«Conviene procedere d’accordo con la mente del vescovo, come già fate
E ciascuno diventi un coro, affinché nell’armonia del vostro accordo prendendo nell’unità il tono di Dio, cantiate ad una sola voce per Gesù Cristo al Padre, perché vi ascolti e vi riconosca, per le buone opere, che siete le membra di Gesù Cristo. È necessario per voi trovarvi nella inseparabile unità per essere sempre partecipi di Dio» (SANT’IGNAZIO D’ANTIOCHIA, Lettera agli Efesini 4,1-2).
Per vivere questa dimensione di unità indicata da sant’Ignazio la «responsabilità» sarà il termine chiave nell’auspicata conversione ecclesiale. Essa potrà diventare una sorta di “grammatica pastorale”, una categoria trasversale utile ad articolare le molteplici iniziative nei diversi ambiti della nostra progettualità. L’assenza di interesse verso il “Bene comune”, il ripiegamento su se stessi, l’autoreferenzialità, sono all’origine del degrado del tessuto civico e religioso. Da qui l’imperativo del coinvolgimento attraverso tutte le nostre strutture educative: Seminario, Facoltà Teologica, Istituto Superiore di Scienze Religiose, Istituti scolastici, Puf, mezzi di comunicazione, organismi che per la loro natura hanno una grande responsabilità nell’educare alla funzione pubblica della fede.
Quale Chiesa per una realtà complessa come quella di Napoli? La risposta è una: la Chiesa di Cristo, che sa dispensare amore e che, nella letizia, gira per le strade e bussa alla porta delle case per portare il Vangelo ed essere testimone degli insegnamenti del Maestro.
Una Chiesa che sa essere riferimento e approdo per la comunità intera, che si sente, in Cristo, pienamente integrata nella gente, capace di ascoltare, piangere e gioire con essa, ma anche di farsi interprete e portavoce delle amarezze, delle inquietudini e delle aspettative.
È la sfida di una Chiesa missionaria, gioiosa e festante, che esce dalle sacrestie e senza timore di sporcarsi le mani, si pone a servizio di tutti per predicare la buona novella e realizzare insieme la città dell’uomo e il Regno di Dio.
La nostra è la Chiesa post-giubilare, che si mette in cammino con rinnovato slancio, per cantare la carità di Cristo ed esortare tutti a vivere e testimoniare, con gioia, la propria fede e l’impegno forte a realizzare il bene comune.
Non comincia ora il nostro cammino; già abbiamo fatto un buon tratto di strada insieme, perché, come credenti, abbiamo avvertito la necessità di intervenire nella difficile condizione della comunità cittadina e abbiamo vissuto lo speciale Giubileo per Napoli, che ha rappresentato una esperienza eccezionale per la nostra comunità ecclesiale e per tante persone di buona volontà, che hanno condiviso tante iniziative, significative ed entusiasmanti.
Ed è rimasto un segno indelebile, perché lo spirito del Giubileo ha caratterizzato la Chiesa di Napoli e ancora muove i passi e la volontà di tanta parte della nostra comunità.
La nostra è la testimonianza di una Chiesa adulta e responsabile, che si spende per la sua gente e con essa vuole realizzare una società altrettanto matura e responsabile, che sappia costruire il futuro su valori etici irrinunciabili.
Famiglia e scuola, pur se attraversati da profonda crisi d’identità, da incertezze operative, da difficoltà e sovraccarichi di impegni di fronte alle attuali sfide, costituiscono i cardini imprescindibili della nostra azione pastorale.
La parrocchia sarà il luogo privilegiato di comunione e di educazione, attraverso l’attivazione dei Consigli pastorali e degli Affari economici, e l’applicazione delle normative del “Direttorio”.
La catechesi rappresenta la via ordinaria per giungere ad una nuova maturazione della vita di fede (anche attraverso la pubblicazione del Catechismo della Chiesa napoletana o l’ulteriore sviluppo dei Centri del Vangelo); con la caritas vogliamo tradurre le opere della misericordia nello spirito delle beatitudini e presentare il volto di una chiesa che non è solo dei
poveri ma anche con i poveri e per i poveri.
L’impegno di educarsi ed educare ad una “cultura della responsabilità” non ci estranea dalla liturgia, ma ci spinge a ripartire dall’incontro vivificante con il Cristo che sarà capace di trasformarci dentro e di farci aprire gli occhi verso una visione più universale della fede.
Quanto alla pietà popolare, richiamiamo il recentemente Documento dei Vescovi della Campania. Il clero e i consacrati dovranno uscire dal tempio e stare con la gente come compagni di viaggio, con l’impegno di essere testimoni e presenza visibile dell’invisibile. È necessario, poi, riprendere la concezione forte del laicato per educare i nostri fedeli ad assumere scelte congruenti con la loro sensibilità religiosa in tutta l’esistenza quotidiana e, in modo particolare, nella gestione della vita pubblica; anche la Pastorale giovanile, che “canta e cammina” sulle note della melodia “il giovane deve evangelizzare il giovane”, attualizza la vocazione missionaria propria del laicato; particolare menzione va agli oratori perché diventino spazio di educazione religiosa e sociale. Esiste, infine, una responsabilità della Chiesa chiamata a rappresentare una fede rinnovata che si fa cultura di incontro col mondo.
Alla luce di tutto ciò le priorità vanno individuate nella catechesi e negli oratori, perché determinanti per la formazione delle coscienze umane e l’educazione delle nuove generazioni.
Procederemo innanzitutto continuando quanto – ed è molto – è già stato realizzato.
Il cammino è già iniziato ed il “canto” diocesano sta diventando sempre più corale ed armonico.
