Natale: abbi cura di Me!

Messaggio natalizio

“Percorsi, strade e ripercorsi… come in una passeggiata nella memoria, mi trovo a percorrere i vicoli di questa città, strade consumate dalla fatica e dalla nostalgia, da immagini di ieri e vita di oggi…

È quasi Natale e non posso non ripensare alla gioia dei miei Natali, quando da piccolo, per le vie del mio paese, nelle case, nella mia scuola, respiravo il tepore di una vita fatta di semplicità ed accoglienza. Era un tempo umile: rivedo mio nonno raccogliere con il polpastrello dell’indice le briciole di pane sparse sulla tavola, odo ancora le sue parole: “Per queste ci vogliono tre chicchi di grano e non vanno perse”. In quel gesto, lo stato di grazia… Era il Natale.

Oggi, invece, mi guardo attorno, e in tanti angoli scorgo coperte, come tovaglie di un altare, che riparano dal freddo i corpi e le anime di tanta gente delusa, disperata, afflitta… ci provo anche io come i tanti volontari, ad avvicinarmi, a tendere la mano, a offrire un pasto e un posto caldo, ma la solitudine che guardo e respiro ad occhi chiusi è la stessa che mi attanaglia l’anima.

Torno a casa, nella mia stanza. C’è una luce accesa, solitaria, fioca, che illumina un’immagine: un crocifisso uguale a quello di S. Damiano. Nel silenzio, mi immergo in quella luce, prendo con avidità tutto il suo calore per donarlo in un unico fiato a fredde solitudini, a profondi dolori, a ricordi gelati da inverni mai vissuti e a profonde e inquietanti malinconie.

Forse la ricerca del Natale è scorgere la luce della mangiatoia, fioca anch’essa, ma capace di illuminare di fiducia e attesa gli spazi abitati e i secoli di vita. E mi chiedo come, oggi, quella flebile luce possa illuminare e trasfigurare i brandelli delle nostre vite, delle storie che incontro, i mille volti delle persone che ogni giorno rispecchio nel mio volto, le loro fatiche, la loro speranza…

Perché “La speranza ci viene incontro vestita di stracci, affinché noi le confezioniamo un abito da festa…” Così, nel racchiudere e conservare nel mio cuore quei volti, la luce fioca si fa più intensa e il calore che emana, accende in me la passione per la vita di ogni uomo, di ogni donna, di ogni bambino. Quella luce è il calore di un Dio che si coinvolge nella loro umanità, nella mia umanità, è il Dio con noi. Quella luce che ormai allontana il buio, rinnova la vita, la rigenera, la rinfranca, donandole un nuovo colore, così come la speranza che entra nelle case, nelle storie, nei giorni delle donne e degli uomini di questo nostro tempo. E una ad una, rivedo una stilla di quella luce riflessa nelle lacrime che hanno rigato i singoli volti… uno ad uno li riconosco e non posso, nel silenzio di questa stanza, non seguire le loro tracce e ripormi accanto alle loro vite.

Accanto a te, Francesco, che piangi perché un altro tra i tuoi amici non ce la fa ad uscire da quel mondo finto; a te che piangi per lui che con te si era sentito il padrone del mondo; a te che con lui avevi vissuto l’illusione di una realtà apparente; a te che piangi perché non hai saputo aiutarlo, ingannato dall’illusione. Accanto a te, prego perché il Dio che nasce, ti liberi dalle catene del fallimento, ti restituisca il coraggio, e tu possa credere che dinanzi a Lui, nessuno è perduto per sempre. In quelle tue lacrime c’è anche la mia fragilità, e non come un ostacolo, ma un riflesso di quella luce che chiamo speranza. Perché il bene possibile domani vale più del male di ieri e di oggi.

Buon Natale, perché gli stracci che vestono oggi la tua speranza possano mutarsi in abiti adatti all’impegno, al cammino, alla ricostruzione.

Accanto a te, Chiara, che vivi ogni giorno come se fosse uguale all’ altro, nell’umana prigione per cui per ogni cosa, hai sempre bisogno che ci sia qualcuno accanto a te; non hai mai detto mamma, né papà, non hai mai avuto la possibilità di chiamare alcuno con il proprio nome, eppure con il tuo sorriso contagi tutti. Il tuo papà, testimone di questo Natale, mi dice che tu sei il dono più bello che Dio ha fatto a questa sua vita. Insieme a te ripercorro la tua vita e, nell’arrendevole cammino, si manifestano le mie debolezze e i miei tanti limiti e prego. Prego che Dio, fedele compagno della tua vita, si chini fino a respirare il tuo respiro, fino a che le Sue lacrime bagnino le tue. I panni che ricoprono la sedia da cui non puoi alzarti sono gli stracci di cui la tua speranza è abbigliata, sono i paramenti sacri da profeta che parla con il suo sorriso e, nel silenzio, con le parole mute di quel Bambino nell’umile mangiatoia. Da te ho imparato che gli archivi di Dio sono pieni di lacrime, raccolte una ad una, e che quelle lacrime sono i Suoi tesori.

