È la strage degli innocenti dei tempi moderni: ventiseimila bambini muoiono ogni giorno nel mondo e circa la metà muore per fame e denutrizione; due milioni di bambini sono morti negli ultimi dieci anni a causa delle guerre o di attacchi terroristici; un bambino su tre non dispone di servizi igienici; uno su cinque non ha acqua potabile; uno su sette non beneficia di assistenza sanitaria.
Tantissimi bambini perdono la vista; tanti desiderano un giocattolo e invece si ritrovano nelle mani un fucile vero per combattere guerre assurde e dimenticate da tutti; numerosi bambini vengono avviati alla prostituzione o uccisi da criminali dediti al commercio di organi umani.
Dati sconvolgenti che dovrebbero scuotere le menti e i cuori di ogni essere umano.
Quanta infamia! Quanta violenza! Quanta crudeltà! Quanto cinismo! Eppure duemila anni fa il Maestro ci ha detto:«Tutto quello che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Ma quanti conoscono o ricordano questo brano del Vangelo di Matteo? Quanti lo praticano? È un insegnamento destinato soltanto ai cristiani, anzi ai buoni cristiani? Penso in verità che nessuno possa sentirsi fuori da un impegno di così grande valore morale, che chiama in causa certamente le coscienze dei credenti, ma ci riporta all’etica della responsabilità e, quindi, ad un comportamento civico di ciascuno e di tutti.
C’è ancora e sempre nel mondo un’infanzia che soffre e che muore; un’infanzia dimenticata se non sfruttata; un’infanzia negata e tradita; un’infanzia fragile e senza voce; un’infanzia senza diritti e senza affetti; un’infanzia che reclama attenzione, assistenza, una carezza, un sorriso, un pasto, una medicina, il calore di una casa.
Di chi le colpe? Certamente e innanzitutto degli autori dei crimini e delle violenze, ma sul piano morale la responsabilità è di una società per certi aspetti disumana, distratta,indifferente, ingiusta e prepotente, schiava dell’egoismo, dell’arrivismo sfrenato, dell’arricchimento smodato, dell’incapacità di manifestare solidarietà e di trasmettere amore.
Ci sono ancora persone, purtroppo, che di umano hanno poco o nulla e che non si fermano neppure davanti allo sguardo tenero e implorante di un bambino.
Nell’espletamento del mio ministero pastorale a servizio della Chiesa universale, che mi ha portato in tanti Paesi del globo terrestre, ho visto tanti orrori, tanta sofferenza e tanto abbandono di cui sono vittime incolpevoli uomini e donne, ma soprattutto bambini.
L’impegno della Chiesa è enorme in tutto il mondo e sono tante le opere realizzate dai missionari e dal volontariato nei paesi sottosviluppati o in via di sviluppo per il soddisfacimento delle tante esigenze delle comunità indigene, per l’assistenza e la formazione, per l’affermazione e il rispetto del diritto alla vita, ad una vita dignitosa. Ma non basta.
C’è bisogno dell’aiuto di tutta la società umana; c’è bisogno di globalizzare non ingiustizie ed egoismo, ma amore, carità,gesti di condivisione e di appartenenza alla stessa comunità internazionale.
I bambini sono le radici dell’albero della vita e del futuro dell’umanità; se queste non vengono curate, alimentate e protette è l’intera società che resta senza linfa e senza domani.
È estremamente preziosa e meritoria, pertanto, l’azione svolta da quelle organizzazioni umanitarie che si battono perché vengano affermati e riconosciuti i diritti dei bambini, a partire dai diritti alla vita, alla salute, alla istruzione. È su questo fronte che anche la Chiesa di Napoli sta lavorando da tempo e sta realizzando, con il concorso e la generosità di tanti, progetti di carattere assistenziale, nonché di potenziamento delle strutture ospedaliere a servizio dei bambini ammalati.
Sono piccoli segni di un amore grande che tende a rendere più serena e sana la vita dei bambini e a testimoniare che in questa società nessuno è solo e che insieme si possono realizzare opere a beneficio dei più deboli e fragili.Cardinale Crescenzio Sepe
*Arcivescovo Metropolita di Napoli