Via Crucis con i giovani per la pace

Venerdì Santo la preghiera dell'Arcivescovo coi giovani. Disponibile il testo della meditazione.

Venerdì Santo, alle ore 20,30,  don Mimmo Battaglia, Arcivescovo Metropolita della città di Napoli, ha presieduto la Via Crucis con i giovani per la pace.

Il raduno è stato in via S.Lucia, angolo palazzo della Regione Campania.

La conclusione e il saluto dell’Arcivescovo, presso la Basilica S.Maria degli Angeli a Pizzofalcone.

Nella locandina il programma completo e l’itinerario.

Ecco il testo delle parole dell’Arcivescovo:

“Lo raccontate ancora quel venerdì di duemila anni fa. Processioni popolari, film, rappresentazioni teatrali… lo raccontate ancora ogni anno, ed ogni anno è una ferita che si apre, e da questa ferita, dal dolore messo a nudo, rinasce ogni volta una speranza.

È difficile spiegarlo a chi non l’ha provato, il dolore di una madre, una madre, tra gli altri sconosciuti, in piedi a guardare il figlio, l’unico figlio, andare a morire. Si può immaginare forse, ma per capirlo a fondo bisogna essere madri o padri. Di qualunque epoca e qualunque luogo. Madri di un figlio che porta un supplizio di legno in cima ad una collina per esserci attaccato sopra; di un figlio andato via per una dose di troppo, madri di un figlio morto in un letto d’ospedale dopo anni di dolore, di un figlio perso in autostrada tra le lamiere di un auto. E voi la raccontate ancora la storia di mio figlio, che sembra una storia diversa… è una storia di dolore, ve l’assicuro, ma è anche e soprattutto una storia di speranza. Ma questo ancora non lo capivo… l’ho imparato quel giorno sotto quella croce.

Lo guardavo salire tra gente che urlava, piangeva o semplicemente curiosa o indifferente, lo sentivo portare il peso di quella croce sulle spalle segnate dai colpi e l’ho visto cadere. Allora il cuore si è spento ed ho pensato che fosse finita lì. Ma mio figlio si è alzato, senza motivo, con un gesto da folli, si è alzato di nuovo per andare a morire un po’ più in là, solo più provato e stanco. Che senso aveva alzarsi? Non lo capivo allora… ma lo ha fatto, è andato avanti, altri passi faticosi, altre urla, altra indifferenza ed il mio cuore ha ricominciato a battere.. e questa scena assurda si è ripetuta. Un’altra volta. E poi ancora… e solo allora ho capito il senso del suo stare in piedi, del suo rialzarsi…e lì il dolore ha squarciato il velo della mia disperazione e da lì, da quello squarcio, è filtrata la speranza. Stare in piedi è il distintivo della speranza. Solo chi non dà alla speranza una possibilità si sente sconfitto, finito per sempre, non trova la forza di rimettersi in piedi.

Ma che grande e difficile gesto d’amore è questo: dare alla speranza un’opportunità. Come quel “si” detto in silenzio ad un messaggero anni prima, come la forza di chi combatte ancora, in una terra sempre meno fertile e sempre più vuota, per essere segno di un mondo nuovo che può rinascere ancora. Stare in piedi era la risposta. Lo è ancora! E così l’ho seguito fino in fondo alla sua strada, mio figlio, sempre in piedi, ed in piedi sotto la sua croce l’ho guardato andar via, con la morte nel cuore ma con una forza più grande della morte a tenermi in piedi. E l’ho aspettato e ritrovato, oltre la morte, ma sempre in piedi. Perché davanti al Signore risorto non è lecito stare se non in piedi. In piedi e con le mani elevate al cielo, non in segno di resa, ma di resistenza. La Pasqua è da sempre questo: stare in piedi, pronti al cammino, “con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano”, con il dolore dentro, è vero, ma la terra promessa negli occhi! In piedi per non avere mai paura di puntare in alto. In piedi per affrontare i deserti, perché la speranza che vi racconto non è l’illusione degli sciocchi, non è un vuoto ottimismo, “utile per non lasciarsi travolgere dalle tristezze della vita. Niente di più deleterio. La Speranza è parente stretta del realismo. È la tensione di chi, incamminatosi su una strada, ne ha già percorso un tratto e orienta i suoi passi, con amore e trepidazione, verso il traguardo non ancora raggiunto. È impegno robusto che non ha da spartire nulla con la fuga”. È fatta di pianti e di attese, di rivolte interiori e di abbandoni, di lotte senza violenza e di soste senza rassegnazione, di angosce per l’ingiustizia sopportata da tanti uomini e di certezze che il Signore, un giorno, tergerà ogni lacrima dai loro occhi.

Per questo la storia che racconto, la storia di quel figlio, di quel venerdì, è solo apparentemente diversa, perché la speranza che fa stare in piedi non è prerogativa di un Dio, ma dell’uomo, di ogni uomo. Perché nasce dal dolore e dalla solitudine e voi sapete bene quanto è umano questo, perché non è forza sovraumana ma sofferenza che diventa dono, che si trasfigura in amore, ad ogni caduta, ancora una volta, ancora.

Buona Pasqua allora, figli miei, per ogni giorno, per ogni dolore, pronti sempre a rialzarvi per riprendere il cammino, per lasciarvi condurre alla terra promessa dalla passione per la vita e per l’uomo, per ogni uomo. Passione nel cuore, nelle mani, negli occhi, anche quando sono solcati dalle lacrime.”

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