Cari Viviana e Domenico,
amati giovani di questa terra martoriata ma feconda di bellezza, di questa Chiesa che vive nel desiderio di camminare insieme a ciascuno di voi… ritorno al giorno del mio ingresso, a quel 2 febbraio, nel quale abbiamo condiviso i primi passi, ripenso ai vostri occhi emozionati, al vostro sorriso luminoso che le mascherine non sono riuscite a nascondere. E mi sembra di sentire il vostro cuore battere forte, la vostra vita bussare alla mia vita. E mi ritrovo qui, seduto davanti al mio pc, a scrivervi queste poche righe all’inizio del Tempo di Quaresima che ci apprestiamo a vivere.
Vi penso e scrivo a voi e, attraverso di voi, a tutta la nostra comunità diocesana, con il forte desiderio di potervi incontrare nei luoghi della vostra quotidianità, quelli nei quali la vostra vita si rivela, quelli dove fate esplodere i desideri di bellezza e di pienezza che custodite nel cuore, quelli dove vivete la fatica delle domande da abitare, dei turbamenti da attraversare. Desidero potervi incontrare nella vostra vita più vera e abitare con voi l’inquietudine che vi portate dentro; desidero esservi accanto, passo dopo passo, respiro dopo respiro, nei tratti pianeggianti e in quelli più accidentati; e spero che voi me lo permettiate. Io ho bisogno di voi. Questa nostra Chiesa ha bisogno di voi, dei vostri sogni, ha bisogno di sognare insieme a voi. La vostra presenza è preziosa, è profezia di un cammino che ci attende ogni giorno, solo insieme!
E nel cammino insieme, siamo chiamati a vivere questa nuova Quaresima. Ogni Quaresima è un nuovo inizio. Penso alle quaresime che non hanno dato inizio a niente, o quasi niente, nella mia vita. E penso con gratitudine al fatto che ogni anno, la Chiesa mi riproponga la Quaresima. Come se io intuissi, in questo ripropormela, da un lato un atto di consapevolezza e dall’altro, un atto di fiducia. Consapevolezza della fragilità umana: io non mi converto al Vangelo in un anno, la mia conversione al Vangelo dura una vita intera. Fiducia: come se mi venisse detto che quest’anno posso fare ancora un passo, il mio piccolo passo. E colgo la bellezza e l’incanto di un Dio che continua a credere in me. Perché è questo il senso. Si, Viviana e Domenico, Dio crede in voi. Crede in noi. È soprattutto un tempo di grazia, per accogliere lo sguardo d’amore di Dio su di voi. Su di noi.
Per questo, la Quaresima si presenta come tempo di verità e di speranza: è possibile che tutto sia nuovo e diverso perché Dio continua a cercarci e ad amarci. E vuole incontrarci nei nostri deserti, nelle nostre paure, nelle nostre inquietudini. E ci esorta a ricominciare. Sempre.
Ma c’è un deserto da attraversare…
Quando sento parlare di deserto, non fisso un punto sulla carta geografica. Mi guardo attorno. Mi scruto dentro. Non penso a un luogo. Mi riferisco a una dimensione essenziale della vita… La Quaresima, con l’immagine del deserto, ha in sé il dono di richiamarci a una interpretazione precisa della vita: la vita come cammino, come attraversamento del deserto. Come a dire che è un’illusione vivere come se le scelte fossero fatte una volta per sempre. Occorre invece, aprire gli occhi e capire che tutta la vita è tempo di deserto e il deserto è il luogo della libertà, ma anche della tentazione; della fedeltà a Dio, ma anche delle nostre ribellioni; degli avanzamenti, ma anche dei nostri smarrimenti.
