Terza Lectio Divina con il Cardinale Sepe

Il testo della Lectio del Cardinale sul Peccato di Davide (2Sam 11,1-17.26-27)

Il ciclo di lectio divina quaresimale di quest’anno si concentra sul Secondo Libro di Samuele, composto di 24 capitoli, nel quale si narra la storia del regno di Davide. A seguito della morte di Saul e di suo figlio Gionata, egli ha ormai saldamente preso possesso del regno di Giuda. Dopo sette anni e sei mesi anche le tribù settentrionali gli chiesero di regnare su di loro. I quarant’anni di regno di Davide sono stati segnati da periodi felici e da vittorie militari; non sono mancati, però, momenti bui. Tuttavia, egli rimane sempre l’antenato di Gesù. Ecco il testo della Lectio del Cardinale:
 
LETTURA DEL TESTO BIBLICO (2Sam 11,1-17.26-27)
 
2. «1 All’inizio dell’anno successivo, al tempo in cui i re sono soliti andare in guerra, Davide mandò Ioab con i suoi servitori e con tutto Israele a compiere de-vastazioni contro gli Ammoniti; posero l’assedio a Rabbà, mentre Davide rimaneva a Gerusalemme. 2 Un tardo pomeriggio Davide, alzatosi dal letto, si mise a passeggiare sulla terrazza della reggia. Dalla terrazza vide una donna che faceva il bagno: la donna era molto bella d’aspetto. 3 Davide mandò a informarsi sulla don-na. Gli fu detto: “È Betsabea, figlia di Eliàm, moglie di Uria l’Ittita”. 4 Allora Da-vide mandò messaggeri a prenderla. Ella andò da lui ed egli giacque con lei, che si era appena purificata dalla sua impurità. Poi ella tornò a casa.
5 La donna concepì e mandò ad annunciare a Davide: “Sono incinta”. 6 Allora Davide mandò a dire a Ioab: “Mandami Uria l’Ittita”. Ioab mandò Uria da Davide. 7 Arrivato Uria, Davide gli chiese come stessero Ioab e la truppa e come andasse la guerra. 8 Poi Davide disse a Uria: “Scendi a casa tua e làvati i piedi”. Uria uscì dalla reggia e gli fu mandata dietro una porzione delle vivande del re. 9 Ma Uria dormì alla porta della reggia con tutti i servi del suo signore e non scese a casa sua. 10 La cosa fu riferita a Davide: “Uria non è sceso a casa sua”. Allora Davide disse a Uria: “Non vieni forse da un viaggio? Perché dunque non sei sceso a casa tua?”. 11 Uria rispose a Davide: “L’arca, Israele e Giuda abitano sotto le tende, Ioab mio signore e i servi del mio signore sono accampati in aperta campagna e io dovrei entrare in casa mia per mangiare e bere e per giacere con mia moglie? Per la tua vita, per la vita della tua persona, non farò mai cosa simile!”. 12 Davide disse a Uria: “Rimani qui anche oggi e domani ti lascerò partire”. Così Uria rimase a Gerusalemme quel giorno e il seguente. 13Davide lo invitò a mangiare e a bere con sé e lo fece ubriacare; la sera Uria uscì per andarsene a dormire sul suo giaciglio con i servi del suo signore e non scese a casa sua.
14 La mattina dopo Davide scrisse una lettera a Ioab e gliela mandò per mano di Uria. 15 Nella lettera aveva scritto così: “Ponete Uria sul fronte della battaglia più dura; poi ritiratevi da lui perché resti colpito e muoia”. 16 Allora Ioab, che asse-diava la città, pose Uria nel luogo dove sapeva che c’erano uomini valorosi. 17 Gli uomini della città fecero una sortita e attaccarono Ioab; caddero parecchi della truppa e dei servi di Davide e perì anche Uria l’Ittita […]. 26 La moglie di Uria, saputo che Uria, suo marito, era morto, fece il lamento per il suo signore. 27 Passati i giorni del lutto, Davide la mandò a prendere e l’aggregò alla sua casa. Ella di-ventò sua moglie e gli partorì un figlio. Ma ciò che Davide aveva fatto era male agli occhi del Signore». 
 
