Solennità di San Gennaro -alle 10.11 il prodigio

-l'Omelia del Cardinale Sepe

Cari fratelli e sorelle,Desidero innanzitutto rivolgere un grato e cordiale saluto ai confratelli Vescovi, con un caloroso benvenuto al Vescovo del Congo, Mons. Gerard Mulumba, nonché ai sacerdoti, religiosi e religiose, ai diaconi e seminaristi.Un saluto e un ringraziamento a tutte le illustri Autorità civili, militari e politiche, e  al Signor Ambasciatore del Giappone presso la Santa Sede.Un particolare pensiero di affetto alla Deputazione della Cappella di San Gennaro e al Comitato Diocesano di San Gennaro.Do il benvenuto alle diverse comunità parrocchiali devote di S. Gennaro, provenienti dall’Italia e dall’estero, come i fedeli della parrocchia ST. Benedikt, di Vienna (Austria), nonché i fedeli della parrocchia di Kungshamn in Svezia.Un affettuoso saluto rivolgo ai rappresentanti dei fratelli carcerati.Saluto e ringrazio gli amici della stampa: giornalisti, operatori televisivi, fotoreporter, provenienti anche da altre parti del nostro Paese e dall’estero. Saluto ancora la Troupe della Vita in diretta della Rai. Ringrazio tutti per la loro presenza e, in particolare, Telecapri e Canale 21 che, con generosità e bravura, assicurano la diretta televisiva di questa celebrazione. Canale 21, poi, offre  la diretta  streaming  attraverso il canale messo a disposizione dalla Società MariaTv di Cuneo, un collegamento che ci permette di arrivare, in tempo reale, in tutte le case, ma anche ad ogni persona attraverso tablet e telefonini, sia in Italia che all’estero grazie anche alla diffusione oltreoceano attraverso il portale  multimediale i-Italy di New York.Un caloroso saluto, pertanto, rivolgo da Napoli ai fedeli di San Gennaro che si trovano negli Stati Uniti d’America, nell’America Latina, in Australia, in Canada, in Sud Africa, in varie parti dell’Europa e in altri Paesi del mondo.(Indirizzo di saluto in inglese, tedesco e spagnolo).______________________________________________________Cari amici,Anche quest’anno ci raccogliamo tutti intorno a san Gennaro nel giorno della sua festa. È un appuntamento al quale non possiamo mancare. Ci sentiamo spinti dalla nostra fede, ma anche da un forte senso d’appartenenza. Napoli e San Gennaro in realtà si richiamano reciprocamente, si rispecchiano l’uno nell’altro, si co-appartengono.  Non si può pensare a san Gennaro senza Napoli, né si può immaginare Napoli senza san Gennaro.  L’animo, il carattere, la devozione dei napoletani sarebbero incomprensibili senza il riferimento alla figura del suo Patrono. Su di lui il nostro popolo ha proiettato se stesso, le innumerevoli esperienze di dolore e le incrollabili speranze, le sue ataviche contraddizioni e l’indomita voglia di riscatto. Napoli, una città intensa, misteriosa, magica: come il suo Santo Protettore. Oggi, chi vuole incontrare il cuore di Napoli, può cercarlo certamente nella sua storia, nei suoi capolavori, nella genialità dei suoi figli, ma forse ancora più nella genuinità dei sentimenti della sua gente, nel rapporto viscerale che i fedeli hanno intessuto nel corso di secolari vicende con san Gennaro. Chi si sente “napoletano”, non può non essere “devoto” di san Gennaro. Il sangue di san Gennaro è il sangue del popolo di Napoli.