Anche la nostra città, questa nostra terra, ha i suoi deserti: il deserto della malinconia e della tristezza, il deserto della solitudine e dell’emarginazione, il deserto di tante domande e di poche risposte. Nel deserto, saranno le stelle a tracciare la rotta per non smarrirci. E magari, accettando la sfida di abitare questo spazio, scopriremo dentro di noi la nostalgia del Cielo, quella che ti fa venire voglia di essere autentico, di essere te stesso, di abbandonare mille immagini costruite, di essere semplice per stupire il mondo. La consapevolezza della propria fragilità è parte importante di ogni cammino di conversione. E la Quaresima può davvero diventare un momento di sincerità avendo il coraggio di guardare in faccia e accogliere i nostri limiti e chiamare per nome la nostra personale povertà, la nostra debolezza. Senza la consapevolezza che abbiamo bisogno di essere salvati, nessuno di noi si disporrebbe ad accogliere questa salvezza. Ecco perché la Quaresima inizia accendendo una luce sulla nostra povertà. Siamo abitati da mille domande: tutti portiamo dentro il desiderio di essere amati, tutti cerchiamo qualcosa che ci renda felici, ma non tutte le risposte sono giuste. Il peccato, spesso, è aver trovato risposte sbagliate a domande giuste. Allora, questo tempo diventa favorevole perché può salvare le domande giuste ed eliminare le risposte sbagliate.
Ma se la Quaresima ci invita ad entrare nel deserto, è perché in ogni deserto c’è un pozzo, in ogni amarezza c’è il germoglio di una risurrezione inaspettata. Occorre, però, abitare il deserto e attraversarlo. Si sporcheranno i nostri piedi, perché ci capiterà di dover attraversare zone impervie, dubbi laceranti, sfide disumane; ma all’uscita ci aspetterà l’acqua sui piedi del Giovedì Santo.
Ecco perché questo diventa il tempo per accogliere lo sguardo di un Dio che ci ama fino a dare se stesso per noi, il tempo nel quale riscoprirci figli attraverso quel dono totale.
Ognuno ha il suo personale deserto da attraversare, il suo percorso di riconciliazione, e al tempo stesso, il deserto lo attraversiamo insieme come Chiesa, sostenendoci e incoraggiandoci perché nessuno venga meno lungo il cammino. Perché comunità vera, si diventa nell’incontro autentico con l’altro, nei passi condivisi, nelle mani che aiutano a rialzarsi, nelle vite intrecciate tra loro.
Allora, accogliendo l’invito del profeta Gioele, laceriamoci il cuore…
Laceriamoci il cuore… apriamo il cuore, per permettere all’amore misericordioso del Padre che ci ama e ci guarisce, di entrare. Per sperimentare nella preghiera silenziosa, la dolcezza della sua tenerezza di Padre.
Laceriamoci il cuore… facciamo spazio, oltre un digiuno formale che continua a mantenerci soddisfatti, facciamo spazio per sentire l’eco di tante vite lacerate, perché l’indifferenza non ci lasci inerti.
Laceriamoci il cuore… tendiamo le mani, per dividere il nostro pane e condividere il pane e la vita con i più bisognosi. Per entrare nella dinamica dell’amore gratuito di Dio.
La Quaresima, cari Viviana e Domenico, è il tempo per dire no. No all’indifferenza, no al pensiero che la vita dell’altro non ci riguarda; no ad ogni tentativo di banalizzare la vita. No alla rassegnazione, no ad ogni paura. No all’apparenza! Ma anche no ad una preghiera che ci tranquillizza la coscienza, ad una elemosina che ci lascia soddisfatti e offende chi la riceve, ad un digiuno che ci faccia sentire a posto. Perché digiunare è amare. Perché non si può arrivare a Dio scansando le piaghe di Cristo presenti nelle piaghe dei suoi fratelli. Faccio mie le parole di don Tonino Bello: “Voi piuttosto fatene un altro: un digiuno che sia profezia. Astenetevi non tanto da un pasto, ma dall’ingordigia, dal sopruso, dalla smania di accaparrarsi, dalle collusioni disoneste con certe forme di potere. Più che privarvi di un piatto, privatevi del lusso, dello spreco, del superfluo: ci vuole più coraggio. Più che non toccare un pane, dividete il pane: il pane delle situazioni penose dei disoccupati, degli sfruttati, dei disperati che ci stanno attorno”.