Buon Natale, perché la terra del tuo giorno non si illumini più della luce oscura della rabbia ma splenda del sole della speranza e il dolore, luogo della nostra impotenza, non diventi mai motivo di disperazione bensì abbandono fiducioso nelle mani di un Dio che nel Natale ci rivela il volto dell’amore.

Accanto a voi, Gennaro e Marta, che oggi vivete la trepidazione di una vita che sta per nascere, frutto del vostro amore; sento l’emozione di un’attesa che è gioia ma anche la trepidazione, memore del giorno del vostro “si”, il giorno di una promessa che si perpetua attraverso una nuova vita che sta per venire. Sono accanto a voi che vi sentite già coinvolti nel mistero dell’attesa, nel mistero del Natale, voi che siete il riflesso della celebrazione nuziale di Dio che prende in sposa l’umanità, e già nutrite di sogni e di amore la vostra creatura.

Buon Natale, che venga Gesù a vivere nel luogo del vostro amore, vi trovi pronti a renderlo vivo dinanzi a questo mondo, a incarnarsi ancora in tutte le nostre case, nelle nostre strade, nelle mura di questa nostra città. Dio viene come un Bambino, non ha paura, si affida alle nostre mani, Vive solo se qualcuno lo ama. Gli stracci della vostra speranza siano ancora il vostro “si” a difesa della vita, a protezione della vita, per amore della vita. Ogni vita! Perché chi viene alla luce, illumina.

Accanto a te, Rosaria, educatrice di comunità, che vivi ogni giorno nella fatica di chi è in cammino, contrariata dalle mille storture che incontri nella tua quotidianità, affannata da un bisogno di coerenza e di semplicità; accanto a te, educatrice nel lavoro, madre nella vita, mi pongo e chiedo al Dio Bambino che possa darti sempre la gioia dello stupore e lo spirito dei bambini pronti a credere; tu, madre, ad imitazione della tua piccola Cinzia. Gli stracci di cui la tua speranza è vestita sono gli abiti consumati nella fatica del credere ogni giorno nelle resurrezioni possibili dei nostri ragazzi, nella logorante scommessa sul futuro di chi crede che l’uomo non coincide con i suoi sbagli, che la sua vita non equivale ai suoi fallimenti, né con le sue fratture. Sono abiti rivestiti di dignità, sono gli ornamenti di una speranza condivisa, che è dar credito all’altro, in base non al suo passato, ma al suo futuro. È la logica della rinascita in Dio, non un tribunale che emana sentenze, né di assoluzione né di condanna, ma un grembo di madre dove si rinasce e si riparte con un cuore nuovo.

Buon Natale a te, perché sai bene che la speranza è un passo in più. Un metro in più. Andare un po’ oltre. È la bellezza del Figlio di Dio quando dice: d’ora in avanti và e non arrenderti, non tornare indietro.

Accanto a voi, fratelli e sorelle, raccolgo come mio nonno, briciole di dignità, di fatica, di speranza: per queste ci vogliono diversi chicchi di grano. Anche Betlemme vuol dire “terra del pane”: per arrivare ad essere pane c’è un lungo cammino da compiere, un lavoro duro in cui si eliminano cortecce, involucri e gusci protettivi finchè non appaia il buono nascosto in ogni cuore. Spiga dentro la paglia, chicco dentro la spiga, farina dentro il chicco. Al buono di ciascuno Dio arriverà!

E nell’accoglierlo dentro al nostro cuore come pane buono che nutre la vita, impareremo a scorgere la Sua luce e, in quella luce, la speranza. Una speranza che si fa ripartenza, coraggio, resistenza.

E mentre bacio e tocco quel Crocifisso e consegno ai suoi piedi la mia preghiera, edificata sulle speranze dei ragazzi e della gente che vivo, si fa strada dentro di me una voce: “Abbi cura di me!” Custodisci il volto di Dio in te.

Abbi cura di te.

Abbi cura di chi ti vive accanto.

Abbi cura di quella speranza vestita di stracci che affiora negli occhi del dimenticato, di chi è stanco, di chi non ce la fa, di chi è solo e ha bisogno di te.

Abbi cura di me… io ne (ho) avrò per te.

Custodisci e condividi la cura e vedrai rivelarsi dinanzi ai tuoi occhi il vero volto del Dio bambino.

Buon Natale!

 

† don Mimmo, Arcivescovo

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