Solennità del Corpus Domini

-l'Omelia del Cardinale Sepe

Festività del SS. Corpo e Sangue di Cristo
Villa Comunale, 2 giugno 2013
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   Cari Amici,
         Oggi celebriamo e adoriamo il mistero del SS.mo Carpo e Sangue del Signore, il grande dono dell’Eucaristia, che è il sacramento principale della nostra fede e l’alimento quotidiano per la nostra vita spirituale. “Prendete e mangiate: questo è il mio Corpo; prendete e bevete: questo è il mio Sangue”.
         Di fronte a questo mistero d’amore infinito, noi rendiamo grazie a Dio per il Suo Figlio diletto, che ha voluto amarci sino al compimento, ed è rimasto con noi per sempre nel dono della sua vita.
         In quella notte, nel corso della sua ultima cena, Gesù compie dei gesti che, seppure possono sembrare abituali, acquistano un significato del tutto nuovo: prende in mano il pane, rivolge lo sguardo al cielo in segno di preghiera, lo spezza, lo dà ai suoi, ma, invece della tradizionale benedizione, dice: “Questo è il mio Corpo che è dato per voi”. È il richiamo alla sua morte e i discepoli ne videro un’anticipazione nel pane spezzato che Gesù affida loro. Quel pane non era più un alimento comune, ma aveva una realtà nuova che prima non aveva, acquista un valore e un significato nuovo. Anche il calice, riempito di vino, acquista, nelle parole di Gesù, un nuovo riferimento: è il Sangue versato dall’alto del patibolo quando il suo Corpo sarà spezzato e una lancia gli trafiggerà il costato.
         La vecchia “alleanza”, il patto sancito tra Dio e Israele tramite Mosè sul Sinai col versare il sangue degli animali, era finita e veniva sostituita da una nuova alleanza, che abbraccia per sempre tutta l’umanità.
         Oggi noi, come ci ha chiesto Gesù, facciamo memoria di quello che Lui ha detto e ha fatto nel Cenacolo, coinvolgendoci nell’offerta di noi stessi a Dio per il bene dei fratelli. La celebrazione, perciò, del SS.mo Corpo e Sangue di Cristo, vuole essere una contemplazione della fede in questo divino mistero, come ci invita a fare l’Anno della Fede che stiamo vivendo. Mangiamo il Corpo, beviamo il Sangue e adoriamo il Dio che si fa nostro cibo, con la genuflessione e il silenzio.
         La nostra adorazione si fa anche “Comunione” quando, aderendo all’invito di Gesù, prendiamo parte al banchetto nel quale mangiamo e beviamo il Suo Corpo e Sangue. È l’unione intima tra Gesù e la Chiesa che si alimenta della vita divina e comunica con la fonte della Grazia, realizzando la sua promessa: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,2).
         Questa presenza, che si attua non più “per segni” ma “per sacramento”, manifesta la “comunione” profonda e sublime di Dio con noi. È il mistero dell’Incarnazione che si fa Pasqua e rende attuale e reale la nostra fede, mentre partecipiamo al “sacrificio puro e santo”, riconosciamo che Gesù è “Dio che salva” e che questa salvezza è ora, è nella nostra vita, nella vita di ogni uomo, qualunque sia il tempo e lo spazio che occupiamo.
          Gesù presente nell’Eucaristia con la sua umanità e divinità, è Dio che ci salva e ci libera dalla fame 8Gv 6,5-15), dall’ingiustizia (Lc 19,8), dalla malattia e dalla morte (Mt 11,5), compiendo l’opera della salvezza una volta per tutte e per tutti gli uomini.
         L’Eucaristia, perciò, è “farmaco di immortalità”; è fondamento della speranza; è alimento di vera carità. Nell’Eucaristia, la sofferenza degli uomini non è più il male oscuro, assurdo e inutile che si è intrappolato nella vita degli uomini, al quale si danno spesso risposte drammatiche come, purtroppo, dobbiamo costatare anche oggi. L’Eucaristia è “farmaco” perché in essa la vita dell’uomo, i suoi tormenti, le sue lacrime, i suoi dolori, è diventata una sola cosa con la vita di Dio.
         Nella Comunione eucaristica il dolore salva! Come accade quando noi, mangiando il pane e la carne materiali, questi vengono assimilati da ciascuno di noi e non noi da loro; così, mangiando Dio, io vengo assimilato da Dio e non Dio da me. (Dov’è il maggiore, il minore viene meno: ubi maior, minor cessat!).
         “Che io sia realmente Corpo di Cristo – ci esorta S. Agostino – per essere in lui profumo di soave offerta al cospetto del Padre”.
         Cari fratelli e sorelle,
         Lasciamoci cibare da Dio, per superare i nostri limiti e le nostre debolezze; per imparare ad amare i nostri fratelli come Gesù ci ha amati.
         Accogliamo il dono dell’Eucaristia per farci anche noi dono, pane spezzato per coloro che vivono nella sofferenza e nella solitudine spirituale e materiale e che, piangendo, ci chiedono aiuto; trasformiamo la nostra vita facendola diventare eucaristica, cioè vita donata per la vita degli altri: chi vorrà salvare la propria  vita la perderà, ma chi perderà la sua vita la “salverà” (cfr Mc 8,35).
         Maria SS.ma, tabernacolo eucaristico, che donò la sua vita al suo Figlio e a tutti noi, ci aiuti a fare di noi tutti un sacrificio gradito a Dio per il bene dei nostri fratelli.
   “Guarda, Signore, il pane dell’amore,
il pane spezzato, diviso tra fratelli,
il cuore donato, gioia per i poveri:
dacci oggi, Signore, il nostro pane quotidiano.
   Guarda, Signore, il pane della vita,
pane del cielo e strada di luce,
il pane del cammino che conduce al Regno:
dacci oggi, Signore, il nostro pane quotidiano.
   Guarda, Signore, il vino della speranza,
scaturito come sangue dai grappoli spremuti,
il vino della festa, gioia degli uomini:
dacci oggi, Signore, il nostro pane quotidiano
        
 Dio vi benedica e
‘ A Maronna v’accumpagna
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