Sono convinto che nel proseguire tutto diventerà più semplice e più facile se si opererà in maniera sinergica, comunionale, interattiva, tra i diversi uffici della Curia, tra gli uffici ed il decanato, tra i decanati e le parrocchie: lavorare insieme e lavorare meglio è un imperativo evangelico, per procedere senza indugi e rallentamenti.
Per vivere questa dimensione di unità indicata da sant’Ignazio la «responsabilità» sarà il termine chiave nell’auspicata conversione ecclesiale. Essa potrà diventare una sorta di “grammatica pastorale”, una categoria trasversale utile ad articolare le molteplici iniziative nei diversi ambiti della nostra progettualità. L’assenza di interesse verso il “Bene comune”, il ripiegamento su se stessi, l’autoreferenzialità, sono all’origine del degrado del tessuto civico e religioso. Da qui l’imperativo del coinvolgimento attraverso tutte le nostre strutture educative: Seminario, Facoltà Teologica, Istituto Superiore di Scienze Religiose, Istituti scolastici, Puf, mezzi di comunicazione, organismi che per la loro natura hanno una grande responsabilità nell’educare alla funzione pubblica della fede.
Quale Chiesa per una realtà complessa come quella di Napoli? La risposta è una: la Chiesa di Cristo, che sa dispensare amore e che, nella letizia, gira per le strade e bussa alla porta delle case per portare il Vangelo ed essere testimone degli insegnamenti del Maestro.
Una Chiesa che sa essere riferimento e approdo per la comunità intera, che si sente, in Cristo, pienamente integrata nella gente, capace di ascoltare, piangere e gioire con essa, ma anche di farsi interprete e portavoce delle amarezze, delle inquietudini e delle aspettative.
È la sfida di una Chiesa missionaria, gioiosa e festante, che esce dalle sacrestie e senza timore di sporcarsi le mani, si pone a servizio di tutti per predicare la buona novella e realizzare insieme la città dell’uomo e il Regno di Dio.
La nostra è la Chiesa post-giubilare, che si mette in cammino con rinnovato slancio, per cantare la carità di Cristo ed esortare tutti a vivere e testimoniare, con gioia, la propria fede e l’impegno forte a realizzare il bene comune.
Non comincia ora il nostro cammino; già abbiamo fatto un buon tratto di strada insieme, perché, come credenti, abbiamo avvertito la necessità di intervenire nella difficile condizione della comunità cittadina e abbiamo vissuto lo speciale Giubileo per Napoli, che ha rappresentato una esperienza eccezionale per la nostra comunità ecclesiale e per tante persone di buona volontà, che hanno condiviso tante iniziative, significative ed entusiasmanti.
Ed è rimasto un segno indelebile, perché lo spirito del Giubileo ha caratterizzato la Chiesa di Napoli e ancora muove i passi e la volontà di tanta parte della nostra comunità.
La nostra è la testimonianza di una Chiesa adulta e responsabile, che si spende per la sua gente e con essa vuole realizzare una società altrettanto matura e responsabile, che sappia costruire il futuro su valori etici irrinunciabili.
Famiglia e scuola, pur se attraversati da profonda crisi d’identità, da incertezze operative, da difficoltà e sovraccarichi di impegni di fronte alle attuali sfide, costituiscono i cardini imprescindibili della nostra azione pastorale.
La parrocchia sarà il luogo privilegiato di comunione e di educazione, attraverso l’attivazione dei Consigli pastorali e degli Affari economici, e l’applicazione delle normative del “Direttorio”.
La catechesi rappresenta la via ordinaria per giungere ad una nuova maturazione della vita di fede (anche attraverso la pubblicazione del Catechismo della Chiesa napoletana o l’ulteriore sviluppo dei Centri del Vangelo); con la caritas vogliamo tradurre le opere della misericordia nello spirito delle beatitudini e presentare il volto di una chiesa che non è solo dei
poveri ma anche con i poveri e per i poveri.
L’impegno di educarsi ed educare ad una “cultura della responsabilità” non ci estranea dalla liturgia, ma ci spinge a ripartire dall’incontro vivificante con il Cristo che sarà capace di trasformarci dentro e di farci aprire gli occhi verso una visione più universale della fede.
Quanto alla pietà popolare, richiamiamo il recentemente Documento dei Vescovi della Campania. Il clero e i consacrati dovranno uscire dal tempio e stare con la gente come compagni di viaggio, con l’impegno di essere testimoni e presenza visibile dell’invisibile. È necessario, poi, riprendere la concezione forte del laicato per educare i nostri fedeli ad assumere scelte congruenti con la loro sensibilità religiosa in tutta l’esistenza quotidiana e, in modo particolare, nella gestione della vita pubblica; anche la Pastorale giovanile, che “canta e cammina” sulle note della melodia “il giovane deve evangelizzare il giovane”, attualizza la vocazione missionaria propria del laicato; particolare menzione va agli oratori perché diventino spazio di educazione religiosa e sociale. Esiste, infine, una responsabilità della Chiesa chiamata a rappresentare una fede rinnovata che si fa cultura di incontro col mondo.
Alla luce di tutto ciò le priorità vanno individuate nella catechesi e negli oratori, perché determinanti per la formazione delle coscienze umane e l’educazione delle nuove generazioni.
Procederemo innanzitutto continuando quanto – ed è molto – è già stato realizzato.
Il cammino è già iniziato ed il “canto” diocesano sta diventando sempre più corale ed armonico.
Sono convinto che nel proseguire tutto diventerà più semplice e più facile se si opererà in maniera sinergica, comunionale, interattiva, tra i diversi uffici della Curia, tra gli uffici ed il decanato, tra i decanati e le parrocchie: lavorare insieme e lavorare meglio è un imperativo evangelico, per procedere senza indugi e rallentamenti.