EMARGINAZIONE:
LA RESPONSABILITÀ ALLA PROVA DEI FATTICarissimi amici,
sono lieto di salutarvi e di riflettere con lillustre e caro Procuratore Nazionale Antimafia, dott. Franco Roberti, e con voi in questo incontro conclusivo del breve ciclo dei Dialoghi con la Città. Il mio intervento tende innanzitutto a incoraggiare il vostro impegno a favore degli emarginati e dei poveri, la cui situazione è resa ancor più drammatica dalla lunga e severa crisi che ci attanaglia.1. Già nellultima mia Lettera pastorale Canta e cammina, senza fare della facile sociologia, ho indicato alla nostra Chiesa di Napoli, ancora una volta, le emergenze e le sfide con cui essa è chiamata a confrontarsi. Laumento delle situazioni di povertà, dovute alle cause che tutti conosciamo bene, è davvero impressionante, anche perché risulta ancora tanto difficoltoso individuare e definire risposte incisive ed efficaci.
Le statistiche sono sempre più allarmanti e, purtroppo, dietro i dati statistici ci sono persone, volti, nomi e non solo numeri. Dietro i tanti volti e i tanti nomi si trovano storie di sconfitte esistenziali, come quelle di chi perde il lavoro, in una terra per definizione avara di questo bene, oppure quelle di chi resta senza casa o si sente mortificato e impotente perché tristemente inserito in lista di attesa per un intervento chirurgico.2. Per questo, come ho scritto nella Lettera pastorale, «noi cioè la comunità cristiana vogliamo offrire la nostra sincera disponibilità, umile e concreta, per la rinascita di questa grande realtà napoletana e metropolitana; vogliamo impegnarci perché il nostro territorio recuperi la sua bellezza sfiorita, perché sia la casa comune di tutti e non una coabitazione di interessi individualistici e discriminatori».
Sono ben consapevole che lintera Chiesa di Napoli non si può sottrarre alla responsabilità di offrire il proprio contributo in termini di carità, di volontariato, di idee e di sollecitazioni da presentare allintera comunità. Vogliamo contare su laici generosi, cristianamente formati e motivati dai grandi valori della dottrina sociale della Chiesa.
Abbiamo bisogno di braccia e di cervelli, di cuori e di buona volontà, affinché la responsabilità non sia soltanto una bella ma vuota parola, bensì un concreto valore sul piano comportamentale, traducendosi in capacità di amare e di servire i più deboli della fila.
La nostra responsabilità, infatti, sarà giudicata alla fine, quando Gesù ci dirà: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi».
Sarà molto bello e motivo di grande gioia sentirsi dire tutto questo dal Signore, il quale ci aveva ammoniti dicendoci: «tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, lavete fatto a me».
La nostra responsabilità più impegnativa, dunque, è verso Gesù stesso, che si presenta a noi con il volto dellemarginato. 3. Mi piace ricordare in questa circostanza che oggi ha inizio la novena con la quale ci prepariamo a celebrare la solennità del Natale, un evento di amore sconvolgente e immenso, che tutti dicono di conoscere, ma troppo spesso dimenticano nel loro agire e nei loro rapporti interpersonali.
Tutti, pertanto, dobbiamo fare memoria che il Signore Gesù è nato in un contesto di emarginazione e di povertà e, per tale motivo, il Natale è anche la festa della solidarietà e la dobbiamo celebrare praticando quella carità che non è elemosina, ma condivisione del disagio e del dolore.
Non è possibile vivere il Natale senza avere il cuore in pace, ignorando chi non ha il necessario e restando indifferenti ai problemi degli altri.
Allora, cari amici, auguri cordiali a tutti affinché ciascuno diventi portatore di quellafflato di fratellanza e di amore da trasmettere con responsabilità solidale, per servire Gesù in coloro che sono nel bisogno e nella sofferenza.