            Per questo oggi avvertiamo presente, accanto a noi, quella più vasta comunità di napoletani che – lontani dalla loro terra – sono stati costretti a cercare fortuna altrove. Essi però non hanno dimenticato le loro radici, la loro identità civica e soprattutto non hanno dimenticato san Gennaro. Esiste una comunità di napoletani nel mondo che è più vasta di quella che oggi abita qui e che conserva un profondo attaccamento alla propria città e al suo Patrono. Si tratta di concittadini, emigrati o figli di emigrati, che all’estero formano  comunità vive e che la lontananza e la nostalgia rendono ancora più legate alle loro tradizioni. A loro ci rivolgiamo oggi con particolare attenzione. Li raggiungiamo attraverso la trasmissione di questa celebrazione – diffusa in diretta e in streaming – e ci sentiamo loro uniti dalla stessa fede e dalla stessa appartenenza civica. Questa più vasta comunità, riunita intorno a san Gennaro, costituisce un segno e un auspicio del ruolo che Napoli è chiamata a svolgere come capitale – non solo storica ma anche spaziale – di un’ampia e diffusa cittadinanza, sparsa nel mondo.  Quando nel 2011, in occasione del “Giubileo per la città”, mi recai a New York trovai un’accoglienza entusiastica da parte di napoletani che, nel corso negli anni, si sono affermati per il loro lavoro, si sono fatti apprezzare per la loro genialità. Tutti hanno manifestato la loro disponibilità ad intrattenere relazioni umane ed economiche con la loro terra d’origine. Tutti si sono detti fieri delle proprie origini e del loro Paese.
Ma noi, napoletani di oggi, siamo all’altezza di queste attese? Sappiamo riempire di contenuti concreti e di prassi credibili l’orgoglio – loro e nostro – di sentirsi napoletani? Non ci nascondiamo le difficoltà che attraversa oggi la città. Su di essa pesano le conseguenze di una crisi economica mondiale, che ha reso più precarie le sue già difficili condizioni di vita. C’è fame di pane, di giustizia, di speranza, di futuro; c’è fame di lavoro, di legalità, di progettualità. Per questo ho indicato come percorso del prossimo anno pastorale: “Dar da mangiare agli affamati”.
          È necessario un supplemento di responsabilità da parte di tutti. Anche la comunità ecclesiale ha riconosciuto in questi anni le proprie lacune e inadeguatezze nel difficile compito di formare i fedeli a contribuire consapevolmente alla crescita del loro tessuto sociale. Siamo certi che anche i rappresentanti delle istituzioni pubbliche vorranno concorrere al benessere comune, aprendo nuovi spazi alla crescita economica e sociale della cittadinanza, innestando un’accelerazione dei tempi per l’avvio di processi non più procrastinabili, ridonando fiducia e speranza particolarmente ai giovani con programmi specifici a loro diretti.
            Desidero, perciò, rivolgere a tutti i cittadini della diocesi un pressante invito, perché ognuno faccia la sua parte nel ridare vivibilità e dignità a questa terra, perché ciascuno nel suo lavoro e nel proprio ruolo sociale dia il massimo di se stesso. Solo se crescerà il senso civico di tutta la comunità, sostenuto da opportune politiche, potremo sperare in una svolta positiva di questa città, degna finalmente del prestigioso ruolo che la storia le ha assegnato. La vastità dei problemi che Napoli si trova ad affrontare sul proprio territorio, però,  non impedisce uno sguardo più vasto al resto del mondo. Napoli non è un’isola e avverte in pieno il clima di estrema tensione in cui si sta delineando un nuovo ordine internazionale, che suscita per ora grande inquietudine per la violenza messa in campo e per il risorgere di forme di crudele fanatismo e di un fondamentalismo che non aiuta la causa della pace e del dialogo tra i popoli. Uno sguardo al resto del mondo, del resto, non è solo l’occasione per guardare oltre ma, in qualche misura, il modo per guardare anche meglio e più a fondo dentro noi stessi. Riguarda Napoli tutto ciò avviene nel mondo, ma – vorrei dire – riguarda il mondo anche tutto ciò che avviene a Napoli. E’ in questa relazione la misura più autentica di quella Napoli