che una delle difficoltà da superare paternamente nella Chiesa è il carrierismo che induce a scegliere compiti e ruoli lontani dalla missione. Dovrebbe essere chiaro che la scelta delle persone va fatta in ragione della missione e dell’ufficio e pertanto bisognerà prima avere chiaro il ruolo della missione e dell’ufficio, perché ciò che è prioritario è il cosa e il come fare. È questione, quindi, di metodo, ed è proprio sul metodo pastorale che vorrei soffermarmi.