Viviana, Domenico, abbiate il coraggio di credere come ha creduto Gesù, di sperare e amare come ha fatto lui. La vita ci sorprende. C’è sempre una mano tesa a dare, a rialzare, a incoraggiare. I più poveri ce lo insegnano e ci muovono a pensare che nel nostro cuore c’è, forse nascosto in un angolo, il desiderio di un’attesa condivisa, di un cambiamento. Incontrarsi in questo desiderio è un vero prodigio. Incontro di sguardi, incontro di mani, piedi che si fermano per condividere il passo e ripartire insieme.
Camminare insieme diventa opportunità per dare respiro a chi ha la coscienza ripiegata su se stessa. La gratuità, l’amicizia, la lealtà, l’onestà, hanno gambe e arrivano lontano, hanno la forza per ricordarci il vero senso del nostro essere qui sulla terra.
Cari Viviana e Domenico, vivete pienamente ogni attimo di questo Tempo che vi è dato in dono, che ci è dato in dono. Vivete da appassionati, da innamorati: di Dio, della vita, della giustizia, della pace, dell’amore. Sapendo che il patire è la conseguenza dell’essere appassionati. Ma è qui, che rinasce la speranza. Sia questo il senso della nostra Quaresima: tempo per verificare le nostre scelte, quelle personali, quelle ecclesiali, per chiedere a noi stessi se, per caso, a guidarci non sia più la via delle cose, del potere, dell’immagine che quella regale di Cristo, quella dell’amore, della povertà, del servizio.
C’è una distanza da sanare: la ferita della nostra distanza dal Vangelo, la distanza da Gesù. Non potremo colmarla, ma incamminarci, sì. Fissiamo lo sguardo su Gesù. Ripercorriamo i suoi passi, per imparare da Lui a vivere da risorti. Risorgendo. È Lui che dona luce e senso a tutto quello che viviamo. È Lui il senso del nostro credere, sperare, amare.
Non cedete a nessuna delusione ma, come Lui, abbiate cura dei dettagli. Continuate a scorgere nell’orizzonte quel frammento che cambia la vostra storia. Gesù ha sempre avuto una particolare preferenza per i dettagli. Egli non guarda alla perfezione della vita, ma a quel dettaglio unico e prezioso che rende vera la nostra storia, diversi i nostri volti, profondi i nostri sguardi.
Quest’attenzione rende nuova la speranza. Non manchi mai a nessuno di voi, a nessuno di noi, la speranza. Sperate contro ogni speranza. La speranza sia la ragione, il dettaglio delle vostre vite, siate voi avvolti dalla speranza. Quella speranza che ci dà la certezza che ognuno di noi è custodito nel cuore di Dio.
Siate presenti al vostro presente. E amate la Chiesa, questa nostra Chiesa; abitatela, non come collaboratori ma come corresponsabili, alla sequela, tutti, del Cristo. Amate la vita nella sua interezza, con le luci e con le ombre, con i ritmi con cui accade. Provate ad incantarvi per le piccole cose. Ma è poi vero che sono piccole? Provate ad incantarvi per le cose di ogni giorno. Aprite la finestra. Ogni giorno, lì dove la vita vi chiama.
La resurrezione è un tempo lento. Dobbiamo cominciare a perdere tempo, non perché non sappiamo cosa fare, ma per raccogliere i dettagli della vita. Cominciate voi, Viviana e Domenico, lo farò anche io con voi… Forse sarà solo un passo… magari solo un piccolo passo… ma importante per la nostra vita, per le nostre comunità, per la nostra Chiesa!
Buon cammino!
† don Mimmo