Alzati e cammina vogliamo dire ancora, con forza e con speranza, a questo nostro Sud, piagato e sofferente, che lautorevole Rapporto Svimez ci presenta come comunità condannata alla povertà, offrendo unanalisi drammatica che, purtroppo, è soltanto la conferma di una denuncia, di un grido dallarme che le Chiese del Mezzogiorno, e quella di Napoli in particolare, hanno lanciato da anni.
Si era, infatti, a febbraio del 2009 quando, su mia iniziativa, i Vescovi del Sud e studiosi anche non cattolici, provenienti da varie parti del nostro Paese, si riunirono a Napoli per riorganizzare la speranza evangelica come presupposto, come struttura, come fondamento del rispetto e dei diritti della gente del Meridione senza dimenticare le responsabilità che la nostra gente avrebbe dovuto assumersi per il proprio riscatto.
Io stesso, nella Lettera Pastorale di Venerdì Santo del 2009, paventavo la perdita, solo in Campania, di duecentomila posti di lavoro, per cui duecentomila famiglie, nella nostra meravigliosa e martoriata terra, chiederanno pane e si aggiungeranno a quante, già numerose, vivono in situazioni di estrema povertà.
Profetici? Indovini? No! Eravamo e siamo semplicemente apostoli di Cristo che vivono tra la gente e con la gente, ascoltando e raccogliendo il grido di aiuto dei tanti fratelli che, ogni giorno sempre di più, bussano alle porte delle nostre Chiese e delle nostre mense Caritas per trovare un po di sollievo e il pane per sopravvivere.
E il contatto quotidiano con il popolo di Dio che ci dà il metro della indigenza nella quale vivono tante persone e tante famiglie e ci porta a testimoniare, anche concretamente, in luoghi e in modi diversi, lamore di Cristo, prima ancora che a denunciare il fallimento dei sistemi politici ed economici del nostro tempo.
Del resto, la Chiesa, come ho sottolineato più volte, non ha soluzioni tecniche da offrire, ma, nel rispetto della dignità della persona umana, avverte il dovere di richiamare credenti e non credenti, singolo cittadino e governanti, alle proprie responsabilità e a un fattivo impegno civico.
In questi anni abbiamo potuto registrare soltanto indifferenza, egoismo e disinteresse, se non negligenza, dinanzi alle grandi e gravi difficoltà dei nostri territori e della nostra gente. Tanto, troppo tempo viene dedicato agli interessi personali e di parte piuttosto che alla riflessione, alle scelte e ai progetti reali per far uscire il Sud dallemergenza cronica e imboccare la strada del riscatto e dello sviluppo.
Cè un Sud fatto di tanti Sud dimenticati, abbandonati al loro destino, per cui non ci dobbiamo sorprendere se da Svimez ci viene detto sostanzialmente che quello meridionale è popolo destinato alla povertà assoluta.
Abbiamo tutti il dovere di reagire contro questa tendenza e questo rischio. Dobbiamo lavorare per costruire il bene comune, il futuro dei nostri giovani. Noi Chiesa siamo pronti a fare la nostra parte e a camminare insieme verso una società più giusta.
Lo abbiamo detto nel 2009 senza che qualcuno ci avesse dato ascolto. Lo ribadiamo oggi con la stessa convinzione e la stessa forza di allora, perché siamo ormai alla fine della folle corsa.
Lo vogliamo dire al Presidente Renzi, dando testimonianza della speranza che è in noi : rottamiamo pure le vecchie questioni e le vecchie logiche assistenziali, ma, nellambito del sistema Paese, valorizziamo le grandi potenzialità e le enormi risorse, umane e intellettuali, meridionali. Il Sud non può finire nella povertà!
Si era, infatti, a febbraio del 2009 quando, su mia iniziativa, i Vescovi del Sud e studiosi anche non cattolici, provenienti da varie parti del nostro Paese, si riunirono a Napoli per riorganizzare la speranza evangelica come presupposto, come struttura, come fondamento del rispetto e dei diritti della gente del Meridione senza dimenticare le responsabilità che la nostra gente avrebbe dovuto assumersi per il proprio riscatto.
Io stesso, nella Lettera Pastorale di Venerdì Santo del 2009, paventavo la perdita, solo in Campania, di duecentomila posti di lavoro, per cui duecentomila famiglie, nella nostra meravigliosa e martoriata terra, chiederanno pane e si aggiungeranno a quante, già numerose, vivono in situazioni di estrema povertà.
Profetici? Indovini? No! Eravamo e siamo semplicemente apostoli di Cristo che vivono tra la gente e con la gente, ascoltando e raccogliendo il grido di aiuto dei tanti fratelli che, ogni giorno sempre di più, bussano alle porte delle nostre Chiese e delle nostre mense Caritas per trovare un po di sollievo e il pane per sopravvivere.
E il contatto quotidiano con il popolo di Dio che ci dà il metro della indigenza nella quale vivono tante persone e tante famiglie e ci porta a testimoniare, anche concretamente, in luoghi e in modi diversi, lamore di Cristo, prima ancora che a denunciare il fallimento dei sistemi politici ed economici del nostro tempo.
Del resto, la Chiesa, come ho sottolineato più volte, non ha soluzioni tecniche da offrire, ma, nel rispetto della dignità della persona umana, avverte il dovere di richiamare credenti e non credenti, singolo cittadino e governanti, alle proprie responsabilità e a un fattivo impegno civico.
In questi anni abbiamo potuto registrare soltanto indifferenza, egoismo e disinteresse, se non negligenza, dinanzi alle grandi e gravi difficoltà dei nostri territori e della nostra gente. Tanto, troppo tempo viene dedicato agli interessi personali e di parte piuttosto che alla riflessione, alle scelte e ai progetti reali per far uscire il Sud dallemergenza cronica e imboccare la strada del riscatto e dello sviluppo.
Cè un Sud fatto di tanti Sud dimenticati, abbandonati al loro destino, per cui non ci dobbiamo sorprendere se da Svimez ci viene detto sostanzialmente che quello meridionale è popolo destinato alla povertà assoluta.
Abbiamo tutti il dovere di reagire contro questa tendenza e questo rischio. Dobbiamo lavorare per costruire il bene comune, il futuro dei nostri giovani. Noi Chiesa siamo pronti a fare la nostra parte e a camminare insieme verso una società più giusta.
Lo abbiamo detto nel 2009 senza che qualcuno ci avesse dato ascolto. Lo ribadiamo oggi con la stessa convinzione e la stessa forza di allora, perché siamo ormai alla fine della folle corsa.
Lo vogliamo dire al Presidente Renzi, dando testimonianza della speranza che è in noi : rottamiamo pure le vecchie questioni e le vecchie logiche assistenziali, ma, nellambito del sistema Paese, valorizziamo le grandi potenzialità e le enormi risorse, umane e intellettuali, meridionali. Il Sud non può finire nella povertà!