STEMMA
Secondo la tradizione araldica ecclesiastica cattolica, lo stemma di un Arcivescovo è tradizionalmente composto da uno scudo, che può avere varie forme e contiene dei simbolismi tratti da idealità personali o da riferimenti al proprio nome o all’ambiente di vita; da un cappello prelatizio con cordoni a 30 fiocchi di colore rosso ad indicare la sua dignità di Cardinale; da un cartiglio recante il motto.
Don Mimmo Battaglia ha scelto uno scudo di foggia gotica, classico e frequentemente usato nell’araldica ecclesiastica e una croce arcivescovile in oro, con cinque pietre rosse che richiamano le cinque piaghe di Cristo.
Appeso allo scudo vi è il pallio, che indica l’ufficio di Metropolita della Provincia ecclesiastica napoletana.
“Le due mani che si stringono”, oltre che richiamare l’invito ad alzarsi rivolto a Bartimeo, hanno qui il compito di rimandare alla parabola del buon samaritano: ecco quindi il significato della mano protesa a sostenere e rialzare il malcapitato per sottolineare la necessità impellente della solidarietà, del soccorso cristiano ai fratelli meno fortunati che sono nell’indigenza, nel disagio, nell’abbandono e che necessitano, quindi di una mano amica che li rialzi.
“Le tre stelle d’oro”, che si toccano con le punte identificano l’unicità e trinitarietà delle tre Persone divine; questo è riferimento alla Santa Trinità ed anche la congiunzione con il cielo stellato dell’Altrove che completa la congiunzione con l’altro, rappresentata dalle due mani che si stringono. L’azzurro del cielo simboleggia Maria, nostra Madre Celeste, alla cui materna protezione il vescovo Battaglia affida il suo ministero pastorale. Inoltre vuole anche ricordare il mare che bagna le coste della Calabria, la terra di don Mimmo.
“Le tre gocce d’oro”, costituiscono un richiamo al nome del vescovo: il nome Domenico, infatti, vuol dire “del Signore”, “consacrato al Signore”, da cui le tre gocce del crisma che ha prima unto il battezzando Domenico, poi il presbitero Domenico e, infine, nella pienezza del sacerdozio, ha unto il vescovo Domenico; inoltre esse rappresentano le lacrime che solo la prossimità, espressa sempre dalle due mani, può asciugare, ma anche l’olio che lenisce le ferite e, quindi, fonte di consolazione concreta.
MOTTO
Le parole scelte da mons. Domenico Battaglia per il proprio motto episcopale si rifanno al Vangelo di Marco (cap. 10, vers. 49), laddove l’evangelista narra dell’incontro tra Gesù e Bartimeo, il figlio cieco di Timeo, che sedeva lungo la strada a mendicare; al passaggio di Gesù grida a gran voce, affinchè il Maestro gli ridoni la vista e quando Gesù chiede che gli sia portato davanti, quanti gli stanno appresso lo esortano ad alzarsi: “Coraggio, alzati, ti chiama!” (“Confide, surge, vocat te!”).