Solennità dell'Immacolata

Sotto lo sguardo di Maria

Omelia e Discorso del Cardinale Sepe alla città

SOLENNITA’ DELL’IMMACOLATA

8 Dicembre 2020 – Chiesa del Gesù Nuovo

Omelia e Discorso del Card. Sepe alla Città

 

Signor Sindaco, Distinte Autorità,

Cari Fedeli e Concittadini,

 

Le letture sacre che abbiamo ascoltato in questa liturgia eucaristica in onore della Solennità della Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, ci presentano una visione biblica dell’uomo che non fa mistero sulla miseria della nostra situazione, considerata in tutta la sua terribile realtà.

La tradizione ebraica e quella cristiana non hanno mai perduto di vista o trascurato la sofferenza della vita umana.

Cambiare la situazione non può essere frutto solamente di progetti e sforzi umani. Le angosce della nostra esistenza sono troppo profonde per essere guarite dai soli espedienti umani. Deve intervenire una gratuita iniziativa di Dio.

E’ questo il senso profondo della odierna festività dell’Immacolata Concezione. Dio, nella sua bontà, crea l’uomo dotandolo di doni preziosi, come la libertà.

L’uomo, ingrato  ed egoista, gli si pone contro. Dio lo castiga ma non l’abbandona: gli promette la salvezza inviando il suo Figlio che, nella pienezza dei tempi, nascerà da una Vergine, chiamata Maria.

Ecco, l’Immacolata, la donna nuova scelta da Dio per essere sua Madre e segnare un nuovo inizio dell’umanità: l’angoscia e il disordine nella esistenza umana, causati da Adamo ed Eva, cedono il posto alla nascita di colui che ci salva, Gesù Cristo. Caliamo questa realtà della fede nei nostri giorni.

Da quando questo virus, Covid-19, si è abbattuto sull’umanità intera, seminando panico, sofferenze e morte, sentiamo spesso dire che “niente sarà più come prima”. Ma mi domando e vi domando: è vero che niente è più come prima?

Con tutti questi sacrifici, dolori, disagi e sofferenze che stiamo vivendo abbiamo imparato ad essere un po’ “fratelli tutti”, secondo l’invito di Papa Francesco?

Si ha la sensazione o il timore che questa espressione viene detta soltanto perché ci si trova di fronte a misure restrittive delle nostre abitudini, della nostra libertà, che per taluni diventa arbitrio, delle nostre comodità.

Difatti, ancora registriamo atteggiamenti di insofferenza, di intolleranza, di indifferenza, di delinquenza, di illegalità e, talvolta, anche di offesa alla persona e di odio.

Per alcuni continua a prevalere l’io, mentre il virus, livellando tutti, ci invita a unirci, a sentirci “noi”, ad affratellarci nella condivisione del pericolo e nella ricerca di una indispensabile sinergia senza la quale non c’è vaccino che tenga, non c’è ospedale che ci accolga e ci salvi, non c’è futuro per nessuno.

Il virus ci sta facendo capire che siamo persone fragili e inconsistenti, per cui continua a seminare terrore e dolore, continua a farci contare decine e centinaia di morti ogni giorno.

Il virus tenta di farci comprendere che la vita non ha valore, per cui contro questo tentativo assurdo e inaccettabile dobbiamo unirci per lottare e affermare la nostra identità e la nostra cultura, perché la vita è sacra, va difesa e salvaguardata.

Ne vanno di mezzo la nostra sopravvivenza, la dignità della persona, il destino dell’intera comunità. Ecco allora l’invito, che diventa obbligo di fronte al pericolo virale  incombente, a rispettare le norme.

Comunque, se le prescrizioni date debbono essere osservate da ciascuno di noi, coloro che hanno responsabilità di governo della comunità sono tenuti a unire le forze, a trovare le giuste intese e a operare per il bene comune, collaborando e integrandosi nella ricerca delle soluzioni possibili e dei provvedimenti necessari per il soddisfacimento dei diritti di ciascun individuo e di tutti.

Del resto, si deve tutelare principalmente la salute di ciascuna persona,  ma

si è anche obbligati ad assicurare a tutti lavoro e reddito, che sono le pre-condizioni di una vita possibile e dignitosa. Il rischio reale è che, se non si muore di virus, si muore di miseria e di fame.

Purtroppo, i dati pubblicati dall’Istat sono drammatici. Uno dei tanti: oltre un milione di bambini è in povertà assoluta. Di conseguenza, sono circa un milione e settecentomila le famiglie in povertà assoluta.

Di fronte a questa realtà quel “Niente non sarà più come prima” è soltanto espressione della nostra sconfitta perché permangono, ma in misura crescente, le ingiustizie, con i poveri in aumento, mentre i ricchi sono ancora più ricchi, mentre tantissime famiglie piangono i loro morti uccisi dal virus, con il forte dolore di non aver potuto dare loro l’ultimo saluto o una carezza di addio.

Cari Amici,  con gli occhi e il cuore fissi sull’Immacolata, riflettiamo seriamente su quel “Niente sarà più come prima” e diciamo con coraggio che “Niente dovrà essere più come prima”, sentendoci più comunità, facendo spazio a una maggiore solidarietà, rispettandoci e stringendoci le mani per porci insieme a servizio del bene di tutti.

E allora, ciascuno di noi, per la sua parte e in ragione del proprio ruolo e dei propri doveri, si adoperi perché la pandemia porti un cambiamento reale, una trasformazione del nostro sentire, una concretezza nell’agire e nell’esercizio del potere come nel governo della comunità.

Dimostriamo che la sofferenza e il dolore, unitamente ai sacrifici e ai disagi, ci hanno resi diversi, uomini veri, più responsabili, più pronti a intercettare e, per quanto possibile, a soddisfare i bisogni e i diritti degli altri; a capire lo stato d’animo di chi è costretto a chiedere aiuto.

Se partiamo da questa consapevolezza e da questi parametri di ordine morale, allora veramente potremo dire che c’è stato tanto dolore, che ci sono state tante croci ma questa sofferenza ha portato al cambiamento innanzitutto dentro di noi e poi nella società.

Così saremo più giusti, più rispettosi, più aperti alla solidarietà, più pronti a cogliere e accogliere le attese dei padri e delle madri di famiglia, a rendere più tranquilla la vita degli anziani, a condividere le ansie e le aspirazioni legittime dei giovani.

Allora, anche le morti, che abbiamo pianto con tanto dolore, diventeranno generatrici di vita nuova in ciascuno di noi e nella intera comunità, perché si potranno avere più salute, più lavoro, più bene comune, più giustizia e più pace.

E poiché, come ci insegna la Parola di Dio, da soli non riusciamo ad essere capaci di tanto, affidiamoci alla intercessione e protezione materna della Vergine Immacolata, alla quale vogliamo affidare i nostri cuori e le nostre volontà, il futuro dei giovani e delle famiglie, la rinascita di Napoli e della nostra Italia.

Dio benedica tutti e

‘A Maronna c’accumpagna!

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