 
MOMENTO DELLA LECTIO
 
3. Davide conseguì numerosi successi militari sui popoli vicini. Queste conqui-ste fecero giungere molte ricchezze nel regno d’Israele e gli dettero gloria e po-tenza. Il re, intanto, s’impegnò a organizzare meglio la struttura del suo stato per metterlo in grado di competere con i nemici sempre in agguato. Tra questi si di-stinguevano gli ammoniti, un popolo che abitava nella terra che oggi corrisponde alla parte settentrionale della Giordania.
 
4. All’inizio dell’anno successivo, al tempo in cui i re sono soliti andare in guerra, Davide mandò Ioab con i suoi servitori e con tutto Israele a compiere de-vastazioni contro gli Ammoniti [v. 1]. Siamo, nel brano, alla fine dell’inverno. Gli ammoniti avevano già compiuto diversi atti ostili contro Davide, perciò egli orga-nizza una spedizione militare contro di loro. Mentre tante altre volte egli stesso aveva guidato l’esercito, in questo caso rimane a Gerusalemme. Egli è quindi solo, senza i suoi collaboratori, impegnati nelle operazioni di guerra. In questo momento di calma e tranquillità, si affaccia una vera e propria “tentazione”, alla quale Davide non sa sottrarsi e le cui conseguenze non calcola, se non quando è ormai troppo tardi.
 
5. Dalla terrazza vide una donna che faceva il bagno: la donna era molto bella d’aspetto [v. 2b]. La posizione della terrazza della reggia permetteva a Davide di avere una visuale completa sulla città. Il testo biblico ci fa capire che il re sembra accorgersi “per caso” di questa donna di grande avvenenza, che attira subito la sua attenzione. Costei, come ci spiega v. 4, stava facendo il bagno di purificazione in seguito al flusso mestruale, secondo la prescrizione che si trova nel Libro del Le-vitico.
 
6. La donna concepì e mandò ad annunciare a Davide: “Sono incinta”. Allora Davide mandò a dire a Ioab: “Mandami Uria l’Ittita” [vv. 5-6]. Quando Davide manda a prenderla, dopo essersi accertato della sua identità, la donna va di buon grado. Ella è la moglie di un ufficiale dell’esercito, Uria, detto l’hittita, perché di-scendente di quel glorioso popolo ormai quasi scomparso a quell’epoca. Il nome della donna è Betsabea, che può significare “settima figlia” oppure “figlia del giu-ramento”. Questo secondo significato mi sembra più attinente al racconto biblico: infatti, Betsabea, sposata ufficialmente, diventerà la madre di Salomone, il succes-sore di Davide, al quale il Signore aveva fatto il solenne giuramento di porre per sempre sul trono il frutto delle sue viscere. Ma non si tratta del figlio di questa re-lazione adulterina, perché quel figlio non sopravvivrà.
In questa storia c’è anche un altro che paga con la vita: Uria, il marito di Be-tsabea. Infatti, Davide – essendosi macchiato del gravissimo peccato di adulterio, alla cui punizione nemmeno il re, secondo la legge, poteva sfuggire – architetta un piano per non far uscire allo scoperto la prova della sua colpa.
 
7. Nella lettera aveva scritto così: “Ponete Uria sul fronte della battaglia più dura; poi ritiratevi da lui perché resti colpito e muoia” [v. 15]. I vari tentativi di Davide di far tornare a casa Uria l’Hittita affinché stia con la moglie falliscono per la rettitudine e l’onestà di quest’uomo. Da buon soldato, egli non desidera alcun trattamento di privilegio: «L’arca, Israele e Giuda abitano sotto le tende, Ioab mio signore e i servi del mio signore sono accampati in aperta campagna e io dovrei entrare in casa mia per mangiare e bere e per giacere con mia moglie?». Tale retti-tudine di Uria è quanto mai fuori luogo e inopportuna agli occhi di Davide, il qua-le – con la complicità del suo vecchio e fedele amico Ioab, uomo privo di scrupoli – si decide a ordire una trama odiosa e vile. La misura diventa colma quando è U-ria stesso a portare inconsapevolmente allo spregiudicato Ioab la lettera con cui lo si condanna a morte.
Questa volta il piano riesce, come abbiamo sentito nel racconto. Ioab non sa il motivo per il quale Uria deve morire, ma si limita a eseguire, consapevole che Davide ha senz’altro qualche malefatta da regolare. Ai danni del povero Uria, quindi, si gioca una triste vicenda: Davide è un adultero e si macchia pure del de-litto di omicidio in quanto mandante; Ioab se ne fa esecutore, senza discutere, per-ché il suo obiettivo è assecondare il re; Betsabea tradisce il marito legittimo pen-sando di migliorare la sua posizione diventando futura moglie del re.
 