antica-capitale che non può dare le dimissioni dalla propria storia e quindi da se stessa. D’altra parte, il recente arrivo a Napoli di tanti profughi provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente ci riporta ad uno scenario drammatico di paura, di persecuzione, di fame, di terrore e di distruzione.Centinaia di migliaia di persone in fuga, che attraversano il mare e sfidano la morte per trovare la vita. Quante morti innocenti: anziani, bambini, donne, uomini senza un approdo e senza sepoltura.E nelle loro terre, ma non solo, tanti conflitti che, come ha sottolineato Papa Francesco in maniera accorata, delineano una terza guerra mondiale, combattuta a macchia di leopardo su diversi campi. Una vera follia!Siamo di fronte ad un quadro davvero allarmante: solo da poco una tregua, non si sa quanto salda e durevole, ha posto fine all’ennesima ripresa dell’endemico conflitto tra Israele e Palestina in  Terra Santa. Non lontano, nell’area  del vicino  Medioriente,  un bagno di sangue  ha ulteriormente destabilizzato il complesso e fragile mosaico di territori e Paesi ora ridotti allo stremo, mentre la brutale irruzione di un  autoproclamato califfato degli stati islamici ha introdotto la ferocia come orribile elemento aggiuntivo delle tante violenze ordinarie perpetrate ai danni di popolazioni e persone inermi e indifese. Sotto tiro, insieme con altre minoranze, si è trovata, e continua a trovarsi, la presenza di cattolici e cristiani. E’ ritornato, in  quelle terre, in forma addirittura più grave che in passato, il tempo della persecuzione e del sacrificio, mentre anche in Europa la tensione ha raggiunto livelli mai così alti come in questo periodo, al confine tra Ucraina e Russia. In quell’area la parola è passata ancora una volta alle armi ed è già lunga la scia delle vittime causate da un conflitto che, più di ogni altro, sembra andare contro la storia. Di fronte alle tante tragedie dell’umanità; di fronte alle sofferenze di tanti nostri fratelli; di fronte alle vite spezzate di tanti giovani e al drammatico dolore delle loro famiglie,  misuriamo, anche con maggiore equilibrio, le responsabilità e gli impegni che a noi vengono richiesti. Si racconta nella storia di san Gennaro, che pur essendo egli vescovo di Benevento, non si tirò indietro quando venne a sapere che alcune comunità cristiane vicine avevano bisogno di essere visitate e sostenute nelle loro difficoltà. Gennaro mise in gioco se stesso e la propria vita in vista di un interesse superiore, del bene comune della sua gente. Fu capace di versare il suo sangue.
Noi possiamo continuare a vivere di pressapochismo? Possiamo accettare la rassegnazione come unico principio di un’esistenza rinunciataria, che ci fa dire in ogni occasione: “chi te lo fa fare”, “tira a campare”?             Dal Vangelo di oggi emerge a “tutto tondo” un contrasto insanabile tra questa logica dominante, lo spirito del mondo e le scelte che i cristiani sono chiamati a fare quotidianamente. Pur tentati sempre di rinchiudersi nel proprio individualismo e nei propri interessi, i discepoli di Gesù sono chiamati a dare se stessi, a farsi pane per gli altri, a perdersi nella propria comunità. Qui la sintesi e la radicalità dell’insegnamento del Maestro: «Chi vorrà salvare la propria vita la perderà. Chi la perderà per me la salverà»(Lc9,24).
È questo l’impegno che anche noi oggi siamo chiamati ad assumere per la nostra comunità cittadina, è questo il “miracolo” che dobbiamo compiere per salvare Napoli. Siamo certi che san Gennaro non disdegnerà di unirsi a tutti noi in questa meravigliosa impresa. Allora Napoli, terra del mare e del fuoco, città che ancora rapisce e seduce, potrà ritornare ad essere una delle più belle metropoli del mondo, rispettata da tutti, ricca di promesse per i suoi giovani in cerca di futuro.
San Gennaro – che ha versato il suo sangue per questa comunità – ci assista e ci sostenga nell’auspicato cammino di riscatto religioso, morale e sociale.Maria SS., Madre della Chiesa e Regina di Napoli, ci conforti e ci protegga con la sua materna intercessione.  ‘A Maronna c’accumpagna! 

condividi su