Veglia Mariana per Napoli

Le parole del Cardinale Sepe e l'intervista a TV2000

GIORNATA DI PREGHIERA E DIGIUNO PER NAPOLI
 
VEGLIA MARIANA
APPELLO DEL CARDINALE CRESCENZIO SEPE
 
MARTEDI’ 31 MAGGIO 2016, ORE 18,00
dalla Chiesa di Sant’Agrippino a Forcella alla Chiesa Cattedrale
 
 
 
 
 
 
Clicca qui per la videointervista a TV2000
 

Il testo della meditazione: 
 
Illustri Autorità, Carissimi Amici ed Amiche di buona volontà, 
Popolo di Dio tutto, Concittadini di Napoli e dell’Area Metropolitana,             
nel nome di Gesù e della sua gloriosa Madre, pace a tutti voi.
Da quando sono vescovo in questa meravigliosa diocesi di Napoli, mi sono preoccupato di sottolineare l’importanza di uscire dalle sagrestie per andare a vivere la città, testimoniando la bellezza liberatrice di Dio e, perciò, la costruzione di una realtà sempre più fraterna e mai ostile e indifferente.
Eppure, questa sera  sarei invece tentato di gridare: “la pace è finita, andate a messa” perché, sì,  quando la pace finisce, si ha un motivo in più per incontrare Gesù, Principe della Pace.
E la pace finisce tutte le volte che si mette mano alla violenza per sopprimere, ad ogni livello, la vita che ci è stata donata perché fossimo segno e memoria, gli uni per gli altri, della bontà di Dio. E chi più di Maria Santissima, Madre di Dio, può indicarci la strada utile per incontrare Gesù?
Per questo siamo qui – e ringrazio di cuore tutti voi che avete condiviso lo spirito della eccezionale iniziativa – al termine della processione penitenziale e di una giornata di preghiera e digiuno per Napoli, da me indetta a nome della Chiesa diocesana.
Siamo qui, difatti, per proclamare, con voce forte e solenne, che Napoli vuole essere la città della vita, la città della pace, la città della gioia, come è nel suo DNA. E, con altrettanta forza e determinazione, vogliamo gridare No ad ogni forma di violenza e di morte, NO alla prepotenza e alla sopraffazione, No alla delinquenza e alla camorra, NO alle illegalità.
Con questo fine è nato il mio invito ad essere qui stasera, per pregare e offrire il nostro digiuno, che é offerta di riparazione e di impetrazione gradita a Dio e non vuole essere un semplice appello confessionale per ricordare che, non avendo più nulla da fare per la pace  nella città, non ci resta che pregare, come se questa straordinaria esperienza della preghiera fosse l’ultima spiaggia prima della catastrofe e della fine.
Così non deve essere, perché come ci ricorda il martire della chiesa luterana, Dietrich Bonhoeffer, “Dio non deve essere riconosciuto solamente ai limiti delle nostre possibilità, ma al centro della vita; Dio vuole essere riconosciuto nella vita, e non solamente nel morire; nella salute e nella forza,  non solamente nella sofferenza; nell’agire,  non solamente nel peccato.
La ragione di tutto questo sta nel fatto che Gesù Cristo, Dio incarnato,  è il centro della vita e non è ” venuto apposta  per rispondere a questioni irrisolte”.
Bisogna, pertanto, ripartire dalla centralità di Dio per riportare la chiesa nelle strade insanguinate e terrorizzate della nostra città e del nostro territorio.
Ce lo ricorda Papa Francesco: “preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata…”  E, a tale riguardo, voglio sottolineare che la Chiesa non è soltanto quella dei preti, ma è quella che formiamo tutti noi come comunità. 
Stiamo vivendo tempi difficili, caratterizzati e condizionati da una criminalità che vorrebbe trasformare i nostri territori in un impazzito Far West dove alcuni scellerati, per, brama di prepotenza e di arricchimento, offendono la libertà del prossimo, determinando paura e fuga dalla vita comunitaria, fino a legittimare, in alcuni casi, la pretesa di una difesa armata per difendersi da attacchi violenti.
 
Come chiesa sentiamo il dovere di ricordare, soprattutto a coloro che delinquono e si dicono credenti, che bisogna ritenersi non solo fuori dalla chiesa ma contro Dio  ogni volta che  pensano di conciliare la fede con la violenza,  con il malaffare e con il tentativo di controllare la città, stuprandola con atti di delinquenza e di prepotenza, minacciando anche tantissime persone veramente buone, oneste ed impegnate nel costruire e “riparare” la città nella quale vivono.
 