8. Passati i giorni del lutto, Davide la mandò a prendere e l’aggregò alla sua casa. Ella diventò sua moglie e gli partorì un figlio. Ma ciò che Davide aveva fatto era male agli occhi del Signore [v. 27]. Le convenienze, davanti agli occhi del popolo, sono rispettate. Betsabea vive il lutto, come si addice a una moglie colpita dalla dipartita dell’“amato” consorte. Davide, poi, soccorre la vedova, che diventa addirittura sua moglie. D’altronde, bisogna pur giustificare la nascita di questo fi-glio! La commedia, dunque, è stata ben recitata e tutti gli attori hanno fatto la pro-pria parte. C’è un altro attore, però, mai nominato finora e del tutto dimenticato, ma che farà sentire presto la sua voce, piena di sdegno e disapprovazione attraver-so il profeta Natan. È Dio, il Signore. Le avvisaglie sono nelle parole finali del nostro brano: «Ma ciò che Davide aveva fatto era male agli occhi del Signore».
 
MOMENTO DELLA MEDITATIO
 
9. Quanto abbiamo raccolto finora può trasformarsi in meditatio, cioè confronto del testo con altre parti della Scrittura e, infine, con la nostra vita di fede.
Come sono solito fare, vi invito a concentrare l’attenzione soltanto su due temi che emergono dal brano: in primo luogo il peccato conduce nelle tenebre; in se-condo luogo l’adulterio e l’omicidio: due facce di una stessa medaglia.
Cominciamo dal peccato che conduce nelle tenebre. Seguendo la narrazione biblica, non è difficile riscontrare il tentativo di Davide di agire nell’ombra per occultare quanto ha commesso. Egli, preso all’inizio dall’euforia di trovare soddi-sfazione in un rapporto carnale illegittimo e furtivo, deve trovare una soluzione con l’inganno del povero malcapitato Uria, vittima due volte: di un adulterio e di un omicidio. Mai come in questo caso balza agli occhi la percezione della trama del peccato che conduce speditamente verso l’abisso della rovina. Ricordiamo che cosa afferma sapientemente il Libro dei Proverbi, alla fine del capitolo nove: «“Le acque furtive sono dolci, il pane preso di nascosto è gustoso”. Egli non si accorge che là ci sono le ombre e i suoi invitati scendono nel profondo del regno dei mor-ti». A Davide sembrava aver fatto qualcosa che non sarebbe mai venuto a galla e, forse, gongolava per aver compiuto un’azione molto piacevole. Aveva assaporato il gusto del “proibito”, che è seducente e attraente, ma prima o poi i nodi vengono al pettine!
Il Vangelo di Giovanni, al capitolo terzo, versetti 19-21, in maniera meno poe-tica e allusiva del Libro dei Proverbi, a tal proposito afferma: «E il giudizio è que-sto: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». “Amare le tenebre più della luce”: qui si tratta, miei cari, delle tene-bre dell’ignoranza, della malvagità, della delinquenza, dell’errore ostinatamente perseguito, che si contrappongono alla luce di una vita umana e cristiana vera, au-tentica, pulita. Chi cammina nelle tenebre rifiuta di farsi salvare dal Figlio di Dio, rigetta l’amore del Padre misericordioso. Al contrario, lasciamoci salvare da Gesù, lasciamoci consolare e fortificare dall’amore paterno di Dio! Facciamo opere degne di essere illuminate dalla luce e disprezziamo ogni azione cattiva! 
 
