Te Deum

Cari Vescovi Ausiliari e sacerdoti,
   Distinte Autorità e Amici tutti,
        
         Da pochi giorni abbiamo celebrato il Natale e, questa sera, ci siamo riuniti, come è tradizione, in questa Cattedrale per dire a Dio il nostro grazie, il nostro “Te Deum” per l’anno ormai trascorso e per intraprendere, tutti insieme, il cammino del nuovo anno con rinnovati propositi di fede e di speranza.
         Il passaggio dal vecchio al nuovo anno suscita stati d’animo densi di trepidazione e suggerisce abitualmente una serie di doverose riflessioni. Si guarda al tempo che passa e ci si interroga sul senso della propria esistenza, sulla direzione del proprio cammino, sulla misura dell’impegno messo in atto giorno dopo giorno nella realizzazione degli obiettivi prestabiliti. Capita così di dover costatare che il bilancio umano – quello personale come quello sociale – è quasi sempre in rosso e i risultati raggiunti sono molto spesso deludenti.
          Come cristiani, poi, sentiamo tutta la nostra inadeguatezza nei confronti delle attese che il Signore nutre nei nostri confronti e avvertiamo la pochezza delle nostre capacità per realizzare quei progetti che un tempo avevamo abbracciato con tanta convinzione ed entusiasmo. Si ha l’impressione che più si stringe in pugno la propria vita, più essa, come sabbia, sfugge inesorabilmente dalle dita. Infatti, come insegnava Gesù, “chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia , troverà” (cfr Mt 16,25). Mai come in questo contesto risulta vero che si possiede solo ciò che si dona, a partire dal proprio tempo e dalle risorse da mettere in campo.
          Volgendo lo sguardo verso un orizzonte più vasto, dobbiamo costatare come l’anno che sta per concludersi sia stato tra i più difficili di questi ultimi tempi; forse il più duro dall’inizio del terzo millennio, se si eccettua la barbarie dell’attacco terroristico alle Torri Gemelle. In realtà, mai la parola “crisi” aveva fermentato così a fondo il vocabolario della nostra vita quotidiana; crisi complessa e difficile che ha invaso tutti i campi, a cominciare da quello economico che ha fatto versare, in Italia e fuori, “lacrime e sangue”, soprattutto a chi già si trova in situazioni di disagio economico.
          Abbiamo toccato con mano l’estendersi dell’area di una povertà anche in territori finora sconosciuti della nostra gente che è entrata, talvolta, nella morsa dell’angoscia. Per la gravità della crisi , il dire “manca lavoro” ha cominciato ad identificarsi con l’espressione estrema della povertà: “manca il pane”. Il rischio che pane e lavoro potessero mancare insieme e che anche alla speranza si desse un colpo di grazia è stato, ad un certo punto, reale.
         La gravità del momento richiede a tutti di operare con determinazione e con forte senso di responsabilità nella condivisione di un impegno generale a difesa del bene comune, se vogliamo evitare il pericolo di inoltrarci in un labirinto senza uscita. È accaduto spesso che i momenti di emergenza si siano rivelati anche i più creativi e i più propizi per intraprendere azioni e scelte di più largo respiro e di riscatto. Sembra essere questo il caso che si delinea, ora, di fronte a una difficile e complicata prova elettorale alla quale il Paese viene chiamato.
         Con un nuovo anno davanti, abbiamo tutto il diritto di alimentare a fondo le nostre attese e le nostre speranze e di porle sempre più al servizio di una comunità bisognosa di attirare a sé sguardi più attenti al bene comune. Ma bisogna ritrovare la strada giusta e percorrerla con dignità e coraggio senza lasciarsi vincere da scoramenti e delusioni. Per questo, bisogna rifiutare e condannare quella “cattiva politica” che ha mortificato la vita con scandali e miserabili ruberie a danno di una comunità alle prese con sacrifici e rinunce. I danni, non solo economici, ma soprattutto morali, sono tali e tanti che diventa impossibile, oltre che colpevole, non mettervi mano. Non è possibile rassegnarsi a una deriva che coinvolgerebbe tutto e tutti e che mortificherebbe una delle attività più alte e nobili dell’uomo. La politica come forma più alta della carità che riguarda soprattutto i cristiani, come ci è stato ricordato da Papa Paolo VI. Per questo, mi sento di incoraggiare un impegno diretto e responsabile dei cittadini nella sfera politica: lo richiede non solo il momento difficile che stiamo vivendo, ma il fatto stesso di essere cristiani, uomini, cioè, chiamati al servizio del bene comune.
          Proprio di questa dimensione di servizio ha bisogno anche la nostra Chiesa di Napoli perché solo nell’essere al servizio di tutti essa riesce ad essere fedele a Cristo e a testimoniare concretamente il suo amore per la Città. Una Chiesa che non si pone a servizio della sua gente, della sua comunità, di chiunque bussa alla sua porta, è una Chiesa morta, senza futuro, non all’altezza di quell’amore che richiede una città così bella e tormentata come la nostra. Napoli ha bisogno di essere servita e sostenuta nel far emergere le sue grandi risorse e le sue tante eccellenze, non di essere commiserata o mortificata, con illusorie promesse
         Tra poche ore inizierà l’anno nuovo. La liturgia ci presenterà la figura di Maria SS.ma, Madre di Dio, il Dio delle promesse che aprono nuovi orizzonti di futuro di pace e di giustizia. In un momento corrotto e imbrattato, Maria è esempio di pulizia, di vitalità e di freschezza.
          Mentre intoniamo il “Te Deum” di ringraziamento per tutto il bene che abbiamo colto nella nostra vicenda umana e spirituale, volgiamo la lo sguardo in alto per ritrovare la forza necessaria per una crescita della nostra chiesa e della nostra città. In alto incontreremo lo sguardo incoraggiante di Lei, donna del futuro, che ci aprirà la strada e ci accompagnerà nel nostro cammino.
                  Auguri di felice anno nuovo
                   Dio vi benedica e

                   ‘a Maronna v’accumpagna

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