A costoro, che si dicono o credono di essere cristiani e vivono di violenza e di morte, da fratello e da pastore di questa diocesi dico anche che il Signore è pronto a perdonare ma solo quando  c’è vero pentimento del male fatto e, cambiando vita, mettono mano ad una vera e propria riparazione rispetto all’enorme danno arrecato alla comunità e a singole persone.
Non è più tollerabile ed é drammatica la situazione che si sta creando sul territorio. Penso alle tantissime vittime e, innanzitutto, alle vittime innocenti. Penso, con angoscia, al dramma e al dolore delle famiglie. Penso ai  giovani, figli, fratelli e sorelle.
La Campania, purtroppo, è  la regione con il maggior numero di morti ammazzati solo perché alcuni di essi si sono trovati casualmente nei conflitti a fuoco di bande criminali o perché trasversalmente “legati” a qualcuno che doveva essere punito da bande rivali. 
E questo, senza contare il numero di molti altri, soprattutto giovani, che, per costrizione o per scelta, sono stati assunti da questa scellerata “azienda” della malavita,  capace di offrire denaro ed occupazione.
Mi riferisco alla criminalità organizzata, alla camorra. Per alcuni, soprattutto i più giovani, l’appartenenza a questa organizzazione mortale diventa come un mito,  tale da suscitare persino la buona fede di non poche persone per le quali essa merita comprensione e rispetto perché assicura il guadagno a tanta povera gente.
 
 
Non c’è mistificazione assurda più grande di questa! La verità invece è giusto il contrario: dove c’è la camorra prolifera la miseria e la schiavitù, perché non c’è sviluppo a causa dei condizionamenti e della paura.
Che dolore, che disastro e che fallimento vedere non pochi giovani  sentirsi “grandi” e confondere la loro crescita e personalità con la forza, il guadagno facile e la violenza.
Una società che ha fatto maturare tali convincimenti deve necessariamente correre ai ripari e far diventare la questione educativa determinante per il presente ed il futuro.
Metterci stasera nelle mani di Maria Santissima vuole essere una grande opportunità per ricordare  a tutti  la necessità di diventare sempre più una comunità coesa nel costruire la speranza  attraverso una scelta preferenziale: partire dagli ultimi, dai più fragili; insomma dai più poveri. 
Per fare ciò, abbiamo bisogno di impegnarci tutti, ma proprio tutti, assicurando alle famiglie, in modo privilegiato, il lavoro. Si, il lavoro e non “o posto”.
Abbiamo bisogno di politiche del lavoro che prevedano anche una   formazione professionale adeguata ai tempi e alle vocazioni del territorio.
È  necessario mettere nelle mani dei nostri giovani quei saperi utili per guadagnarsi da vivere con dignità, professionalità ed onestà.
Assieme all’importanza ed urgenza della questione lavoro, sarebbe bello creare una continuità educativa con spazi e tempi dedicati ai nostri piccoli e giovani attraverso lo studio,  il gioco, l’arte e quant’altro per comprendere che tutto questo è vera e propria prevenzione e che si è vivi e felici solo quando si è  con gli altri e per gli altri in luogo sano.
Tra le diverse possibilità che abbiamo nel recuperare cultura e lavoro c’è l’urgenza di affidare alla mente, al cuore e alle braccia di tanti uomini e donne della nostra terra, la custodia di ciò che Dio ha creato per noi e per la nostra felicità: la bellezza e, con essa, tutti i beni naturali e artistici che il passato ci ha regalato. Anche in questo caso è giusto poter affermare che la bellezza ci potrà “salvare”.
Infine, un appello lo rivolgo alla mia e nostra chiesa. Possa essere anch’essa parte di un grande rinnovamento nella storia di queste nostre città vivendo il Vangelo, per essere, come don Bosco ci ricorda: “buoni cristiani ed onesti cittadini”.
Nell’anno dedicato alla misericordia di Dio, noi ci proponiamo di essere sempre più comunità di credenti che si impegnano ad essere ponti e non muri, per tutti coloro che, attraverso la misericordia che viene da Dio, possano incontrare una chiesa ed una società disposta a far maturare conversione verso la verità e la giustizia e, allo stesso tempo, poter “riabbracciare” Dio Padre.
In quanto comunità di credenti, facciamo nostra l’immagine di Maria raccolta in preghiera e in fraternità con gli apostoli, dopo la resurrezione di suo Figlio.
A Lei affidiamo e consacriamo la nostra Diocesi e le nostre città, ripetendo le profetiche parole che il beato Bartolo Longo rivolse a Maria e che possiamo ripetere noi: “O Madre buona, abbi pietà di noi…. Misericordia per tutti, o Madre di Misericordia!”. 
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