10. Veniamo al secondo tema: l’adulterio e l’omicidio: due facce di una stessa medaglia. Abbiamo visto che Davide, constatata l’inutilità dei suoi sforzi per tro-vare una copertura legale all’adulterio compiuto con la moglie di Uria, progetta un omicidio. Materialmente il delitto non è commesso da lui, bensì dagli ammoniti, ma è evidente che si è trattato di una trama ordita abilmente e di una sottile mal-vagità. Un peccato ne tira un altro! Oltre ad aver calpestato la dignità di un suo fedele e onesto servitore, gli si procura addirittura la morte perché la sua stessa e-sistenza è scomoda, è un “rimprovero” che ricorda la gravità della colpa.
Quanto accaduto a Davide e Betsabea somiglia a fatti e situazioni dei nostri giorni. Non è un mistero che l’adulterio sia uno dei peccati più frequentemente commesso nella nostra società. Non raramente è addirittura teorizzato, perché lo si ritiene una forma di “emancipazione” dalla mortificante, noiosa e obsoleta vita matrimoniale. Come non ricordare le parole di Gesù ai farisei, nel Vangelo di Marco, al capitolo 10: «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si uni-rà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». 
A causa del tradimento, non ci meravigliamo più di leggere nella cronaca dei nostri tempi il ricorso a “rimedi estremi”, in cui si ricorre con troppa leggerezza alle armi o ad altri metodi per perpetrare omicidi. Quanta violenza e quanti lutti nelle famiglie! È uno spettacolo desolante, che nasce spesso dalla mancanza di dialogo, dal capriccio, dal desiderio che non si vuole arginare. E quanto male si arreca anche alle altre persone della famiglia, in particolare i figli! Il peccato, lo sapete, non danneggia soltanto chi lo commette, ma pure chi gli è vicino.
 
 
MOMENTO DELL’ACTIO
 
11. Siamo al momento di passare agli impegni concreti che ci aiutano nel cammino di questa Quaresima 2016. Già l’ho fatto la settimana scorsa, ma deside-ro ancora rivolgermi, anche qui da Secondigliano, a voi sposi cristiani. La Chiesa ha celebrato di recente due Sinodi. Papa Francesco lo ripete continuamente. Io, vostro Vescovo desidero invitarvi a percorrere con pazienza e determinazione la via della fedeltà agli impegni assunti nel giorno del vostro Matrimonio. Vi siete scambiati l’anello, simbolo di un legame liberamente scelto per realizzare la voca-zione di Dio su di voi. Dovete avere fiducia in Dio che vi ha uniti nel sacramento: pregate insieme, seguite una seria e intensa vita spirituale, imparate a perdonarvi e a capirvi.
Allo stesso tempo voglio rivolgermi a tutti voi, carissimi fratelli e sorelle, af-finché riflettiate sul grande valore della vita. Che città splendida sarebbe Napoli se non si versasse più il sangue sulle sue strade! Purtroppo, per molti la vita vale pochi euro, e si sceglie di uccidere per un nonnulla. Amiamo la vita e insegniamo ad amarla dal concepimento fino al suo naturale tramonto! Testimoniamo che ogni vita è preziosa, è un dono inestimabile. Chi abortisce, chi uccide vuol mettersi al posto di Dio e, soprattutto, contro Dio. 
Chiediamo alla Vergine la sua intercessione potente. Lei, che, Addolorata, ha visto morire il Figlio, vita della sua vita, ci incoraggi ad andare verso la Pasqua, per celebrare il trionfo della vita sulle tenebre e sulla morte.
 
 
 
 
PREGHIERA DEI FEDELI
 
E ora preghiamo il Padre affinché confermi la nostra fede, rafforzi la nostra speranza, alimenti la nostra carità e ci faccia essere veri discepoli del suo Figlio.
 
Diciamo insieme:
Ascoltaci, o Signore!
 
1. La Chiesa rifulga della Tua bellezza. R.
 
2. Il Papa e i Vescovi servano sempre la verità. R.
 
3. I sacerdoti spendano la vita per la salvezza dei fratelli. R.
 
4. I consacrati mostrino la via della santità. R.
 
5. Gli sposi cristiani vivano la fedeltà e l’integrità dell’amore. R.
 
6. I giovani scoprano la propria vocazione e la seguano generosamente. R.
 
7. I bambini e i ragazzi crescano nell’amicizia con Gesù. R.
 
8. Gli anziani siano ascoltati e rispettati. R.
 
9. Gli ammalati e i poveri sperimentino la nostra presenza. R.
 
10. I fedeli defunti possano contemplare il Tuo volto. R.
 
 
 
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